frank recensione

Frank, di Lenny Abrahamson

Chi è Frank? Uno straordinario talento musicale capace di sprigionare una melodia da tutto ciò su cui si posa il suo sguardo, o un pazzo, incapace di accettare la propria immagine che indossa un’enorme testa di cartapesta anche sotto la doccia? Questo essere misterioso sembra essere stato catapultato sulla terra con l’unica missione di guidare il suo gruppo dal nome impronunciabile, i Soronprfbs, e di cementare l’alchimia che li unisce sul palcoscenico solo in sua presenza, solo grazie all’amore che lega Frank a ognuno di loro, con o senza il suo testone addosso. La reazione del pubblico alle loro esibizioni, che sia di sconcerto, di curiosità o di disinteresse, non tocca minimamente quel volto inespressivo né il viso che ne porta il peso, perché tutto ciò che interessa a Frank è la musica, l’emozione che è in grado di scatenare e l’infinita gioia della creazione, che alleggerisce la sua mente oppressa e la porta lontano dal mondo.
Il lentiginoso Jon come lui compone musica per fuggire dalla sua minuscola città, per cambiare vita e trovare la fama che merita, ma il suo talento è troppo debole per sfondare, fino a che un giorno all’improvviso si imbatte in Frank, che domina il palcoscenico con la sua forma surreale. Frank gioca con la voce con una naturalezza invidiabile e Jon, rapito dalla sua musica, non può resistere al richiamo di un’avventura selvaggia gomito a gomito con questo talento naturale, nella speranza di trovare la sua strada solcando la sua e di cambiare la storia della band.

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Frank è una fonte di ispirazione insostituibile nella vita artistica e in quella personale di ogni membro del gruppo, sempre misurato nei giudizi e disponibile ad ascoltare le idee degli altri per fonderle con le sue, senza preconcetti o ambizioni prevaricatrici, per il solo piacere di creare qualcosa insieme. La sua testa posticcia è l’essenza della sua arte e l’unica cosa in grado di metterlo in armonia con il mondo, per questo non la toglie mai. Non ci sono fotografie che lo ritraggono, nessuno sa che aspetto abbia e non c’è neanche nessuna prova che abbia mai avuto fattezza umane. Chi lo conosce deve soffocare la curiosità e amarlo così come appare, un enorme viso inespressivo  in cartapesta su un corpo umano, perché se perdesse la sua maschera svanirebbe anche il potere ipnotico che porta con sé.
Allo stesso modo l’unico modo per amare questo film è innamorarsi perdutamente di Frank, seguirlo nelle sua folle avventura musicale senza chiedersi mai chi si nasconde davvero dietro la maschera e senza la pretesa di scoprire il segreto del suo talento. Perché la musica è il suo volto ed è attraverso la musica che esprime a pieno il suo potenziale. E la musica è il codice per decifrare questa storia surreale, in cui il disagio sociale e psicologico di tutti i personaggi non sorpassa mai il valore della musica che sono in grado di tirare fuori da un filo d’erba che oscilla al vento, e l’unicità di un gruppo che si nutre della sua stessa arte, lontano da un pubblico incapace di comprendere il valore reale della sua musica, e smanioso soltanto di guardare cosa accade dietro le quinte della vita del fenomeno da baraccone del momento.