Nameless

Nameless – Senzanome, di Grant Morrison, Chris Burnham e Nathan Fairbairn

“L’essere che chiamiamo dio è un prigioniero di guerra di un altro universo?”

L’umanità è nata sotto una cattiva stella. Tra una strage familiare e un conflitto nucleare, la violenza sul nostro pianeta non fa altro che crescere di giorno in giorno, impregnando il dna dell’Uomo. Che ruolo ha Dio in questo scenario misero, qual è l’influenza che Egli esercita sulle nostre vite?
Nameless, ultima fatica di Grant Morrison, è il racconto in chiave fantascientifica della genesi dell’Uomo, un complesso e psichedelico viaggio (nel senso più stupefacente del termine) nella sua natura e nelle sue origini. Pubblicato dall’autore americano nel 2016 e distribuito in Italia dall’editore Saldapress, “Nameless” è una miniserie in sei volumi da leggere – possibilmente – tutta d’un fiato, per poi essere ripresa – ancora e ancora – e sezionata in dettagli, passaggi, citazioni.

Se da un lato, infatti, la storia si sviluppa su un piano narrativo d’azione e orrore, dall’altro il racconto è zeppo di simbologie e rimandi, frutto di una profonda e appassionata conoscenza delle religioni monoteiste e dell’apparato mistico che nei secoli si è sviluppato attorno ad esse. Quanto di più lontano ci sia dal politically correct nel fumetto contemporaneo, Morrison imbastisce una festa blasfema, violenta e complessa, scegliendo un protagonista brutto, sporco e cattivo dal linguaggio alquanto diretto.

“Nameless” si riferisce, appunto al personaggio principale, il “senza nome” le cui vicende aprono e chiudono il racconto. Siamo in un punto indefinito del contemporaneo, quando l’asteroide 626000 Xibalba entra in rotta di collisione con la Terra, proiettando su di essa il suo influsso malefico. Un gruppo di astronauti parte in missione verso questo asteroide per scoprirne i segreti e studiarne la natura e impedire, così, la tragica collisione. Al team si aggiunge presto anche il nostro “senza nome”, una specie di detective mistico, esperto di magia nera, Cabala e amuleti. Con la bella immagine – scelta, non a caso, per la copertina italiana – della squadra di astronauti con le tute segnate da simboli apotropaici, Morrison e il disegnatore Chris Burnham sintetizzano le due ispirazioni convergenti alla base della storia: l’estremamente antico e l’estremamente lontano.

Ogni elemento, ogni nome apre le porte a nuove stanze intepretative, rendendo la lettura del fumetto un’esperienza di ricerca e di studio in chiave pop di un patrimonio secolare. Certamente la vena creativa di Morrison rende il tutto personale e stilisticamente ben definito, esaltando – ancora una volta – la celeberrima firma del fumetto inglese. “Nameless” è un fumetto che solo un autore arrivato a un tale livello di fama e riconoscimento si può permettere, un prodotto che può essere apprezzato pienamente da un pubblico già fortemente legato al suo creatore. La pazienza e la concentrazione richiesta dalla lettura – che salta freneticamente da un piano all’altro, da una dimensione onirica a una realistica, per poi tornare vorticosamente nel linguaggio del sogno e del racconto – lo rendono un fumetto barocco, dove l’occhio si perde facilmente nell’opulenza e nell’ambizione. Esattamente come con il barocco, “Nameless” si può amare o odiare, ma non gli si può certo negare la solida struttura tecnica, premessa necessaria per voli pindarici così arditi.