Ricordi perduti riemergono da un cassetto ormai dimenticato della nostra mente. Prima smarrimento, poi un’improvvisa gioia nell’aver ritrovato qualcosa di prezioso. Tutto questo ovviamente è amplificato se si è un pesce chirurgo della Grande Barriera Corallina che soffre di perdita di memoria a breve termine.
Da qui inizia l’avventura narrata in Alla ricerca di Dory, sequel e spin-off del bel Alla ricerca di Nemo, diretto da Andrew Stanton, prodotto dalla Pixar e distribuito dalla Walt Disney Pictures, uscito nelle sale italiane il 15 settembre 2016. In questo secondo film ritroviamo gli amati personaggi della storia precedente, Marlin, Nemo e, ovviamente, Dory. Ora sarà lei la protagonista, ma anche quella da ritrovare.
Improvvisamente la smemorata pesciolina ricorda di avere non solo una famiglia che ha perso da piccola, ma esattamente anche da dove proviene. Non può far altro che partire. Ad aiutarla nella ricerca saranno Marlin e Nemo, che potranno così ricompensare l’aiuto prezioso fornito da Dory nel capitolo precedente. Il gruppo, arrivato vicino alla meta, però, si ritroverà separato. Dory sarà sola ma la caparbietà non le verrà meno, e il desiderio di ricongiungersi ai propri genitori sarà la bussola che la guiderà attraverso varie vicissitudini. Una “Pollicino” acquatica, che invece di ritrovare la strada di casa grazie alle briciole di pane, dovrà seguire le conchiglie, come appreso da un ricordo riaffiorato. Ad aiutarla ci saranno amici nuovi o ritrovati, come lo scontroso polpo Hank, la miope squalo balena Destiny e l’insicuro beluga Bailey.
Contemporaneamente Marlin e Nemo saranno alla ricerca della loro amica. Il rapporto padre-figlio ne uscirà rafforzato perché solo insieme riusciranno a superare gli ostacoli. L’aiuto più importante che avranno sarà, però, una domanda “Che farebbe Dory?”. Mentre nel primo film il contributo dato dalla pesciolina era sì fondamentale ma era Marlin a dover superare i propri limiti e convinzioni per ritrovare il figlio, ora sarà Dory, con la sua impulsività, il filo di Arianna che aiuterà tutti i protagonisti a raggiungere i propri obiettivi nel dedalo della vita.
Seguire il proprio istinto, le proprie passioni e idee è l’onda lunga su cui scivola questo secondo capitolo. Bisogna sbloccarsi, buttarsi nell’avventura per raggiungere ciò che si vuole. Dory fa così. Non potendo ricordare nemmeno le proprie paure e insicurezze, lei può affidarsi solo al proprio istinto, alla propria indole soccorritrice, al primo pensiero che le viene in mente. L’eterna indecisione di Marlin è sconfitta rispondendo semplicemente alla domanda “Che farebbe Dory?”, che diventerà “Che farebbe Marlin?”, “Che faremmo noi?”.
Il superare i propri limiti e credere nei propri mezzi sono quindi i collegamenti tra i due capitoli della saga ambientata nell’Oceano Pacifico. Alla ricerca di Dory conferma il messaggio del film precedente, con sfondo una storia scritta con passione e positività accompagnata da stupefacenti effetti speciali. Avere difficoltà sia a livello fisico ma anche emotivo dovrà diventare il punto di forza e di partenza nell’affrontare i problemi che la vita ci pone. Avere una pinna atrofica, una forte miopia, delle fobie per l’esterno e gli altri, essere insicuri, saranno dei mezzi fondamentali nel migliorare se stessi. Soffrire di perdita di memoria a breve termine non ti limita nell’affrontare stupende avventure. Il primo ostacolo per nuotare liberi, siamo noi stessi.