In amore è in guerra tutto è lecito, persino fingere di essere chi non si è. E gli agenti segreti Max Vatan (Brad Pitt) e Marianne Beauséjour (Marion Cotillard) sono i migliori nell’arte della mistificazione. Maestri nel creare a tavolino false identità, e di renderle credibili in tutto e per tutto, dal vestiario alla lingua, dagli atteggiamenti ai sentimenti, sono stati inviati a Casablanca nel cuore della Seconda Guerra Mondiale, per eliminare l’ambasciatore tedesco. Una missione delicatissima, in cui basta solo un passo falso per far saltare la copertura di entrambi e farli condannare immediatamente a morte.
Max Vatan è un pilota canadese, addestrato dal SOE britannico ad essere intrepido, freddamente concentrato e silenziosamente fatale. Lui sa esattamente quanto mostrare di sé e cosa omettere, può lasciarsi alle spalle la sua nazionalità in qualsiasi momento e assumere qualsiasi identità. La sua missione a Casablanca inizia con l’incontro con Marianne Beauséjour, l’affascinante combattente della rivoluzione francese, che dovrà fingere di essere sua moglie al cospetto di tutta la città. Marianne è una professionista come lui, intelligente, brava con le armi, ma anche bella oltre ogni immaginazione e, pur sapendo che nel loro lavoro è severamente vietato lasciarsi coinvolgere, Max cede alle avances della donna e si lascia andare alla passione. Ma la linea tra verità e finzione è sottile per due come loro, abituati a vestire costantemente panni che non gli appartengono e a mentire anche alle persone più care, e ben presto questa relazione fuori dal comune diventa la missione più pericolosa alla quale siano mai sopravvissuti.
In bilico tra il thriller di spionaggio e il dramma romantico, Allied di Robert Zemeckis è un’opera ambiziosa, che intreccia gli stili per creare un racconto epico, più vicino a un affresco cinematografico dell’età dell’oro di Hollywood che a una narrazione moderna. Plasmata su una sceneggiatura impeccabile, la pellicola è visivamente spettacolare, e fa di ogni inquadratura un dipinto perfettamente bilanciato cromaticamente, scivolando con eleganza dal lusso sfrenato di una Casablanca torrida, alla compostezza di una Londra afflitta dai bombardamenti tedeschi.
Tuttavia la forma molto spesso non è sufficiente a dare corpo alla sostanza, e la poesia dell’immagine può non coincidere con quella delle emozioni che il film dovrebbe trasmettere. E questo è proprio il caso di Allied, un’opera inattaccabile dal punto di vista formale, ma allo stesso tempo algida, statica nella sua bellezza ma inaccessibile, un po’ come i due protagonisti, che si dibattono in una storia d’amore impossibile, per la quale potrebbero perdere la vita stessa, ma riescono a non perdere mai la loro compostezza.