“Crederete che un uomo può volare”. Così nel 1978 esordiva e spopolava nelle sale il primo Superman cinematografico. Oggi, in un contesto del tutto differente, dove la Marvel con i suoi Studios ha messo a punto passo dopo passo uno standard ed un consolidato sistema di successo per i propri film, la sfida per riportare in auge sul grande schermo il primo dei supereroi doveva necessariamente essere diversa.
Così Snyder e la Dc Comics con Batman v Superman: Dawn of Justice optano per un approccio più dark ed, almeno nelle intenzioni, più autoriale. Lasciano da parte la costruzione del mito, già ampiamente ostentata in passato, e puntano come ispirazione al cosiddetto revisionismo dei comics anni ’80, calando l’azzurrone in un contesto realistico e direttamente collegato alle conseguenze della presenza di un alieno potente che vola sopra nostre teste.
Ecco quindi che in questo ideale sequel del Man of Steel del 2003 entra con prepotenza la figura di Batman, il più umano tra tutte le creazioni della Dc Comics, un perfetto punto di vista terreno capace di rubare la scena a Superman e di proporsi come suo rivale. Le motivazioni di questa scelta a livello di trama sono facili da individuare: l’uomo d’acciaio nella battaglia finale del capitolo precedente ha distrutto Metropolis durante il combattimento contro il generale Zod ed ora il mondo si è diviso in due, c’è chi lo reputa un salvatore e chi ne ha timore.
Il nuovo Batman interpretato da Ben Affleck fa parte della seconda categoria ed è un personaggio completamente nuovo rispetto a quello della precedente trilogia firmata da Cristopher Nolan, avanti con gli anni, rancoroso e dai metodi drastici. Da notare anche la scelta di far avvenire l’uccisione dei genitori di Bruce Wayne fuori da un cinema che proietta Excalibur invece che il canonico Zorro, quasi una subliminale dichiarazione di intenti per smarcare il personaggio dalle precedenti versioni.
Ma quello tra Batman e Superman chiaramente non è (e non può) essere uno scontro basato prettamente sulla forza ed è ben lontano dal classico match “pugilistico” di casa Marvel tra Hulk e La Cosa, perché qui il campo di battaglia non è fisico ma concettuale. Batman e Superman sono due figure agli antipodi, simboli di due approcci all’eroismo diametralmente opposti: ombra contro luce, intelletto e determinazione contro potenza e cuore, l’uomo che diventa super contro il super che diventa uomo, e così via.
E’ un peccato quindi vedere un concept tanto interessante cadere sotto una sceneggiatura che invalida gran parte delle sue potenzialità, discontinua nel ritmo e forzata nelle motivazioni, che non riesce a spiegare un conflitto che potenzialmente si scriveva da sè. Prima di tutto cade su una rappresentazione troppo asciutta dei propri protagonisti. Con un lavoro di semplificazione eccessivo le due icone Dc diventano infatti semplici simulacri per cui è difficile “tifare”. Superman viene mostrato in una serie di smaccate immagini messianiche, splendide da vedere a rallenty, fotografie spettacolari da appendere in salotto come quadro, ma che rimangono appunto semplici e slegati flash. Batman d’altro canto è vittima di una rabbia cieca e priva di filtri che sembra dettata più da sogni premonitori a tinte horror che da riflessioni. Ed è così che diventa una macchina da distruzione peggiore del Superman che tanto biasima.
La scena si svolge tra Gotham e Metropolis, due città che per questo film diventano dirimpettaie, ma che mai riescono a distinguersi l’una dall’altra, fuse in un unico ed anonimo tono di grigio, eliminando così la più classica e significativa delle contrapposizioni tra i due protagonisti: quella del background da cui provengono.
La sceneggiatura di Goyer non riesce a mai a decollare e si trascina avanti in maniera lenta e poco coesa. Stesso difetto già evidenziato nei precedenti film del Cavaliere Oscuro a cui aveva lavorato, ma là dove i Nolan riuscivano a dare una amalgama di coerenza narrativa con il loro stile, Dawn of Justice prosegue spezzato in sequenze dove non è mai chiaro quale sia la parte centrale o quella finale.
Questo difetto viene amplificato anche dalle esigenze commerciali di rincorrere l’universo cinematografico della concorrenza, e quindi di dover inserire tasselli che faranno da punti di partenza per i film DC che idealmente seguiranno.
Abbiamo così un film che nasce dalle ceneri del primo. Chiuso il capitolo Batman v Superman, e lasciata da parte ogni velleità allegorica dell’uomo che sfida il divino, entra in scena quello della Trinity (Bats, Supes e Wonder Woman) contro Doomsday: una lunga scazzottata molto vicina all’estetica dei recenti videogiochi Injustice: God Among Us e degli Arkham di casa Rocksteady. Puro disaster action in computer grafica .
Ne escono convincenti solo le figure di contorno. La Wonder Woman interpretata da Gal Gadot, che nel suo ruolo da figura esterna delle fazioni, pur facendo poco durante la pellicola, si dimostra credibile nella presenza scenica, sostenuta tra l’altro da un energico tema musicale; ed il Lex Luthor folle e sopra le righe di Eisenberg, a patto però che si accetti di vedere il più macchiavellico villain dell’universo Dc trasformato in un Joker versione Yuppie rampante.