Chicago è il battaglia più cruento della terra, chi osa entrarci non ne esce vivo. Negli ultimi quindici anni sono caduti sotto i colpi delle armi da fuoco più americani qui che in Iraq e in Afghanistan, ma i media hanno accuratamente cancellato le tracce di questa carneficina. Qui dove comprare un’arma è più facile che respirare, la gente vive nel terrore di perdere la vita tra i fuochi incrociati delle gang rivali, e i rapper sono gli unici a urlare a gran voce i crimini di questa folle Chi-Raq, giusta fusione tra Chicago e Iraq. Spike Lee denuncia la violenza del suo paese con i colori più sgargianti della sua tavolozza, alzando a tutto volume la musica hip-hop, che racchiude l’anima afroamericana di questa città insanguinata, ma che qui inneggia alla pace assecondando il ritmo delle rime della Lisistrata di Aristofane.
Cambiano i tempi, i costumi e la lingua, ma non la guerra, che in ogni epoca uccide brutalmente l’amore, lasciando schiere di vedove dal cuore infranto, impotenti al cospetto delle ragioni degli uomini. Aristofane cantava le ingiustizie della Guerra del Peloponneso e l’insofferenza delle donne delle poleis greghe rispetto a questo inutile spargimento di sangue, che le portava ad uno sciopero del sesso forzato in nome della pace. Spike Lee canta la guerra metropolitana che si consuma nei sobborghi di Chicago, provocando uguali dolori negli scontri quotidiani tra gli Spartani, capeggiati dal repper Chi-Raq, e i Troiani, agli ordini di Cyclops, che schierati gli uni contro gli altri per il traffico di droga insozzano le strade con il sangue degli innocenti. Come ad Atene anche qui le donne sono stanche di pulire dalle strade il sangue dei loro figli e decidono di coalizzarsi contro i loro uomini sotto la guida della bellissima Lysistrata, la donna di Chi-Raq, che propone loro di utilizzare l’arma più potente in loro possesso per condizionare la volontà dei loro uomini e convincerli a deporre le armi: “No Peace No Pussy”.
Chi-Raq è un film esplosivo, arrabbiato, talmente saturato di parole, colori e musica da lasciare disorientati, ma è proprio con le sue scelte estreme che Spike Lee riesce a colpire nel segno. Il suo accostamento della commedia di Aristofane con la questione politica americana è folle, ma allo stesso tempo geniale, e sorprendentemente anche i dialoghi interamente recitati in rima a ritmo di hip-hop non solo funzionano alla perfezione, ma riescono a trasmettere con naturalezza la rabbia dei personaggi attraverso la musica che gli scorre nelle vene.
Aristofane vive nei sobborghi di Chicago, nell’anima guerriera delle donne e dell’aedo Samuel L. Jackson, che commenta le vicende senza mai prenderne parte come un moderno deus ex machina, e la sua satira politica si cuce alla perfezione su un’America ridotta a brandelli dagli interessi economici dei potenti. Spike Lee è violentemente critico sull’attualità, ma per manifestare il suo disappunto verso lo status quo usa un’arma non violenta, ma incredibilmente efficace: la musica, il cinema, l’arte in tutte le sue forme, che colpisce la coscienza e fa sanguinare il cuore. Chi-Raq racchiude nelle sue forme policrome tutta la rabbia di un mondo stanco di combattere, che agogna la pace ed è disposto a tutto per ottenerla, ma ciò che lo rende memorabile è la forma brillante in cui sceglie di declinare il dramma, così brillante che acceca.