Berlinale 66 – Maggie’s Plan, di Rebecca Miller

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Maggie con il suo sguardo perso nei suoi libri e le calze di lana gialle, arrotolate fino senza cura fino al cappotto carta da zucchero, ha un’aria dolcemente naive e incredibilmente innocente. Ma l’apparenza goffa nasconde una maniaca del controllo, che sa perfettamente cosa vuole in questo momento della sua vita ed è disposta a tutto per ottenerlo. Maggie (Greta Gerwig) sente l’urgenza di diventare madre nonostante la sua incapacità di far durare una relazione per più di sei mesi. Tutto ciò che le serve è un donatore, disposto a darle il suo seme senza implicazioni sentimentali. Guy, il suo amico appassionato di matematica che ha fatto fortuna nell’industria dei cetrioli, è il candidato ideale. Ma il fascino della vita è proprio nelle sorprese che riserva dietro l’angolo, nella facilità con cui sfugge al controllo degli uomini. Così il piano perfetto di Maggie si infrange nell’incontro con John (Ethan Hawke), un affascinante professore di antropologia sposato con due figli, che studia da anni le dinamiche familiari ma non è in grado di gestire la propria. John è rapito da Maggie e lascia su due piedi la moglie Georgette (Jullianne Moore) per creare una famiglia con lei.

Tutto è perfetto, persino più bello di ciò che Maggie aveva immaginato per sé stessa, o almeno lo è fino a quando la coppia non inizia a scricchiolare. A questo Maggie inventa un nuovo piano di vita per uscire incolume e senza sensi di colpa dalla relazione con John: lo farà tornare insieme alla moglie Georgette e tutti avranno il lieto fine che meritano. Ma se la casualità della vita si mettesse di nuovo di mezzo per rovinare ogni cosa?

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Divertente, brillante e ben scritto, Maggie’s Plan è una delle commedie più belle degli ultimi anni. Perfettamente bilanciata tra ironia e tenerezza, descrive la complessità dei rapporti umani in una società liquida, in cui è impossibile fare piani per il futuro e i sentimenti prendono costantemente il sopravvento sulle buone intenzioni. Maggie, Georgette e Ethan non sono solo un singolare triangolo amoroso, ma anche il ritratto della famiglia moderna, che ignora le tradizioni conservatrici in favore del benessere personale e dell’armonia del focolare domestico. Rebecca Miller ha interpretato la famiglia del nuovo millennio con intelligenza, senza giudicare le scelte dei protagonisti egoiste o profondamente innovative, ma si è messa nei loro panni e ha cercato di comprenderli nella maniera più empatica possibile. Il punto di vista femminile è predominante e si percepisce in ogni fotogramma, dalla scelta dei costumi a quella delle parole, da cui emergono le differenze tra le due donne che si contendono John e allo stesso tempo i tratti comuni nella manifestazione dei sentimenti. Tutto fluisce armoniosamente, con la delicatezza di cui solo una donna è capace, e funziona incredibilmente bene.

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