Berlinale 66 – Saint Amour, di Gustave Kervern e Benoît Delépine

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Tre uomini, tre solitudini in cerca d’amore attraversano in lungo e in largo la Francia per degustare i vini più buoni che ha da offrire, la bellezza delle donne e la gioia di vivere. I sensi si risvegliano, il cuore si apre a nuove emozioni e quello che era un tour enologico si trasforma nel viaggio della vita.

I protagonisti di questa bizzarra avventura sono Jean (Gerard Depardieu), che con il suo possente Nabuchodonosor sogna di vincere la gara per il toro più bello alla fiera dell’agricoltura di Parigi, e suo figlio Bruno (Benoît Poelvoorde) che invece è stanco di fare l’allevatore e vuole abbandonare l’impresa di famiglia al più presto. La prima tappa del loro viaggio è la fiera di Prigi, dove incontrano l’autista di taxi Mike (Vincent Lacoste), anche lui in cerca di una svolta nella vita, e lo coinvolgono nel loro tour the road attraverso le vigne francesi. In una miriade di situazioni paradossali, che li mettono alla prova emotivamente e psicologicamente, i tre uomini passano attraverso fasi diverse, in cui perdono la loro identità per poi ritrovarla nell’amore tra padre e figlio e verso le donne che li mettono al mondo per la prima volta.

Saint Amour è una commedia spassosa, intessuta nei rapporti profondi tra i personaggi, in cui si ride di gusto ma si riflette anche sulla vita, sulle occasioni perse per cambiarla e sul coraggio di mettersi in viaggio verso l’ignoto. E se a qualcuno dovesse venire in mente Sideways – In viaggio con Jack di Alexander Payne e il tour vinicolo di Paul Giamatti attraverso la California, sarebbe fuori strada, perché il film di Gustave Kervern e Benoît Delépine ha un sapore completamente diverso, quello della commedia che non cerca la comicità ad ogni costo, ma trae ispirazione dall’assurdità della realtà. Saint Amour è un film onesto, forgiato nella terra come i suoi protagonisti e appassionato, ed è proprio questo che lo rende unico.

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