Per due bambine cresciute passando ogni anno le vacanze estive insieme, rivedersi a distanza di qualche anno può assumere un significato davvero speciale. E così, ormai prossime all’adolescenza, Rose e Windy si ritrovano coinvolte in un’avventura che le vede ancora una volta insieme e che darà al loro legame una nuova prospettiva.
Quante pagine ci vogliono per raccontare un estate? Le cugine Tamaki per questo libro se ne prendono ben più di trecento, ma non per quella che in superficie può sembrare una storia di amicizia o di cotte adolescenziali. E La chiamano Estate è piuttosto una delicata rappresentazione di un momento chiave della crescita, quello in cui la leggerezza dell’infanzia viene meno ed i pensieri della vita adulta, nostri e delle persone che ci gravitano attorno, finiscono inevitabilmente per piombarci addosso e cambiarci. Inutile tentare di conservare l’odore di vacanza nei propri polmoni. Non si può trattenerlo per sempre. Non funziona. Rose, ragazzina in villeggiatura con i propri genitori presso l’abitudinaria meta di Awago Beach, ci aveva già provato ma non aveva capito la lezione.
E La chiamano Estate è più un sentimento che un racconto, sbiadito ed agrodolce, come la palette di colori della copertina suggerisce abilmente alla prima occhiata. Piccoli drammi familiari tenuti nascosti sotto il tappeto, nuovi incontri e scoperte vissute insieme all’amica del cuore Windy romperanno l’abitudinarietà e l’idillio del concetto di estate. Ma di fatti ne accadono in realtà ben pochi e la narrazione procede in un susseguirsi di scambi di battute semplici ed oziose, nel pieno rispetto di quello che è il vocabolario di una quasi adolescente e della lentezza delle sue giornate. La confusione della protagonista però è palpabile mentre le tavole scorrono veloci e si gustano comodamente in un unica lettura. L’angoscia è vivida e coinvolgente, di quelle che colpiscono sottopelle.
M.N.