Daddy’s Home, di Sean Anders

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Brad (Will Ferrell) è un patrigno perfetto, sempre attento alle necessità dei suoi bambini e onnipresente nelle attività scolastiche, che alterna magistralmente con il suo lavoro in una buffa radio locale di smooth jazz. Anche con la bellissima Sarah va tutto alla perfezione, lei lo ama da impazzire e anche i suoi figli stanno imparando ad amarlo, anche se non è il loro padre biologico. Sembra che nulla possa turbare il loro incantevole quadretto familiare fino a che, all’improvviso non si presenta alla loro porta Dusty (Mark Wahlberg), il padre biologico dei bambini, nonché il primo grande amore di Sarah. Se Jesse James e Mick Jagger avessero avuto un figlio sarebbe stato lui, Dusty, l’uomo col chiodo che fa impallidire i mariti di tutto il mondo. A differenza di Brad, più  morbido e goffo, lui è un tipo sicuro di sé e, nonostante il suo aspetto da duro, riesce a conquistare chiunque lo conosca a prima vista, a partire dai suoi bambini, che immediatamente restano rapiti da questo personaggio così incredibilmente avventuroso e anticonformista.

La guerra con Brad è aperta e i due pretendenti al ruolo di re della casa si sfidano con ogni arma a loro disposizione, senza esclusione di colpi bassi. Dusty è vincente in tutto ciò che fa, stupisce i bambini con effetti speciali di cui solo lui è capace, e non perde occasione di sfoggiare il suo fisico da marine davanti alla moglie, facendo patire a Brad le pene dell’inferno. Mentre a lui non resta che puntare tutto sulla costanza nelle attività quotidiane che un buon padre deve svolgere, come accompagnare i bambini a scuola in orario e non dimenticare mai il bacio della buonanotte. Chi vincerà la battaglia dei papà?

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Gli scatenati papà non sono altro che Will Ferrell e Mark Wahlberg, la coppia di poliziotti di riserva che nell’action comedy del 2010 hanno portato scompiglio a New York e che ora tornano a far sorridere in una dimensione familiare più intima della città, ma non meno aperta a una serie infinita di equivoci e situazioni esilaranti. Sean Anders punta tutto sul contrasto tra gli opposti tra le loro due personalità, giocando sugli stereotipi maschili del bello e dannato e del bravo ragazzo goffo, così come aveva fatto Adam McKay, e li mette alla prova in uno scontro che non mette limiti all’immaginazione.

Le gag si susseguono senza pause e si mescolano sapientemente con una comicità slapstick che non risulta mai volgare e fa sorridere con garbo sul tema non convenzionale della paternità.  Sean Anders riesce nel suo intento e confeziona una commedia brillante, che segue la linea della sua filmografia e stupisce per la leggerezza con cui riesce ad affrontare i conflitti familiari, trattando i sentimenti con tutta la delicatezza di cui è capace.

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