L’ultimo giorno del Napoli Comicon 2017 si tinge di letteratura, grazie alla presenza dello scrittore francese, creatore della tribù Malaussène, Daniel Pennac. La sua presenza alla fiera napoletana del fumetto ci insegna – ancora una volta – le numerose strade che la letteratura può prendere, per raggiungere un pubblico sempre più vasto e interessato. Questa è l’avventurosa storia di un ricordo d’infanzia di Pennac, un ricordo che parla di “Un amore esemplare”, diventato nel 2015 un fumetto – illustrato da una delle più importanti firme del panorama artistico francese, quella di Florence Cestac – e, da quest’anno, opera teatrale, con la regia di Clara Bauer.
“Il tratto di Florence – ha raccontato Pennac durante l’incontro col pubblico nell’ultima giornata del Comicon, il primo maggio – e quei suoi personaggi dal naso a patata, ben si adattavano alla storia, abbracciando il suo lato comico e il suo lato drammatico”. Florence Cestac disegna, così, Jean e Germaine, i due protagonisti, in maniera – per l’appunto – “esemplare”. “Non cerca la verisimiglianza, ma personaggi che hanno una coerenza nei loro atteggiamenti. Sapevo che il suo stile sarebbe stato perfetto per la mia storia”. Eccezionalmente, nell’universo della Cestac, abitato da donne e uomini dal naso a patata, un personaggio avrà il naso a “quarto di parmigiano”: “Una vera rivoluzione estetica”, scherza Pennac.
L’opera teatrale è stata presentata in anteprima al teatro Bellini di Napoli il 29 e 30 aprile, in occasione del Comicon. Nel cast di realizzazione della pièce, anche la figlia di Pennac, Alice, che ha realizzato le musiche. “Florence, me, mia figlia, Clara, la compagnia teatrale, il teatro Funaro di Pistoia: tutti noi abbiamo dato vita a una specie di tribù Malaussène. – ha spiegato Pennac – Amo la vita di tribù, tra amici. Quando ero bambino vivevo in un collegio e, inziando a insegnare, ho iniziato a vivere con i miei studenti”. Lo spettacolo, che inizia in questi giorni la sua tounée, vede in scena lo stesso Pennac, accompagnato da attori italiani e dalla Cestac, che disegna sul palco le sue vignette e sottolinea, con il linguaggio del fumetto, la narrazione. “Nel passaggio da un media all’altro – ha continuato lo scrittore – è come se donassi la storia alla collettività. La regista si è appropriata del mio lavoro per resituirlo secondo la sua visione, ma ognuno, dal tecnico luci all’attore, ha partecipato. Io mi faccio parte e lo osservo mentre si evolve come organismo collettivo”.
Una caratteristica che avvicina la poetica di Pennac al mondo del fumetto e dell’intrattenimento di largo consumo è la serialità. Per questo motivo, il Magister del Comicon appena passato, Roberto Recchioni, ha interrogato lo scrittore sul suo rapporto con i Malaussène, intesi come protagonisti di un’epopea familiare raccontata in diversi capitoli. “Nell’85, quando ho cominciato a raccontare la loro storia – ha risposto Pennac – in Francia, si rifiutava la narrativa. All’inizio partecipai a questa ideologia letteraria, ma un giorno ne ho avuto abbastanza e ho capito che non volevo essere intellettualmente parte della corrente. Avevo una voglia semplice: raccontare storie, come le raccontavo ai miei amici, a mia figlia, ai miei alunni. Ho conosciuto, allora, il romanzo polizesco e René Girard (il filosofo del capro espiatorio ndr): entrambi mi ispirarono Malaussène. Dopo, la serie è stata naturale: la serialità non è altro che il lato organico della letteratura, un linguaggio che persiste di generazione in generazione”.
“L’individuo si adatta incredibilmente al contesto in cui vive – ha continuato Pennac – Quando riprendo la storia della famiglia Malaussène, affronto la loro scrittura. Mi chiedo se avrò lo stesso ritmo, lo stesso gusto per la metafora, ma man mano che scrivo tutto torna. È come un uomo anziano sulla riva del fiume, in costume da bagno, che quando sta per tuffarsi si chiede se può buttarsi di nuovo come quando aveva dieci anni. Alla fine ci si accorge che il fiume è rimasto sostanzialmente lo stesso, perché il fiume è nella mente” Quello che resta è la stessa ironia, lo stesso sguardo distaccato sul mondo. “Il mondo di cui scrivo è fatto dell’inchiostro che uso come scrittore”. “Il mondo non è mai stato un luogo ideale – ha concluso – Quando nacque Malaussène c’erano le bombe a Parigi e il terrorismo in Italia. Il compito dello scrittore è rendere il mondo un po’ più divertente”.