Festa del Cinema di Roma 2015 – Angry Indian Goddesses, di Pan Nalin

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Belle e letali come la dea Kali, che balla sul corpo di Shiva con il collo adornato di teste mozzate, le donne indiane hanno dichiarato guerra al mondo degli uomini, agli sguardi invadenti che le scrutano, alle parole sprezzanti, alla prevaricazioni sul lavoro, e alla violenza fisica e psicologica che hanno subito per secoli senza poter replicare. In una società maschilista, che continua a identificare il sesso femminile con un corpo sinuoso e gli cuce addosso solo leggerezza e ancheggiamenti, nella vita di ogni giorno così come nel cinema di Bollywood, un gruppo di donne eterogenee negli interessi, ma accomunate dalla stessa forza d’animo, si riunisce in un villaggio a Goa per trascorrere insieme l’ultima settimana di libertà prima del matrimonio dell’amica Freida.

Libere dalla routine quotidiana, le ragazze lasciano respirare le loro passioni e urlare le loro personalità in un clima di sorellanza spirituale in cui ai litigi si susseguono le riappacificazioni, agli slanci d’affetto le esplosioni di aggressività. In questa corsa sfrenata sulle montagne russe dell’emotività il loro legame si rafforza, e nel breve tempo che gli è concesso insieme comprendono che è necessario deporre le armi e superare le differenze di pensiero per difendersi da un nemico comune: il mondo degli uomini, che scalpita per sfondare la porta del loro rifugio segreto e irrompere con la crudeltà che lo contraddistingue.

Dichiaratamente controcorrente rispetto alla tendenza bollywoodiana di rappresentare le donne come oggetto sessuale, prede da conquistare o creature da proteggere, Pan Nalin sceglie come eroine del suo film delle donne anticonformiste e talmente forti da farsi giustizia da sole, ed esclude dal microcosmo di Angry Indian Goddesses i rituali di seduzione per fare spazio alla lotta per la parità dei sessi, il rispetto e la dignità femminile. Il suo è un film coraggioso, così come lo sono le sue straordinarie protagoniste, che non teme di mostrare una terra che reagisce alla lotta per l’emancipazione con una spietata caccia alle streghe, e riconosce i valori tradizionali esclusivamente come un impianto granitico da quale non è permesso fuggire, piuttosto che come una ricchezza inestimabile da cui trarre spunto per guardare al futuro.

Questa è la denuncia di Nalin e il manifesto programmatico di un’India desiderosa di cambiamento, che aspira all’emancipazione e alla libera espressione degli orientamenti sessuali e politici del suo popolo, in una comunione di pensiero che parte dai piccoli gruppi per estendersi a tutta la popolazione nel rispetto costante delle minoranze e della tradizione.

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