Buio. Gli attori sono in scena, ma le luci sono spente. Come ombre vaganti i loro corpi sfiorano la gente senza mai toccarla, con uno sguardo vitreo che raggela il sangue. Sono gli spettri della tragedia più sanguinosa di William Shakespeare, gli spiriti inquieti di Amleto, Ofelia, Claudio, Gertrude e del loro fedele seguito, destinati a girare in tondo come anime infernali in cerca di redenzione per i loro crimini. Il nero li avvolge come la notte sul palcoscenico della vita, gli incornicia gli occhi e gli cinge il corpo, fino a renderli uno uguale all’altro nella colpa di cui si sono macchiati.
Solo la luce distingue le parti e definisce i ruoli: il giovane principe pazzo di dolore, la sua fragile amante, il re usurpatore e la regina fedifraga. Ci sono proprio tutti. Tutti pronti a festeggiare nei loro abiti più belli le nozze di Claudio e Gertrude sul letto di morte del vecchio re di Danimarca, ancora caldo di lacrime. Sono passati solo due mesi da quando il re è stato sepolto, eppure sembra che il dolore dei suoi parenti più cari si sia disciolto in un inaspettato lieto fine. Vergogna, schifo e rabbia. Mentre tutti ballano spensierati sulla tomba del re morto, Amleto è l’unico che piange ancora suo padre e disprezza sua madre per aver accolto un altro uomo nel suo letto nuziale. Lui è solo con la sua coscienza e, mentre il glorioso regno di Danimarca sprofonda sempre di più nella vergogna, il solo pensiero che vince quello della morte è la vendetta. Niente può finire bene a questo punto.
Amleto è scisso in due, spezzato nel corpo di due attori, che portano insieme il fardello di dolore che la vita ha gettato addosso al giovane principe. L’uno si dibatte sulla scena con gli altri personaggi del dramma e si dispera nella follia, mentre l’altro lo guarda con distacco, come un fantasma silenzioso che guarda il suo corpo già morto dall’oltretomba, e commenta tutto ciò che accade con il disgusto stampato sul volto. Ed è proprio questa scelta così estrema, eppure così perfettamente riuscita, che distingue la rappresentazione di Luciano Bottaro da tutti gli altri adattamenti di Amleto che hanno animato i teatri italiani fino ad oggi.
La messa in scena è ridotta all’osso, scarnificata negli orpelli scenografici e nei costumi, ma la presenza di Amleto e della sua coscienza personificata riempie la scena e le conferisce una profondità che altrimenti non avrebbe, fino a toccare il cuore degli spettatori. Così l’originale interpretazione del dramma shakespeariano di Bottaro stupisce, emoziona, e la passione con cui la sua compagnia di attori mette in scena le sue intenzioni riesce a superare i limiti di un teatro solo all’apparenza amatoriale, ma destinato inevitabilmente a crescere, provando e riprovando, con la stessa energia e determinazione che ha guidato questo Amleto.
Lo spettacolo sarà in scena al Teatro Lo Spazio di Roma il 16 e il 18 marzo 2016.