Giano, una delle più antiche divinità romane, è il dio che per tradizione celebra l’inizio delle imprese, aprendo il cammino alla luce che accompagna l’attività umana nel corso della giornata, tanto che il suo stesso nome evoca la porta, in latino ianua, e ha ispirato la denominazione januarius, ovvero gennaio, per il mese che apre l’anno e dà inizio alle stagioni. Il dio dell’apertura è rappresentato con due volti opposti su un solo corpo, uno che guarda verso il futuro e l’altro verso il passato, rappresentando rispettivamente la fine del vecchio e la nascita del nuovo. Queste due fasi della vita in netta opposizione sono incarnate da Chester (Viggo Mortensen) e Rydal (Oscar Isaac), due artisti della truffa che giocano su fronti diversi, l’uno sul mercato azionario americano e sulla vendita di azioni di pozzi petroliferi inesistenti, l’altro sul campo più modesto dell’Acropoli di Atene in cui spilla pochi dollari ai turisti sprovveduti per sbarcare il lunario. Estremamente lontani per cultura e background sociale, rappresentano le due facce di Giano, il tramonto e l’alba della vita, i due lati del sole che orbitano attorno a una dea eterea, Colette (Kirsten Dunst), fatalmente attratta da entrambi. La classe magnetica del marito Chester e il vigore giovanile di Rydal ammaliano questa creatura eternamente insoddisfatta e in cerca di un posto di rilievo nella società, anche al prezzo di una vita eternamente in fuga.
Queste tre personalità ambigue, scisse tra bene e male e tra un’apparenza rassicurante e sofisticata e una realtà torbida, sono le pedine che gli Dei dell’Olimpo muovono sulla scena dell’Acropoli di Atene. Inevitabilmente attratti gli uni dagli altri, Chester, Rydal e la bella Colette si incontrano e si inseguono nel disperato tentativo di fuggire dal proprio destino, attraversando in lungo e in largo le isole greche, aiutandosi e tradendosi in continuazione per il proprio tornaconto, fino a toccare il punto più basso nel labirinto di sangue e bugie di Cnosso. La realtà iniziale, perfettamente costruita sulla finzione, si sgretola mano a mano che la storia va avanti, così come le maschere di compostezza che indossano i personaggi cadono sotto i colpi di una fortuna avversa, mostrando il loro vero volto al sole bruciante della Grecia. Gli inganni reciproci cambiano il corso della vicenda e le tappe del loro viaggio, scompaginando i progetti e i sentimenti, verso una sconfitta annunciata che li trascina sempre più in basso, costringendoli ad azioni sempre più immorali.
Per la sua prima regia, lo sceneggiatore di Drive, Hossein Amini, ha scelto di adattare per il grande schermo lo straordinario romanzo di Patricia Highsmith, I due volti di Gennaio, affascinato dai suoi personaggi bugiardi, truffatori, irrazionalmente gelosi e paranoici eppure dolorosamente umani ed empatici, al punto da suscitare compassione più che indignazione per la loro caduta. Il lato oscuro della natura umana è il tratto caratteristico di questa storia, in cui la mano del regista non si erge a deux ex machina, giudice e artefice del destino dei personaggi, ma diventa complice dei loro errori e solidale con i loro dilemmi morali fino a condividere le loro paure e i loro tormenti interiori. I colori e sull’aspetto della scena su cui si muovono riflette il loro stato psicologico e la discesa nel loro inferno personale, che dalle vette assolate del Partenone, scende fino ai vicoli bui del Grande Bazar di Istanbul, dove termina la corsa e si sciolgono i nodi di un viaggio rocambolesco, estremamente contraddittorio, in cui nessuno e quello che sembra.