La forma dell’acqua – The Shape of Water, di Guillermo del Toro

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“L’acqua prende la forma di tutto ciò che la contiene in quel preciso momento e, anche se l’acqua sa essere così delicata, è la forza più potente e malleabile dell’universo. Lo stesso vale per l’amore, no? Su chiunque lo riversiamo ne assumerà la forma, che sia un uomo, una donna o una bestia.”
Guillermo del Toro

La forma dell’acqua è una storia d’amore e di perdita. È la storia di una principessa senza voce, che si muove nel mondo come una sirena silenziosa, leggera e affamata di ossigeno. Il suo corpo sinuoso sfiora la gente senza far rumore, la attraversa con grazia ma nessuno sembra accorgersi della sua presenza. Per tutti non è altro che Elisa, la donna delle pulizie che non ha abbastanza fiato per rivelare al mondo gli orrori a cui assiste nel laboratorio segreto di Batimora in cui lavora, ma in realtà la sua anima urla così forte da squarciarle il petto. Gli unici con cui Elisa riesce a comunicare sono i suoi più cari amici: Zelda, la sua collega afro-americana che lotta per vedere riconosciuti i suoi diritti nella società e Giles, il suo vicino di casa omosessuale con cui condivide la passione per la musica. Come Elisa entrambi sono pesci fuor d’acqua, esseri umani che boccheggiano sulla terra come se non fosse il loro elemento naturale e si dibattono per far sentire la loro voce inascoltata.

Anima gemella della creatura acquatica prigioniera del laboratorio, Elisa non può che riconoscersi in lui al primo sguardo, anche se gli occhi vitrei e la pelle blu ricoperta di squame sono quanto più lontano ci possa essere dall’essere umano. Ma gli spiriti eletti come Elisa hanno la straordinaria capacità di vedere oltre la superficie e scandagliare le emozioni che si muovono nel profondo di ogni creatura. Questo essere dalle forme sinuose come lei sa stare al mondo senza parlare, lasciando la comunicazione ai gesti, e in questo incontro silenzioso entrambi trovano il loro contrappunto, riuscendo a parlare senza parole, e a toccarsi senza neanche sfiorarsi.

Ma quello che più di tutto li accomuna è il loro singolare rapporto con l’esterno, per cui non sono che oggetti di scena nel teatro del mondo, strumenti invisibili e sacrificabili di coloro che si ritengono i veri protagonisti della storia, mostri travestiti da scienziati e politici in doppio petto che non hanno in nessuna considerazione l’essere umano se non in funzione dei propri obiettivi. L’essere acquatico che tengono prigioniero per loro non è altro che un’arma da usare a proprio vantaggio nella Guerra fredda, un essere che val bene torturare e sventrare senza alcun rimorso per far scacco alla Russia nella corsa alle stelle. Come lui anche Elisa è sempre stata un ingranaggio della loro macchina infernale, ma ora è arrivato per entrambi il momento di ribellarsi, emergere in superficie e affermare il loro diritto di vivere la vita che hanno scelto come esseri liberi e senzienti.

Il potere, la rabbia, l’intolleranza, la solitudine, la determinazione e le connessioni improvvise e fatali tra gli individui sono le forze che si muovono sotto il magma acquatico che avvolge l’intero film. Sin dalla prima scena infatti Guillermo del Toro immerge lo spettatore in una dimensione subacquea, quasi ultraterrena, in cui l’oppressione dei potenti toglie il fiato e spinge gradualmente sempre più a fondo chi non ha la forza di stare a galla. E tutto il film non è altro che una strenua lotta contro le correnti contrarie dei pregiudizi, per affermare il diritto alla vita e all’amore di chiunque, a prescindere dalla forma, dal colore della pelle o dall’orientamento sessuale.

In questo senso Del Toro punta a mostrare tutte le forme che può assumere l’amore, anche le più impensabili e morbose, senza lasciare nulla inenarrato. Al contrario mira a portare l’archetipo favolistico nella realtà, il mondo straordinario nell’ordinario, ottenendo un effetto perturbante che allo stesso tempo disorienta e lascia senza fiato. La sua favola nera ha contorni morbidi e torbidi dell’acqua, e la sua stessa forza, che sa abbracciare a travolgere, trascinare in basso fino agli abissi e poi riportare in alto fino al cielo. Nell’armonia dei contrasti e nella straordinaria capacità di Del Toro di plasmare la narrazione in una materia nuova, La forma dell’acqua trova un posto d’eccezione non solo tra le opere più cupe del maestro messicano, ma tra i racconti cinematografici più splendenti del nostro tempo.

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