Nicolas Winding Refn è volato a Roma per presentare insieme alla moglie Liv Corfixen il documentario My Life Directed by Nicolas Winding Refn, girato da lei nel 2013 a Bangkock durante la lavorazione del film Solo Dio perdona. Il documentario apre una finestra sulla vita privata e creativa di Refn, e lo spoglia della sua immagine pubblica per mostrare l’uomo dietro l’artista, svelando come un reality impietoso i momenti di sconforto e quelli di euforia che accompagnano le riprese di un film estremo come Solo Dio perdona, destinato a un pubblico diverso del più commerciale Drive.
“Nicholas è un artista ma anche un marito e padre di due bambine, quindi ogni giorno bisogna trovare un equilibrio tra queste due parti della sua vita”, ha raccontato l’autrice del documentario Liv Corfixen. “È stato molto difficile trasferirmi a Bangkok con i miei figli perché vivere qui per lungo tempo non è così semplice se non si è in vacanza. All’inizio non avevo altro da fare se non la casalinga, così ho pensato a realizzare questo documentario, per raccontare cosa significa vivere con un artista e gli alti e bassi del processo creativo. Volevo ritrarre i dubbi, le debolezze che Nicolas non mostra a nessun altro, e questo era il punto di vista da cui partire, poi la storia vera e propria è nata in fase di editing “.
Per chi come Refn è abituato a stare dietro e non davanti alla macchina da presa, un’esperienza come quella del documentario può essere estremamente difficile da affrontare, anche se alla regia c’è la sua adorata moglie: “L’ho visto solo una volta e devo dire che Liv ha realizzato un documentario incredibilmente moderno, perché analizza la sua vita attraverso qualcun altro, e questo mostra che ha decisamente più talento di me, mentre io sono limitato. Ma confesso che non è stato facile farsi spogliare delle proprie difese ed essere esaminato da qualcuno. Nella vita di solito non puoi mostrare la tua debolezza a nessuno, se non a tua moglie, e in questo caso lei stava lì davanti a me con una telecamera in mano. Prima di incontrare Liv non avevo mai avuto una ragazza. Avevo 24 anni e vivevo con i miei come un bravo ragazzo italiano e a dire il vero mi piaceva quella vita. Quando l’ho incontrata è stata lei a chiedermi di uscire anche se poi poi ho dovuto mandarle fiori per mesi per convincerla a diventare la mia ragazza. Prima di allora ero molto autodistruttivo dal punto di vista creativo, poi col tempo, dopo essere diventato padre ho trovato il mio equilibrio. Dipendo da lei, sono quello che sono solo grazie a lei e alle altre donne della mia vita”.
Paradossalmente però a una vita privata costellata di donne, di bellezza e di tenerezza, si contrappongono numerosi film che vedono come protagonisti uomini violenti e distruttivi. Come si fondono questi elementi così diversi? “C’è un Dottor Jekill e Mr Hide nella creatività di ognuno, e comunque il mio nuovo film The Neon Demon avrà una protagonista femminile. Forse una mattina mi sono svegliato e mi sono reso conto di essere circondato e dominato dalle donne, e da qui è nato un bisogno improvviso di fare un horror sulla bellezza aggressiva, un film che esorcizza la violenza attraverso la bellezza”.
Dopo il successo planetario di Drive e il più indigesto ma ugualmente pregevole Solo Dio perdona le aspettative del pubblico per l’ultimo lavoro di Refn sono alle stelle. Ma come gestisce il regista la pressione del successo passato sul presente? “Di solito giro i film in ordine cronologico, quindi non so mai cosa verrà fuori dall’idea iniziale che avevo del film, ma la paura di non riuscire è molto potente perché è solo così che la creatività può svilupparsi. La paura fa emergere risorse ignote, che neanche immaginavamo di avere dentro di noi, ed è questo che rende interessante il processo creativo. Se mi interessasse solo il risultato finale peccherei di vanità, ciò che mi diverte è girare il film, creare l’opera d’arte. Quello che succede quando è tutto finito non mi interessa poi tanto”.