I peggiori, di Vincenzo Alfieri

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Truffatori, palazzinari e finti invalidi attenti a voi: ci sono due nuovi eroi in città. Dal 18 maggio arriva nei cinema “I peggiori” di e con Vincenzo Alfieri, un cinecomic senza comic, divertente e, a suo modo, edificante.
Procediamo con ordine: Fabrizio (Alfieri) e Massimo (Lino Guanciale) Miele sono due fratelli romani, trapiantati a Napoli per prendersi cura della sorellina 13enne Chiara (Sara Tancredi), rimasta sola dopo l’incarceramento della madre per crack bancario. Questo bizzarro assembramento familiare tira avanti come può, tra il lavoro da muratore sottopagato di Massimo e quello grigio e frustrante da impiegato degli archivi del tribunale di Fabrizio. Parallelamente, la perfida Antonella Attili tesse le trame per un nuovo complesso edilizio alle porte di Napoli, costruito su fondamenta di abusivismo e dello sfruttamento delle classi più deboli.

Inseguiti da una bella assistente sociale (interpretata dall’attrice napoletana Miriam Candurro), Fabrizio e Massimo vivono vite emblematiche, perfette sintesi della precarietà e dell’ingiustizia sociale che colpiscono nella realtà i giovani lavoratori italiani. Davanti all’ennesimo sopruso, i fratelli Miele decidono di ribellarsi, trovandosi – assolutamente per caso – a trasformare una missione privata in un simbolo universale di giustizia: quello dei Demolitori.

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Nascono così i due supereroi più imbranati della storia, che portano a compimento una missione dopo l’altra al servizio (a pagamento) della cittadinanza. I Demolitori si cammuffano con delle maschere di Maradona, incontrano i clienti in una chiesa e riforniscono il loro arsenale in un emporio cinese. Tuttavia, quello che conta – e che unisce tanto i fratelli Miele che un qualsiasi altro eroe della letteratura mondiale – è quel coraggio e quella capacità di indignarsi di fronte alla scorrettezza dei “cattivi”. Il film di Vincenzo Alfieri è la risposta scanzonata e fumettistica alla rassegnazione che accompagna la frase “Così va l’Italia” e le sue infinite, desolanti, varianti.

Una favola, se vogliamo, ma che tocca in alcuni momenti picchi di interessante verità. Non c’è spazio per i miliardari filantropi in questo mondo: gli ultimi devono rimboccarsi le maniche e muovere le masse, anche soltanto attraverso un movimento virtuale. Questo, perché la caratteristica principale dei Demolitori è che non puniscono i villain con la violenza, ma con la denuncia mediatica, costringendoli a venire a patti con la propria immagine. Un po’ le Iene (purtroppo parliamo di Mediaset e non di Tarantino), un po’ Jeeg Robot, i due protagonisti prendono gradualmente gusto del loro ruolo, grazie soprattutto al riconoscimento del popolo di Internet, senza il quale i loro “superpoteri” non esisterebbero.

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“I demolitori” sono una soddisfacente fonte di luce per chi spera che il caso di “Lo chiamavano Jeeg Robot” non rimanga isolato e tifa per una (ri)nascita del cinema di genere in Italia. Lo stile di regia che Alfieri sceglie per questa sua commedia rende omaggio all’immaginario fumettistico e cinematografico che ha fatto di personaggi come Batman vere e proprie icone della cultura contemporanea.

Rapidi movimenti di camera, accompagnano le scene d’azione, creando un’atmosfera nel complesso tesa e adatta al genere scelto. Napoli, d’altra parte, ben si presta a ricoprire il ruolo di Gotham City nostrana, talmente piena di contraddizioni, divisa tra eroi dal forte senso di giustizia e signori del crimine. Alfieri è stato bravo a rendere coi suoi personaggi gli stereotipi del cinecomic in una chiave assolutamente ironica e dissacrante, divertendosi a disporre le pedine su una scacchiera evidentemente farsesca.

Le gag, la sceneggiatura – poi – fanno il resto, insieme a una recitazione fresca e spontanea, con un bizzarro miscuglio di accenti, ma tutto sommato convincente. Bravi i protagonisti, compresa la simpaticissima Sara Tancredi e l’affascinante Miriam Candurro. Assolutamente a suo agio nel ruolo, la cinica Antonella Attili così come la sua nemesi, il commissario di polizia interpretato da Biagio Izzo.

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