Perfect Day, di Fernando León de Aranoa

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‘Di ritorno, verso sera, trovò tutti i contadini in festa attorno alla giara abitata. […] Zi’ Dima s’era calmato, non solo, ma aveva preso gusto anche lui alla sua bizzarra avventura e ne rideva con la gajezza mala dei tristi. Lo Zirafa scostò tutti e si sporse a guardare dentro la giara…’ – sono parole di Luigi Pirandello, tratte da ‘La giara’, novella composta nei primi anni del Novecento e ambientata nelle profondità viscerali dell’entroterra rurale siciliano.

Nel 1995, da qualche parte tra le colline di una Bosnia desolata e ferita, uno sparuto gruppo di contadini osserva con ansia e curiosità tre operatori umanitari riuniti e pensierosi attorno ad un altro buco, quello di un pozzo stavolta, in fondo al quale giace il cadavere di un uomo. Il corpo è estremamente grasso, comincia a decomporsi e dev’essere rimosso con urgenza da lì, tuttavia l’unica corda di cui i tre operatori erano muniti si è rotta nel tentativo di tirarlo su: tocca quindi trovarne un’altra, e in tempo per poter bonificare l’acqua del pozzo, imprescindibile risorsa della comunità circostante. Sembrerebbe un’operazione di quotidiana amministrazione, che però si complica in fretta, divenendo una missione impossibile, un groviglio inestricabile tra mine, palloni, e inaspettati incontri, in un continuo confronto tra ideale e reale.

Fernando León de Aranoa con Perfect day (tratto dal romanzo ‘Dejarse Llover’ di Paula Farias) sceglie di raccontare una storia fortemente legata alla sua esperienza ‘sul campo’ come regista di documentari girati in aree di conflitto di tutto il mondo, spesso al seguito di ONG, e lo fa in una forma che attraversa e lega dramma, commedia, road movie e film di guerra: un’indefinitezza di generi che è il veritiero riflesso della realtà, soprattutto nel caso di zone di conflitto, in cui caos e  irrazionalità spesso dominano incontrastati. Aranoa esclude dalla struttura del suo film ogni meccanicità e rigidità, mostrando una realtà labirintica e babelica, tanto modellata su quei Balcani dove i bambini nascono ridendo e tutti ridono sempre e comunque, quanto attraversata dall’antieroico gruppetto di protagonisti: personaggi estremamente differenti l’uno dall’altro e provenienti ognuno da un paese diverso, sì da amplificare il senso di confusione ed anche l’universalità della storia rappresentata. Essi tutti insieme, operatori umanitari e non, per affrontare e lenire le drammatiche situazioni che li circondano e allontanare una disperazione sempre incombente, non possono che aggrapparsi all’ironia; e proprio ironia e amaro umorismo, riempiendo di sé ogni momento del film, sono le sue vere ‘chiavi’.

Perfect-day

Perfect day rifiuta ad un tempo retorica, pesantezza e discorsi elevati senza per questo peccare di superficialità o insensibilità. In esso la violenza, le sofferenze e le lacerazioni di una guerra ancora lungi dall’essere effettivamente conclusa non sono nascoste né urlate, ma si rivelano attraverso una pietà immanente che nasce dallo scarto tra le immagini proposte e le situazioni umoristicamente paradossali in cui esse si manifestano. Come nella succitata novella pirandelliana, anche in questo caso grottesco e surreale pervadono interamente un ‘racconto’ che vuole essere allegoria ma che, a partire proprio dal pozzo e dal corpo al suo interno, procede per simboli che trascendono il loro significato contingente: una sorta di ‘poetica delle piccole cose’, che tuttavia carica il film di forti tensioni civili, etiche e morali.

Una Hilarotragoedia quella rappresentata nel film di Aranoa, un manuale su come sopravvivere in un inferno che, ahinoi, non ha né tempo né luogo; con un finale che sembra un inno alla natura e alla semplicità, alla leggerezza e alla libertà che solo essa, nonostante tutto, sa ancora offrire.

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