Questa è la prima stagione senza Proietti ma la direzione artistica è ancora la sua e, come in un passaggio di testimone, l’attenzione è tutta rivolta ai giovani: gli sketch trasmessi prima della rappresentazione lo ritraggono mentre guida i giovani attori in una delle prime rappresentazioni del dramma shakesperiano per eccellenza: ad omaggiare il grande attore e regista romano, torna in scena Romeo e Giulietta, proprio come all’apertura del Globe nel 2003. La chiave interpretativa cambia radicalmente e l’opera ci presenta un Romeo dei giorni nostri, con la felpa dei Chicago Bulls, in preda ai deliri d’amore, mentre Giulietta balla e rockeggia nella casa di famiglia.
La vicenda drammatica diventa così frutto dell’immaginazione di Romeo: i costumi cambiano improvvisamente, così come il linguaggio giovanile lascia spazio a quello delle tragedie shakesperiane, e ci ritroviamo nel bel mezzo del ballo organizzato dai Capuleti; è qui che il conte Paride chiederà la mano di Giulietta ed è sempre qui che Romeo si innamora della giovane Capuleti, dopo essersi introdotto a palazzo, nascosto da una maschera. Sarà questo il casus belli che porterà Tebaldo ad aggredire, per la prima volta, Romeo. È da questo momento che la situazione precipita e lo stesso Tebaldo si scontra con Mercuzio.
Viene da pensare che Gigi Proietti e William Shakespeare abbiano condiviso valori importanti: l’amore e l’ironia tra tutte. Valori ancora validi ai giorni nostri, verità ineffabili, celate ai più, raccolte e raccontate dal fool di turno, Mercuzio, al quale Shakespeare dà voce: un’interpretazione superlativa, quella dell’attore Fausto Cabra che ravviva una vicenda dai toni drammatici, in cui le posizioni austere dei padri veronesi chiudono e semplificano la realtà. Ma tutti i drammi di Shakespeare sono dei cerchi tracciati nella storia letteraria mondiale e anche i peggiori drammi si chiudono con un insegnamento.
È ancora Mercuzio a illuminare: “Maledette le vostre due famiglie che mi hanno ridotto a carne per i vermi”. Il cugino del Principe muore sotto gli occhi, anzi sotto il braccio – la spada di Tebaldo gli passa proprio sotto – di Romeo che lo vendica, uccidendo Tebaldo. La tragedia da questo momento si rivela per quella che conosciamo: pozioni, veleni e misunderstanding porteranno alla cacciata del protagonista da Verona e alla morte degli amanti.
La scena finale vuole essere un monito per tutti: l’amore è una faccenda intima e delicata, da trattare con estrema delicatezza insomma; l’intromissione di terzi o l’esasperazione del sentimento stesso hanno portato al compimento di una vicenda iniziata quasi per scherzo e terminata con la morte dei protagonisti e dei loro cari.
C’è un ulteriore risvolto: il Principe chiude la tragedia canonizzando le parole del pazzo Mercuzio: “Ebbene, dove son questi nemici? Capuleti! Montecchi! Ecco, vedete da qual flagello è colpito il vostro odio. Il cielo s’è servito dell’amore per uccidere a ognuno di voi due le rispettive gioie. Ed io, per aver troppo chiuso gli occhi sulle vostre contese, son privato di violenza di due cari parenti. Siamo puniti tutti!”.