La mente umana è come un palazzo dalle innumerevoli stanze, alcune sono illuminate e accessibili a tutti, altre invece buie, nascoste, che si aprono solo in circostanze particolari, altre ancora invece restano chiuse per sempre. La mente di Kevin (James McAvoy) è in grado di aprirle tutte, una per volta o tutte insieme, e di spingersi negli anfratti più oscuri della sua coscienza, fino al punto di scoprire dentro di sè la presenza di 23 personalità diverse.
Clinicamente la sua straordinaria capacità di definisce Disturbo Dissociativo dell’Identità e chi ne soffre è in grado di sviluppare un numero infinito di identità diverse, ognuna indipendente e autosufficiente dalle altre, anche di sesso, età e personalità diverse. E se già questo sembra incredibile, l’aspetto più portentoso di questo disturbo è che anche il corpo asseconda le diverse personalità, modellandosi sul personaggio che interpreta, malattie e disturbi compresi. Ma che succede se una delle personalità crede di avere dei poteri soprannaturali?
Dopo aver rapito tre ragazze adolescenti, e averle rinchiuse nel sotterraneo della sua abitazione, Kevin inizia una guerra per la sopravvivenza nella sua mente tra tutte le personalità che convivono in lui, cercando ossessivamente la personalità più forte, quella invincibile, quella che non teme niente e nessuno e ha il potere di distruggere chiunque si metta sul suo cammino: la bestia. Ma mentre Kevin combatte la sua battaglia interiore, le tre ragazze guidate da Casey (Anya Taylor-Joy) lottano per sopravvivere in condizioni disumane, torturate, violentate e letteralmente divorate da questi mostro dai 23 volti.
Il personaggio di Kevin è di sicuro il personaggio più complesso che M. Night Shyamalan abbia mai scritto, perché ne racchiude diversi, talvolta anche nella stessa scena, ma ciò nonostante le personalità di Kevin non appaiono come caricature, ma come personaggi veri e propri, costruiti ognuno con una propria fisicità e con un temperamento diverso. Ma oltre che di Shyamalan, gran parte del merito è dello straordinario James McAvoy, che qui da il meglio di se stesso, affrontando una delle sfide più dure della sua carriera. Oltre a incarnare 23 personaggi diversi, l’attore mette in scena una guerra interiore senza precedenti, lasciando nelle mani dei suoi personaggi l’intero sviluppo della narrazione.
Dopo il successo dello scorso anno con The Visit, Shyamalan fa nuovamente squadra con il produttore Jason Blum per creare un thriller a basso budget, con un cast che vede in scena solo una manciata di attori e ambientato in uno spazio angusto, ma che è in grado di dare avvio a un misterioso viaggio nella psiche turbata e frammentata della mente estremamente dotata, ma profondamente sofferente di Kevin. Tutto ruota attorno a lui, alla rabbia che cova dentro per i torti subiti e al desiderio di vendetta verso tutti coloro che hanno avuto una vita serena, ed è nei labirinti della sua mente che Split inizia e finisce, come un serpente che si morde la coda, dopo essersi dibattuto nell’orrore della vita. Ed è così, tornando a indagare l’essere umano che Shymalan riscopre l’orrore, rimanendo più ancorato alla realtà rispetto al passato, per lasciare l’elemento soprannaturale nel gran finale.