Alan Taylor

Terminator Genisys, di Alan Taylor

Recensione di Marco Scali

Terminator Genisys è figlio dei film prodotti dalla Marvel. Memorizziamo questa frase iniziale a cui torneremo più avanti e parliamo di quello che è stato Terminator. Quando nel 1984 esce nelle sale il primo Terminator, il pubblico si trova davanti qualcosa di nuovo, un film che fonde perfettamente la fantascienza con l’action thriller, la critica sociale del primo con i ritmi e la tensione del secondo. È un’opera mitologica, che fonde il mito del cristo con la tensione criminale che minaccia giornalmente le città, e il percorso di crescita di Sarah Connor, una timida cameriera che si trasforma in una guerriera.
Anni dopo James Cameron torna a raccontare i suoi “Assassini del tempo”, ma spiazza tutti con il suo Terminator 2 – Il giorno del giudizio. Le regole sono cambiate, e cambiate in meglio. Le macchine diventavano nemici solo se chi le utilizza le rende tali. Allo stesso tempo il percorso di crescita, ormai raggiunto da Sarah Connor, si riflette in quello del figlio John, che trova in una figura surrogata di padre una guida capace di trasformare la rabbia in energia positiva, e ad affrontare il ruolo a cui era destinato nel futuro.
La saga di Terminator è perfetta, e potrebbe finire qui, ma è un piatto troppo succulento per non volerne ancora. Così nuovi cuochi si mettono alla prova, ma con risultati mediocri. Si susseguono piatti riscaldati (Terminator 3 – Le macchine ribelli) ad esperimenti talmente “innovativi” da essere troppo lontani dalla ricetta originale, per richiamarne gli stessi gusti (Terminator Salvation). Poi Alan Taylor prova la carta del remake/sequel, che tanto bene aveva funzionato in Star Trek di J. J. Abrams, arriva Terminator Genisys ed è il disastro.

Terminator-Genisys-Pictures
Un evento inaspettato riscrive tutto. I personaggi che tanto abbiamo amato sono gli stessi, gli ambienti sono gli stessi, ma il mondo intorno a loro cambia. Un’idea buona, che fa ben sperare. Kyle Reeese, che sarà il padre di John Connor, torna nel 1984, ma non trova l’impacciata Sarah Connor del primo film, ma la guerriera del secondo, una donna cresciuta ed addestrata da un Terminator. Il tutto dura 30 minuti. Perché poi arriva l’influenza Marvel. I personaggi diventano improvvisamente stupidi. La serietà e la minaccia dei primi film svaniscono come neve al sole.
I terminator diventano super-cattivi, e persino Skynet, uno dei cattivi più gloriosi del cinema, fa qualcosa che non ha alcun senso: prende sembianze e carattere umano. Qualcosa d’insensato. Le armi non sono più le normalissime armi del presente, ma pseudo bubbole fantascientifiche che, se tollerabili in un film di supereroi, qui rovinano il tutto. Una direzione sbagliata che preferisce puntare ad una fantascienza più infantile, lasciando fuori tutte le ragioni che hanno portato Terminator ad essere amato.