Alone in Berlin

Berlinale 66 – Incontro con Emma Thompson, Daniel Brühl e Vincent Perez

Alone in Berlin, il film di Vincent Perez tratto dal romanzo Jeder stirbt für sich allein dello scrittore tedesco Hans Fallada, porta la Germania nazista al Festival di Berlino. “Credo che questo sia un tema ancora attuale, perché la Germania sta ancora combattendo con il senso di colpa per i crimini perpetrati durante la guerra – ha affermato Perez – Io stesso ho ereditato questa sensazione da mia madre, che è tedesca, e più volte ho interrogato lei e mia nonna sulla questione senza avere mai una risposta. Questo film è la risposta alle domande a cui loro non hanno mai risposto”. Ma la vera sfida del film era trasmettere il valore di una ribellione semplice, fatta di parole senza cadere nella trappola dell’artefatto. “La mia intenzione era trovare un compromesso tra estetica e realtà, e per farlo mi sono ispirato al neorealismo italiano e a Una giornata particolare di Ettore Scola”.

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Come mette in evidenza Emma Thompson: “Questo film non è la storia della Germania, ma è la storia di un matrimonio, che torna in vita in seguito a un grande dolore e alla complicità in un’azione di protesta che potrebbe costare la vita alla coppia in caso in cui dovesse venire alla luce. Ma come riporta anche il libro che ha ispirato il film, la morte è una certezza, ciò che conta è morire sapendo di aver fatto la cosa giusta. E loro fanno questa scelta”. Non fa eccezione il commissario interpretato da Daniel Brül che, se all’inizio segue scrupolosamente gli ordini della Gestapo, mentre va avanti nella risoluzione del caso cambia atteggiamento. “Il mio personaggio subisce uni sviluppo graduale – dice Brül – e con il passare del tempo si rende conto di non poter sopportare il senso di colpa per le sue azioni e per quelle del regime quindi anche lui decide di fare la cosa giusta”.

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Berlinale 66 – Alone in Berlin, di Vincent Perez

Alone in Berlin è il ritratto perfetto della Germania nazista, dipinto con cura come una cartolina d’epoca, in cui i colori caldi addolciscono la composizione geometrica della scena, che qui si apre nel 1940, mentre Hitler è allapice e i giovani tedeschi vengono sterminati come mosche in nome dell’ideale nazista. Uno di loro è il giovane Hans, unico figlio di Otto e Otto e Anna Quancel, che perde la vita in battaglia per mano dei francesi, lasciando un vuoto incolmabile nel cuore dei suoi genitori. Fino a quel momento i Quancel sono sempre stati dei grandi lavoratori e ardenti sostenitori di Hitler, ma la morte del ragazzo insinua in loro il dubbio sull’operato del Führer e ai loro occhi lo trasforma nel “Lügner”, il più grande bugiardo che la storia abbia mai conosciuto.

Lo sdegno per il regime spinge i coniugi Quancel a una protesta silenziosa, inoffensiva, e alquanto curiosa nel suo genere: diffondere per le strade di Berlino centinaia di cartoline che inneggiano alla libera circolazione delle idee. La macchina nazista ha inglobato tutta la nazione, annullato il pensiero e ridotto gli uomini a ingranaggi di un programma politico diabolico, ma ora è giunto il momento di svegliarsi dal torpore. Questo è il manifesto dei Quancel che, rischiando la decapitazione per mano della Gestapo, scrivono a mano una cartolina dopo l’altra e nottetempo le lasciano cadere nei vicoli, nei treni, e sulle soglie delle case, nella speranza che qualcuno leggendole possa prendere consapevolezza del dolore immenso che il nazismo lascia dietro di sé.

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Jeder stirbt für sich allein è il titolo romanzo di Hans Fallada da cui è stato tratto il film e di sicuro sono le parole che meglio rappresentano lo spirito della pellicola di Perez: la morte è inevitabile per tutti, ma si può scegliere se darle un senso, sforzandosi di cambiare le cose durante il viaggio. Otto Quancel e sua moglie ci hanno provato con tutte le loro forze nonostante i pochi mezzi a loro disposizione, hanno versato una goccia di speranza in un mare di odio, ma abbastanza pesante da far entrare il loro piccolo atto rivoluzionario nella storia. Vincent Perez li racconta soffermandosi sulla profonda intimità della coppia, cercando nei piccoli gesti quotidiani, negli sguardi e nei caldi abbracci tutta l’umanità che la Germania rimpiange ancora di aver perso negli anni più bui della sua storia.