L’ “onryō” è uno dei fantasmi tipici della tradizione giapponese, destinato a ritornare nel mondo dei vivi per cercare vendetta, solitamente dopo una morte violenta. La frequente rappresentazione dell’onryō nel teatro kabuki ha contribuito a definire dei tratti comuni per i fantasmi di sesso femminile, solitamente vestiti con il kimono bianco delle funzioni funerarie, e con lunghi capelli neri scompigliati che incorniciano un viso pallidissimo.
Quando pensiamo a The Grudge, la prima immagine che viene in mente è quella di Kayako, l’onryō per eccellenza, accovacciata sotto il letto o in un angolo buio, con gli occhi sgranati e le braccia bianche e sottili pronte ad afferrare il malcapitato. Kayako è la protagonista della serie cinematografica horror, Ju-on, ideata da Takashi Shimizu, e meglio conosciuta in occidente per i suoi remake statunitensi come The Grudge. A lei si affianca anche la sua versione maschile, incarnata dal piccolo Toshio, che come lei infesta la casa dove hanno trovato la morte.
La maledizione di The Grudge inizia infatti in una casa di Tokyo dove Kayako è stata uccisa insieme a suo figlio dal marito, geloso del suo amore non ricambiato per un professore universitario. Da qual momento chiunque metta piede nella casa rimane contagiato dalla maledizione, e la porta con sé in qualunque parte del mondo. I fantasmi inseguono i malcapitati ovunque, apparendo loro con sembianze terrificanti, con l’unico obiettivo di ucciderli. Non c’è un posto sicuro dove rifugiarsi, perché la rabbia dei morti non si può fermare, né placare, so non con la morte.
Da qui Nicolas Pesce è partito per immaginare il suo remake, ma qui Kayako fa solo una breve comparsa, nelle poche scene che vedono Fiona Landers a Tokyo, prima di tornare America dove, dopo essersi riunita con il marito Sam e la figlia Melinda, uccide entrambi e si suicida pugnalandosi al collo. Il poliziotto che si occupa del caso, dopo essere entrato nella casa, inizia ad avere orrende visioni e viene rinchiuso in manicomio.
Lo stesso orrendo destino attende alcuni anni dopo la detective Muldoon, che si reca nella stessa casa, ora abitata dalla coppia di anziani Faith e William Matheson, per indagare sulla morte di una donna trovata nel bosco in avanzato stato di decomposizione.
Come da copione, la maledizione legata alla casa insegue e uccide chiunque vi metta piede, ma questa volta Nicolas Pesce non rievoca i fantasmi classici della saga, ne crea invece di nuovi a partire da una nuova tragedia e da una nuova casa infestata dall’altra parte del mondo.
Sebbene non manchino i jump scare e immagini tipiche dell’iconografia dell’horror giapponese, la pellicola sembra sfruttare un’idea già consumata, già troppo sfibrata da sequel e remake (a partire dal remake statunitense The Grudge del 2004, per continuare con The Grudge 2 nel 2006 e The Grudge 3 nel 2009) e che oltretutto, vedendo venir meno i suoi protagonisti, non possiede più il suo tratto distintivo, quello che distingue la saga da qualunque altro horror sulle case infestate. Così come The Ring non potrebbe esistere senza Samara, ed è indissolubilmente legato alla sua triste storia, allo stesso modo The Grudge, senza Kayako e Toshio è svuotato della sua personalità e non riesce a trasmettere lo stesso senso di inquietudine degli altri film della saga.