Morto un Superman se ne fa un altro. È letteralmente questo il concetto che fa da incipit alla Suicide Squad cinematografica di casa DC/Warner Bros e, come nella più classica tradizione della narrativa, è proprio il governo USA a decidere di riempire il vuoto lasciato dall’uomo d’acciaio al termine del precedente Batman Vs Superman, utilizzando i soliti modi controversi con cui viene sistematicamente dipinto. Nel caso specifico il piano è quello di radunare un assortito gruppo di pericolosi e sacrificabili criminali ed obbligarli sia con la promessa di uno sconto di pena, sia tramite un meccanismo esplosivo inserito sottopelle ad ognuno di loro, a compiere ogni genere di ordine senza fare domande.
Protagonisti di questa squadra suicida sono Deadshot (Will Smith), Harley Quinn (Margot Robbie), Capitan Boomerang (Jai Courtney), Killer Croc (Adewale Akinnuoye-Agbaje), El Diablo (Jay Hernandez), Katana (Karen Fukuhara) e Slipknot (Adam Beach), tutti criminali di seconda fascia (guidati sul campo dal Colonnello Rick Flag interpretato da Joel Kinnaman), perlopiù privi di poteri ma dotati di grandi abilità balistiche e familiarità con gli omicidi, paragonabili a un gruppo di GiJoe senza scrupoli così come lo erano anche i protagonisti della controparte cartacea, sviluppata per la prima volta da Jhon Ostrander sul finire degli anni ’80 e reinventata più volte nel corso degli anni nei fumetti Dc Comics.
Difficile però da credere fino a pochi anni fa che un gruppo simile, relegato da sempre a serie cult per veri appassionati, sarebbe potuto arrivare sul grande schermo. Di certo gran parte del merito di questo incremento di popolarità va all’aggiunta nel rooster di Harley Quinn, controparte femminile del Joker, nata inizialmente come un’animazione scartata da una puntata della serie animata di Batman della coppia Timm/Dini e diventata poi a furor di popolo personaggio sempre più centrale dell’universo DC. Logico quindi trovarla nella pellicola diretta da Ayer in veste di personaggio principale, così come era prevedibile trovare inserito nel gruppo anche personaggi come Killer Croc e Deadshot mai apparsi al cinema ma comunque legati a franchise Batmaniano. E Margot Robbie risulta da subito una scelta più che calzante per interpretare il ruolo di Harley, seducente ed al contempo con le rotelle fuori posto, e con un look che è una via di mezzo tra la sua controparte nei recenti videogame e Debbie Harry dei Blondie.
Meno scontata ma comunque comprensibile è invece la presenza “esterna” alla squadra di Joker, il villain portato alla gloria dalle interpretazioni di Jack Nicholson ed Heath Ledger, oltre che dalla voce di Mark Hamill. Proprio in virtù del richiamo diretto personaggio e del peso specifico che comporta il suo utilizzo, Ayer giustamente decide di differenziarsi il più possibile dalle precedenti versioni mettendo in scena il lato più gangster del pagliaccio, e riscoprendo la razionalità che alberga nella follia del malvivente.
Cambia così anche il rapporto con Harley, non più concubina sfruttata, ma personaggio alla pari, che sviluppa col proprio “padrone” un rapporto quasi vampiresco, nell’accezione più romantica del termine, la stessa inaugurata dai romanzi di Ann Rice ed esplosa coi vari surrogati di Twilight. Joker è il creatore della follia di Harley e lui ne è legato da un amore morboso e viscerale. Motivo per il quale funge da deus ex machina che appare quando c’è bisogno di liberare il personaggio di Margot Robbie dai vicoli ciechi della narrazione. Il tutto colorato da un estetica hip hop decadente che ricorda quella del duo musicale dei Die Antwood. L’interessante rivisitazione scricchiola però nell’interpretazione del pagliaccio di Jared Leto, attore di grande talento che di certo non si è risparmiato per il film ma che sembra più volte mancare del fisique du role, risultando molto meno inquietante di quello che il ruolo richiede.
Accanto ad Harley comunque il vero protagonista è Will Smith, un Deadshot sicuramente più umano e sfaccettato dell’impeccabile killer che i lettori di fumetti si aspettavano. Ruolo di criminale dal cuore buono che calza a pennello sull’attore. Anche gli altri personaggi mantengono una buona caratterizzazione ed un giusto spazio narrativo senza particolari sovrapporsi, ad eccezione di Katana che manca totalmente di senso nell’economia della pellicola e finisce con il passare completamente inosservata. Brilla invece Viola Davis come Amanda Waller, la Nick Fury della situazione, che paradossalmente si dimostra più cinica e spietata della banda che ha messo in piedi.
Proprio questo buonismo di fondo dei protagonisti il film si rivela essere il limite maggiore della pellicola. Ayer dirige un film col piede spinto sull’acceleratore per circa mezz’ora: temi musicali forti inanellati uno dietro l’altro, estetica acida ed eccessiva, e personaggi “badass” che bucano lo schermo fanno ben presagire per un film con una forte personalità ad alto livello di attenzione, a tal punto da poter sembrare anche troppo roboante. Ci vuole poco però prima che i ritmi calino drasticamente quando la squadra familiarizza e tutto rientra nei binari dell’action movie con personaggi in cerca di redenzione ed un nemico senza sfumature di grigio, poco dissimile dal Gozer dei Ghostbusters, da raggiungere e sconfiggere.
Il risultato è un film costruito a compartimenti stagni, evidentemente ritoccato più volte, che si sgonfia in lungo un anti-climax. Nonostante tutto però Ayer porta a casa una pellicola godibile ed efficace nell’intento di creare personaggi iconici da potere nuovamente sfruttare sul grande schermo.