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Birds of Prey, di Cathy Yan

Come si fa a diventare Harley Quinn? Basta laurearsi a pieni voti in psicologia, farsi assumere nel manicomio di Arkham, innamorarsi follemente di uno dei pazienti, fuggire con lui e diventare una delle criminali più ricercate di Gotham City. Un’impresa impossibile, tant’è che Harley è unica nella sua dolce follia, nei suoi colori sgargianti e nella sua incredibile abilità con il martello, o con la mazza da baseball, a seconda delle occasioni. Harley brilla, qualunque cosa faccia, ed esplode sul grande schermo, proprio come la fabbrica di prodotti chimici che ha visto nascere la sua storia d’amore con Joker. E che ora non è che fuoco, fumo e polvere.

Harley si è lasciata tutto alle spalle e si avvia sorridente e piena di speranza verso un futuro tutto da ridisegnare. L’arlecchino che vive all’ombra del padrone di Gotham non esiste più, perché ora è padrona di se stessa, responsabile dei suoi disastri e libera di crearsi una squadra a sua immagine e somiglianza. E quale scelta migliore di una squadra di donne pronte a sfidare le regole, a farsi giustizia da sole, e a mettere a tappeto a colpi di calci, urla assordanti e balestra tutta la malavita di Gotham?

Le Birds of Prey sono delle outsider, delle donne in cerca di vendetta, o di giustizia, a seconda del punto di vista, impossibili da inquadrare tra i buoni o i cattivi, perché ognuna di loro ha qualcosa per cui combattere, e lo fa senza farsi scrupoli di alcun tipo. Huntress, figlia del mafioso Franco Bertinelli, si allena da tutta la vita per vendicarsi dei sicari che hanno sterminato la sua famiglia, Black Canary, dotata di un formidabile urlo sonico, vuole affrancarsi dal nuovo cattivo Black Mask, Renee Montoya, la più brillante detective del dipartimento di polizia di Gotham, combatte per dimostrare il suo valore ai suoi colleghi maschilisti, e poi c’è la giovane Cassandra Cain, che si è messa nei guai entrando in possesso di un preziosissimo diamante e che è subito diventata la pupilla di Harley Quinn.

Da sottomessa a mentore, a leader indiscusso, questa è la fantasmagorica rinascita di Harley Quinn, protagonista assoluta di Birds of prey, in cui tutta la giostra di Ghotham gira attorno a lei, che scorrazza con pattini e martello mietendo vittime senza sosta. Ma nonostante la violenza spietata e la brutalità che hanno sempre contraddistinto Gotham City siano rimaste immutate, la città non ha più nulla della metropoli cupa e fumosa che faceva da sfondo alle avventure di Batman. Perché Cathy Yan mostra la città attraverso gli occhi di Harley Quinn, dal suo punto di vista, e l’immagine che arriva è quella di un gigantesco luna park, di un’esplosione di colore e musica, in cui di Batman non resta altro che il simulacro di una iena che porta il suo nome.

Birds of prey è Harley Quinn, nient’altro. Un viaggio lisergico nel suo immaginario folle e complesso, ma soprattutto una celebrazione del suo potere ritrovato, della sua forza. Che ci siano o no dei nemici da combattere, o dei nuovi alleati, passano sicuramente in secondo piano rispetto a questo straordinario personaggio, che rispetto a Suicide Squad, qui ha finalmente il giusto respiro per raccontarsi e per scatenarsi, senza vincoli, senza freni. Libera dalla presenza ingombrante di Joker, Harley esprime finalmente a pieno il suo potenziale e diventa un’icona non meno potente del suo maestro, e soprattutto più sfaccettata e incontrollabile, portando alle stelle l’attesa per le sue prossime mosse.