#DeCamera – Baccaccio al tempo dei social

#DeCamera – Baccaccio al tempo dei social, di Igor Loddo

La compagnia Io Non Parlo Sono Parlato unisce competenze e percorsi dei suoi membri per elaborare progetti nuovi, volti a far progredire ed evolvere artisti e spettatori. Tra i suoi primi lavori emerge lo spettacolo #DeCamera – Baccaccio al tempo dei social, portato in scena sul palco del Roma Fringe Festival 2015, per la regia di Igor Loddo.

Recensione di Manuel Porretta

Uno schermo grande come il palco separa lo spettatore dall’attore. È un muro traslucido che si innalza a dividere la realtà tangibile da quella virtuale, quest’ultima rifugio e scappatoia dove potersi confessare e costruire identità molteplici, per vivere in mondi distanti e differenti.

Lo spettacolo “#DeCamera – Baccaccio al tempo dei social” indaga proprio sul confine che ci separa da un’identità che non raccontiamo, che si moltiplica come i mondi virtuali che visitiamo, con la quale entriamo in conflitto o che vorremmo avere anche nel mondo reale. Il web è roccaforte per custodire sogni e sfoghi, un castello dietro le cui alte mura la nostra inibizione vacilla, freme fino a creparsi e ad andare in frantumi. Così, sicuri che avvolti dalla virtualità il nostro volto sia irriconoscibile e la nostra anima salva, sfoghiamo i nostri segreti, ci lasciamo andare nel fiume della virtualità, spogliandoci delle maschere che indossiamo quotidianamente. Come i giovani delle novelle di Boccaccio si raccontano storie disinibite, protetti dalla villa in cui si sono rifugiati, altrettanto noi ci lasciamo andare quando attraversiamo lo schermo.

I versi di Boccaccio, recitati da Alessia Candido e Chiara Cosentino, guidano lo spettatore tra videoproiezioni, musica antica e moderna verso la consapevolezza che ogni essere umano ha bisogno dell’altrui approvazione per poter vivere. Se non veniamo accettati, usciamo dal mondo, scivolando al margine della società lambiti dal nulla. Le novelle boccaccesche, nel momento stesso in cui vengono raccontate dalle due attrici, subiscono una traslitterazione, diventando hashtag, tweet, post su Facebook sul grande schermo.

La commistione di linguaggi e mezzi crea un paragone stridente tra la narrazione trecentesca e la nuova modalità espressiva dei giovani, lapidaria e composta di impressioni. Un confronto che però appare meno netto quando riusciamo a renderci conto che si tratta solo di un nuovo modo di raccontare se stessi, di farsi percepire dal prossimo. Dietro un Like su Facebook c’è più di quanto possiamo sospettare.