“Se si maneggiassero più libri che armi, non si vedrebbero tante stragi e tanti misfatti, tante brutture, tanta insipida lussuria”
Aldo Manunzio, stampatore (1449-1515)
Impastato nelle tinte degli affreschi e nella carta dei poemi, Festina Lente racconta il cinquanta anni di Rinascimento italiano attraverso gli occhi di Vittoria Colonna, poetessa raffinata e guerriera del suo tempo, capace di combattere le ingiustizie in punta di penna, e di guadagnarsi la stima di artisti e regnanti con la sola forza della cultura. Dotata di grazia ma ancora più di coraggio, Vittoria è stata data in sposa a soli diciannove anni a Francesco Ferrante D’Avalos sull’isola di Ischia, dopo che Papa Alessandro VI Borgia aveva confiscato tutto ciò che possedeva la sua famiglia, ma è rimasta prematuramente vedova dopo che suo marito è caduto combattendo al fianco di Carlo V e del Sacro Romano Impero.
Rimasta sola a fronteggiare un’Italia oppressa dalle guerre e da una corte pontificia spietata, Vittoria ha stretto attorno alla sua corte gli artisti e i letterati più influenti del Rinascimento, come Ludovico Ariosto, Pietro Aretino e Michelangelo Buonarroti, di cui era amica e confidente, e proprio grazie alla sua smisurata sensibilità e cultura è riuscita a superare il ruolo che il suo tempo le imponeva, guadagnando la stima della società maschilista della sua epoca. Vittoria ricamava versi invece che arazzi, ma proprio nella sua diversità rispetto alle altre donne stava il suo valore, quello che l’ha consacrata all’immortalità e le ha permesso di dare avvio a una rivoluzione silenziosa, che voleva cambiare il mondo passando per l’arte e non per la spada. E anche se il suo grembo non è stato fertile di eredi, Vittoria ha dato vita a qualcosa di molto più prezioso, un circolo artisti illuminati che ha prodotto le opere più significative del Cinquecento.
Lucilla Colonna, regista illuminata di Festina Lente, ha riportato alla luce la storia di questa donna straordinaria attraverso un film, opera d’arte contemporanea e mezzo privilegiato di narrazione del nostro secolo. Vittoria Colonna torna a vivere, a parlare e soprattutto a scrivere, reincarnata nella bravissima Francesca Ceci, in un’epoca in cui il le donne non sono ancora riuscite a svincolarsi dal ruolo che gli è stato cucito addosso dalle generazioni precedenti, e l’arte rappresenta ancora un forte strumento di affermazione. Lucilla Colonna come Vittoria è riuscita nel suo intento, realizzando con questo film un piccolo miracolo, in cui l’amore per la bellezza e per l’arte del Rinascimento traspare da ogni inquadratura, da ogni ricamo, da ogni paesaggio. Con grande sensibilità e passione palpabile per la materia trattata, Lucilla Colonna si è lanciata a capofitto in un’impresa ambiziosa ed estremamente complessa, visto che il film è stato auto prodotto, ma il risultato è stato stupefacente, al punto da riscuotere consensi positivi anche oltreoceano. Ancora una volta è stata una donna a farsi portavoce dell’arte del suo tempo, assumendosi il difficile compito di far conoscere ai suoi contemporanei una storia poco conosciuta, persa tra le pieghe della storia italiana, e non sorprende affatto che quest’opera così raffinata stia facendo il giro del mondo.