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Turner, di Mike Leigh

Si è da poco conclusa alla Tate Britain, Late Turner – Painting Set Free, la prima mostra interamente dedicata alle opere che J.M.W. Turner ha prodotto tra il 1835 e la sua morte nel 1851, e ora arriva sul grande schermo la pellicola di Mike Leigh sulla vita del pittore inglese, che ha lasciato Cannes senza fiato per l’interpretazione di Timothy Spall e si è aggiudicata quattro nomination all’Oscar 2015.

Un’oncia di giallo cromo, una vescica di blu oltremare, olio di papavero rosso e bianco per sciogliere i colori e la natura inizia a prendere forma, pastosa come un’onda che sommerge una nave o impalpabile come il fumo di un treno che si confonde con le nuvole. Tra le mani di William Turner il paesaggio realistico assorbe le percezioni del suo creatore e le riversa sulla tela con tutto l’impeto che portano con sé, travalicando i contorni del disegno a carboncino per sconfinare nella fluidità degli elementi naturali, che si scontrano sul cielo e annegano in un oceano di colori. Armato del suo fedele taccuino, Turner viaggia in solitaria attraverso tutta l’Europa per osservare con i suoi stessi occhi la maestosità della natura e riprodurla on plain air con pochi tratti di matita, perché l’unico modo per dipingere un paesaggio è quello di viverlo, immergendo lo sguardo nella la luce che lo inonda, facendosi travolgere dalla violenza del mare in tempesta o cullare dai placidi laghi della campagna inglese.

Nonostante i rischi che correva esponendosi gli agenti atmosferici, la malattia e le fatiche del viaggio, questo pittore controtendenza non si è mai fermato nella sua ricerca della luce e dell’esplosione delle forze della natura, né tanto meno adeguato al gusto dei suoi celebri colleghi, che elogiavano nei salotti ritratti di nobildonne e rappresentazioni minuziose di grandi battaglie eseguite negli atelier asettici dei palazzi. Nella sua arte le scene di guerra e i loro illustri protagonisti sono sempre rimasti confinati sullo sfondo rispetto alle catastrofi naturali, ma non meno apprezzati dai critici d’arte più lungimiranti come John Ruskin, precursore illuminato dell’Art Nouveau, che vedeva oltre le macchie di colore con cui Turner imbrattava le sue tele e ne coglieva lo spirito più profondo definendolo “l’artista che più di ogni altro era capace di rappresentare gli umori della natura in modo emozionante e sincero”.

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Turner e la natura si compenetrano e in ogni fotogramma di Leigh emerge l’amore del pittore per gli elementi, come l’acqua, la terra, la pioggia e il vento, che gli donano la pace dei sensi e lo accolgono amorevolmente nel paesaggio, a differenza degli esseri umani, che non sporcano mai la tela con la loro presenza incombente. Per quanto Turner riesca infatti ad esternare efficacemente l’anima della natura attraverso le sue corpose pennellate, non è altrettanto abile a destreggiarsi con le persone, che lo fanno sentire goffo e inadeguato anche a pronunciare anche poche parole di senso compiuto. Dopotutto, come afferma il suo anziano padre, William ha imparato prima a disegnare che a parlare, e non sorprende che Mike Leigh abbia costruito questo straordinario personaggio proprio sulla base di questa misantropia malcelata, contraltare di una sensibilità fuori dal comune, nota solo a coloro che gli hanno vissuto accanto. L’anima del pittore è stata racchiusa qui nel corpo di Timothy Spall, che asseconda alla perfezione le movenze goffe di un artista che si muove a fatica tra la gente, mugugnando come un vecchio orso, e che non distoglie mai gli occhi dai suoi quadri, come per cercare tra i colori accesi che li animano la sicurezza di cui ha bisogno per affrontare un mondo ostile.

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L’uomo è solo nel bel mezzo del paesaggio e non ha paura di essere portato via dal vento o dalle onde. Ogni volta che l’obiettivo coglie Turner nei suoi momenti di solitudine la scena si apre su una dipinto mastodontico in cui la presenza umana non copre più che una piccola parte nello spettacolo della natura. Leigh come un pittore raffinato  si sofferma su questi istanti di solitudine profonda e ricrea nelle sue inquadrature la pittura romantica, riportando in vita l’arte di Turner, con i suoi elefanti sovrastati dal mare in burrasca, e il legame profondo tra l’uomo e gli elementi naturali celebrata dal tedesco Caspar David Friedich nei suoi paesaggi simbolici. Il quadro cinematografico ricalca la tela in ogni istante e trasforma la storia di una vita nella storia dell’arte di un’intera epoca, che ricostruisce gli eventi pubblici e i momenti privati attraverso la sensibilità di un pittore, che non ha mai smesso di cercare la luce perfetta e immortalare sulla carta i quadri che si presentavano davanti ai suoi occhi.