Laura Sicignano

La strega, di Laura Sicignano

Per la V edizione del Festival Inventaria, il Teatro dell’Orologio ha ospitato il Teatro Cargo di Genova. Sul palco si muovono superstizione e paura, parlano odio e rabbia ne “La strega”, un’opera di Laura Sicignano tratta dal romanzo di Luca Vassalli “La chimera”. Nel XVII secolo l’inquisizione non è ancora un ricordo, il peccato si paga, l’ignoranza brucia fino a consumare le ossa e l’anima.

Recensione di Manuel Porretta

Una corona di mele e candele bianche sono l’enclave magico in cui l’intero spettacolo prende forma. A disporle è una narratrice dalla camiciola bianca, dalla lunga gonna rossa e un medaglione sul petto. La sala Gassman del Teatro dell’Orologio diventa una stalla, una vecchia casupola in cui una vicenda ancora più antica viene rievocata. È la storia di Antonia, neonata abbandonata in una fredda giornata di gennaio davanti alla Casa della Carità di Novara. Ma di carità, nella sua vita, Antonia ne riceverà ben poca. Nel convento dove cresce come esposta è vittima per la prima volta del peccato più grave che possa commettere: la bellezza. Se lo trascina dietro come un lungo strascico, che raccoglie occhiate lascive, sguardi di invidia e disapprovazione, pettegolezzi e odio, come fossero foglie secche e marcite. È una colpa che cresce con l’età, che prende la forma di due grandi occhi neri e ricci ribelli e si concretizza nel dipinto sacro in cui Antonia è il volto e il corpo della Madonna. E non può essere acconsentito che la madre di Cristo sia così bella, che ispiri così tanti pensieri incontrollabili. Quella bellezza è innaturale, è un dono demoniaco, Antonia è senza dubbio una strega. Le chiacchiere diventano maldicenze e le maldicenze diventano calunnie e infine prove di colpevolezza. Antonia si unisce al diavolo, fascina uomini e donne, compie sabba sotto il grande castagno. L’inquisizione è la paura che brucia, è il pregiudizio che arde di livore e ignoranza e Antonia è uno dei pesci tra le maglie strette della rete di odio e superstizione che la Chiesa getta nel mare dei peccatori.

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Lo spettacolo La strega ha decine di volti e decine di voci, ma un’unica attrice: Fiammetta Bellone. Suore, risaroli, camminanti, briganti, preti e comari si alternano in rapida successione, si intersecano al racconto della narratrice, ai suoi occhi rabbiosi e alla bocca arricciata in disgusto per ciò che non vuole tacere. Lo sguardo non fugge, si posa sullo spettatore e attende quasi che ceda, che subisca anch’esso il peso della responsabilità, che non si senta immune dalla colpa. Perché sono proprio il pregiudizio e la paura ad essere messi sotto processo, è un Dio lontano che viene condannato, è il nostro voltarci dall’altra parte ad essere additato. Siamo noi che ci commuoviamo per Antonia, ma siamo sempre noi ad appiccare il rogo che divora chi è diverso.