Mark Wahlberg

Boston – Caccia all’uomo, di Peter Berg

Fondata nel 1630, Boston è una delle città più antiche degli Stati Uniti. Orgogliosa del grande ruolo avuto nella guerra d’Indipendenza Americana, il terzo lunedì di aprile, Boston celebra il Patriots’ Day ospitando una maratona per le strade della città, mentre i Red Sox giocano a Fenway Park. Boston – Caccia all’uomo ricostruisce l’attentato terroristico avvenuto il 15 aprile 2013 proprio durante lo svolgimento della maratona. Il regista Peter Berg [Deepwater – Inferno sull’oceano], autore anche della sceneggiatura insieme a Matt Cook [Triple 9] a partire da un soggetto scritto dai due con gli acclamati autori di The fighter, Eric Hohnson e Paul Tamsy, racconta con meticolosità i principali eventi di quelle 105 ore di angoscia, attraverso le storie dei protagonisti, interpretati da attori dalle comprovate professionalità ed espressività: Mark Wahlberg [Max Payne, Amabili resti, Ted, Transformers – L’ultimo cavaliere], Kevin Bacon [Sleepers, Mystic RiverDeath sentence, Cop car], Michelle Monaghan [The best of me, Source code, Sleepless – Il giustiziere, Pixels], John Goodman [Argo10 Cloverfield Lane, Kong: Skull Island], J. K. Simmons [Whiplash, La La Land, The accountant]. Gli appassionati di baseball non potranno non riconoscere tra gli interpreti David “Big Papi” Ortiz, maglia n. 34 dei Red Sox, leader e protagonista del titolo nelle World Series di quell’anno, che replica il suo discorso, conciso ma puntuale, in uno stadio finalmente festante non solo per la vittoria sportiva: «This is our fucking city and nobody is going to dictate our freedom! Stay strong!».

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Ne risulta un film corale, che non scade mai nel vittimismo, che privilegia lo stile del documentario grezzo, anche per poter sfruttare appieno le potenzialità del prezioso materiale d’archivio originale, senza creare delle nette linee di demarcazione in fase di montaggio, che distolgano lo spettatore dal centro dell’azione e dall’empatia generata.

L’attentato, i giorni d’attesa che l’hanno seguito e la contemporanea caccia all’uomo sono cadenzati dalle vicende di personaggi tutti diversi, eroi ognuno a suo modo, che permettono di ampliare la gamma di sentimenti e ricostruire un vissuto perfettamente verosimile. Dalla ricerca delle prove all’analisi dei resti delle bombe artigianali utilizzate dai responsabili dell’attacco, dai primi soccorsi alle molteplici operazioni in ospedale, tutto contribuisce a rendere la città di Boston un vero e proprio personaggio: «Quello che è speciale di questa storia, – confessa il regista – è il modo in cui la città ha gestito la situazione, qualcosa che ha a che vedere con lo spirito della città, la determinazione e l’impegno di tutti per risolvere la questione».

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Peter Berg è ormai il regista ideale per la produzione di questo genere di film. Lone survivor, Deepwater – Inferno sull’oceano, Boston – Caccia all’uomo sono tutti prodotti che coniugano alla perfezione l’intento didascalico-celebrativo, tipico del documentario, con la spettacolarizzazione delle vicende, tipica del thriller catastrofico. Mark Wahlberg, attore-feticcio ormai, di Berg e delle sue ammirevoli ricostruzioni cinematografiche, cresciuto proprio in un quartiere di Boston, è stato inizialmente reticente a prendere parte al progetto, considerando l’evento ancora troppo vivido nella memoria del popolo americano, ma poi «ho pensato che se non lo facevamo noi, lo avrebbe fatto qualcun’altro, e magari con meno rispetto e considerazione, e allora sarebbe stato peggio». Morale della favola: Wahlberg partecipa non solo come attore protagonista ottenendo una nomination agli Oscar®, ma impegnandosi anche come produttore.

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In Boston – Caccia all’uomo, come negli altri film di Berg, l’apporto del settore tecnico-artistico risulta fondamentale fin dalle riprese: il montaggio sonoro [Pietro Mura] sfrutta gli elementi naturali senza ricorrere ai classici artifici da cinema d’azione; le riprese si sono svolte per quanto possibile nei luoghi effettivi dell’attacco terroristico e la successione in ordine cronologico delle scene da girare ha permesso una maggior attenzione al dettaglio e alla continuità per quanto riguarda i costumi di Virginia B. Johnson [Il caso Spotlight, Black mass – L’ultimo gangster], le scenografie di Tom Duffield [Hell or high water], il trucco e gli effetti; i protagonisti veri sono sempre stati interpellati e invitati sul set a supportare con la loro diretta esperienza attori e crew. Infine, la musica [Trent Reznor e Atticus Rose, vincitori dell’Oscar® con The social network e Gone girl], caratterizzata principalmente dalle percussioni, è a tratti acuta e volutamente disturbante per sottolineare la ricercata empatia di sentimenti e azione.

L’obiettivo ultimo di Boston – Caccia all’uomo è, ovviamente, restituire speranza e ottimismo al pubblico: «Spero che il film funzioni come esperienza emotiva – esterna Peter Berg – che lo spettatore sia trasportato per due ore nella tensione e nell’intensità che hanno caratterizzato quelle 105 ore intercorse fra l’attentato e la cattura dei fratelli responsabili. E spero possa diventare un’opportunità di discussione del fatto che, alla fine l’amore vince sempre». Una frase che sembra fare il paio con la linea di dialogo più importante del film: «Se il Diavolo sferra un attacco con cosa possiamo combattere? Con una sola arma: l’amore».

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Daddy’s Home, di Sean Anders

Brad (Will Ferrell) è un patrigno perfetto, sempre attento alle necessità dei suoi bambini e onnipresente nelle attività scolastiche, che alterna magistralmente con il suo lavoro in una buffa radio locale di smooth jazz. Anche con la bellissima Sarah va tutto alla perfezione, lei lo ama da impazzire e anche i suoi figli stanno imparando ad amarlo, anche se non è il loro padre biologico. Sembra che nulla possa turbare il loro incantevole quadretto familiare fino a che, all’improvviso non si presenta alla loro porta Dusty (Mark Wahlberg), il padre biologico dei bambini, nonché il primo grande amore di Sarah. Se Jesse James e Mick Jagger avessero avuto un figlio sarebbe stato lui, Dusty, l’uomo col chiodo che fa impallidire i mariti di tutto il mondo. A differenza di Brad, più  morbido e goffo, lui è un tipo sicuro di sé e, nonostante il suo aspetto da duro, riesce a conquistare chiunque lo conosca a prima vista, a partire dai suoi bambini, che immediatamente restano rapiti da questo personaggio così incredibilmente avventuroso e anticonformista.

La guerra con Brad è aperta e i due pretendenti al ruolo di re della casa si sfidano con ogni arma a loro disposizione, senza esclusione di colpi bassi. Dusty è vincente in tutto ciò che fa, stupisce i bambini con effetti speciali di cui solo lui è capace, e non perde occasione di sfoggiare il suo fisico da marine davanti alla moglie, facendo patire a Brad le pene dell’inferno. Mentre a lui non resta che puntare tutto sulla costanza nelle attività quotidiane che un buon padre deve svolgere, come accompagnare i bambini a scuola in orario e non dimenticare mai il bacio della buonanotte. Chi vincerà la battaglia dei papà?

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Gli scatenati papà non sono altro che Will Ferrell e Mark Wahlberg, la coppia di poliziotti di riserva che nell’action comedy del 2010 hanno portato scompiglio a New York e che ora tornano a far sorridere in una dimensione familiare più intima della città, ma non meno aperta a una serie infinita di equivoci e situazioni esilaranti. Sean Anders punta tutto sul contrasto tra gli opposti tra le loro due personalità, giocando sugli stereotipi maschili del bello e dannato e del bravo ragazzo goffo, così come aveva fatto Adam McKay, e li mette alla prova in uno scontro che non mette limiti all’immaginazione.

Le gag si susseguono senza pause e si mescolano sapientemente con una comicità slapstick che non risulta mai volgare e fa sorridere con garbo sul tema non convenzionale della paternità.  Sean Anders riesce nel suo intento e confeziona una commedia brillante, che segue la linea della sua filmografia e stupisce per la leggerezza con cui riesce ad affrontare i conflitti familiari, trattando i sentimenti con tutta la delicatezza di cui è capace.