Una porta rossa che si apre. Si affaccia una ragazza a piedi nudi. È schiaffeggiata dalla luce del giorno. Il vento le accarezza i capelli. Indossa un vestito sporco, datato. Scende i gradini con passo leggero, quasi timoroso. Calpesta un fiore. È in quel momento che il suo sguardo cambia. Quell’aria di tranquillità, di discrezione è sostituita da una consapevolezza, come se si fosse resa conto che quel fiore non è altri che lei stessa. È qui che ha inizio la sua corsa, la sua fuga.
È quello spiraglio tra la porta rossa e il giardino a introdurci in Thirteen, miniserie iniziata il 28 febbraio 2016 sul canale BBC Three, creata e scritta da Marnie Dickens. Thirteen, tredici, è un numero che si ripete spesso nella storia. Sono gli anni di Ivy Moxam (Jodie Comer) quando è rapita, ma corrispondono anche alla durata della sua prigionia e convivenza con il suo sequestratore.
La serie di cinque episodi inizia quando la ragazza, ormai ventiseienne, riesce a liberarsi, chiede aiuto ed è ritrovata dalla polizia. Non le è risparmiato nulla: il controllo medico e psicologico, l’interrogatorio, il prelievo del DNA per confermare l’identità, ma anche la telefonata alla famiglia e l’abbraccio sognato in tutti gli anni di prigionia, le lacrime.
La storia così imbocca due strade parallele. Da un lato l’indagine sul rapimento che fa assumere alla serie un tono metodico da serial poliziesco, thriller. Dall’altro il ritorno di Ivy a casa, dalla sua famiglia e dagli affetti, fa virare l’atmosfera su un’intensità drammatica, in cui le emozioni sono le protagoniste. Le due strade però non saranno così divise.
Alcuni elementi attraversano questi confini, varcano il ciglio di una strada e approdano nell’altra, come poliziotti troppo empatici o una freddezza imperscrutabile della ragazza rapita. Quest’altalena di punti di vista, di variazioni, è il punto forte della miniserie. Gli spettatori, ricostruendo a poco a poco il puzzle della lunga prigionia, si ritroveranno a mirare un quadro dalle molteplici sfumature e a provare sentimenti contrastanti verso la protagonista. Non le crederanno, proveranno fastidio per le sue bugie, ma anche affetto, commozione, rideranno dei suoi buffi approcci alle moderne tecnologie. Tutto questo per capire la confusione, l’ingenuità e l’insicurezza di una ragazza che per tredici anni ha vissuto in una realtà parallela, statica, lontana dagli affetti. Una ventiseienne che però agisce e pensa come un’adolescente, catapultata improvvisamente nel vortice veloce della vita reale.
Sono analizzati anche i comportamenti delle persone intorno a Ivy. Non esiste un manuale da poter utilizzare per aiutare una figlia, una sorella o un’amica scappata da un sequestratore. La loro vita, nei tredici anni di assenza, è andata avanti, anche se con un lembo di malinconia e tristezza a velarne il cuore. Quando si affrontano argomenti delicati, o meglio ci si rapporta con persone fragili, basta poco per sbagliare. Ivy dovrà affrontare nuovamente la solitudine, diversa da quella vissuta finora, ma non meno dolorosa.
Thirteen è un continuo contrasto che porterà a vivere gran parte delle emozioni possibili. Questo grazie anche a un’ottima recitazione di Jodie Comer, brava a interpretare un personaggio dalle molteplici sfaccettature.