L’attore e regista statunitense Matt Dillon è sbarcato alla Festa del Cinema di Roma in qualità di Presidente della Giuria del premio Camera D’Oro Taodue per la sezione Alice nella Città, mostrando grande entusiasmo per questa esperienza.”È la prima volta che mi trovo nei panni del presidente di giuria e devo ammettere che è un compito alquanto difficile giudicare un film, perché avendo lavorato sia come attore che come regista so bene quanto sia difficile, ma in questo caso il livello dei film è straordinario e pur essendo ospite in una città meravigliosa ho accettato volentieri di passare diverso tempo in una sala cinematografica per vedere i 12 film in gara”.
Matt Dillon, noto per le sue memorabili interpretazioni in Rusty il selvaggio, Tutti pazzi per Mary e nella più recente serie TV Wayward Pines, ha scelto di affiancare la carriera di attore a quella di regista e, dopo aver debuttato nel 2002 con City of Ghosts, è nuovamente impegnato in un progetto cinematografico che lo vede dietro la macchina da presa: “È da molto tempo che non faccio il regista, e non perché questa esperienza non mi sia piaciuta ma perché nasco come attore e questa è una benedizione e una maledizione allo stesso tempo. Il film che sto realizzando è un documentario su Francisco Fellové, conosciuto nel mondo del jazz come El Gran Fellové. Le riprese sono iniziate nel 1999, quando il cantante stava incidendo il suo ultimo disco, ma non avevo ancora usato il materiale che avevo girato. Ora è giunto il momento di farlo”. Ma cosa significa essere un attore e un regista allo stesso tempo? “Siamo quello che siamo perché dipendiamo dalle circostanze. Questo documentario pur non trattando di me è molto personale, perché parla di un uomo povero, di un nero vissuto in un’epoca in vivere a Cuba non era semplice ma che è riuscito a superare le difficoltà. Essendo un attore mi ritengo molto fortunato perché faccio un lavoro che amo, ma ciò nonostante non dimentico le mie origini. Quello che cerco in un film è l’autenticità e i film in concorso qui a Roma trattano di tematiche che riguardano i giovani e le difficoltà da superare, per questo sono onorato di far parte di questa giuria, perché spero di poter dare ad almeno uno di loro una chance per sfondare nel mondo del cinema”.
Rusty il selvaggio, di Francis Ford Coppola in DVD
Rusty il selvaggio [Rumble Fish], diretto, sceneggiato e prodotto nel 1983 da Francis Ford Coppola, è basato sull’omonimo romanzo per ragazzi di Susan Eloise Hinton, che ha contribuito a questa sceneggiatura che se, oggi, all’apparenza, risulta ingenua, trova la sua grandezza nelle potenzialmente infinite riflessioni filosofico-sociali che scatena ad ogni visione. Un piccolo capolavoro della storia del cinema che non può mancare nella collezione di qualsiasi cinefilo.
«Anche le società più primitive hanno un innato rispetto per gli alienati».
Rusty James [Matt Dillon] vive una vita che non è la sua. Schiavo del desiderio di emulare il fratello [Mickey Rourke], il ragazzo, ancora teenager, è il capo di una poco temibile gang in un’anonima cittadina industriale in degrado, un non-luogo che assume per antonomasia i connotati di un qualsiasi posto in qualsiasi tempo, nel palese intento di fornire all’intera vicenda valori di universalità, come fosse una parabola esemplare. Nel ricordo del fratello, nel continuo confronto a distanza, tra piccoli reati, ingenui atteggiamenti da bad boy e lotte per la supremazia territoriale, il tempo scorre inesorabile senza che per Rusty James si compia una svolta degna di nota.
Per questo motivo gli orologi campeggiano in ogni scena del film e anche la colonna sonora è contaminata da ticchettii, battiti cardiaci e altri suoni elaborati in modo da scandire bene il tempo che passa ed il destino che incombe. Un’atmosfera surreale che sfrutta moltissimi elementi del registro espressionistico, dal bianco e nero fortemente contrastato alle ombre aggiunte in post-produzione, dalla presenza di oggetti fuori dal contesto ordinario, come la nebbia prevaricante, o fuori dimensione, come il famoso orologio senza lancette, per comunicare allo spettatore uno stato d’animo di angoscia e preoccupazione per la sorte dei personaggi, intrappolati in un loop molto simile a quello che vivono gli animali del pet shop, soprattutto i pesci combattenti del titolo originale [Rumble fish], unico elemento sempre a colori in un film significativamente in bianco e nero.
Lo straniamento visivo va di pari passo con l’alienazione vissuta dai personaggi, soprattutto dal personaggio interpretato da Mickey Rourke, che è diventato da tempo daltonico e che, quindi, coincide, anche se non perfettamente, con il punto di vista della macchina da presa e, di conseguenza, con quello dello spettatore: «Mi dispiace un po’ non vedere i colori».
I dialoghi amletici fanno da collante alle vicende e la struttura di matrice shakespeariana è confermata dal masque finale, una figura retorica del cinema mutuata dal teatro elisabettiano che permette di inquadrare tutti i personaggi principali nello stesso long take su carrello. Un virtuosismo tecnico-poetico spesso utilizzato da autori come Peter Greenaway o Wes Anderson, ma che raramente troviamo in Francis Ford Coppola e nella corrente della Nuova Hollywood, di cui il regista ha fatto parte e nella quale va annoverato Rusty il selvaggio. Non per niente Coppola lo considera uno dei 5 propri film che gli sono più cari, probabilmente è uno dei più sentiti, dedicato al fratello August «il suo primo insegnante».
Emblematico, poi, il fatto che Rusty James venga chiamato per nome almeno 50 volte, cioè approssimativamente ogni due minuti, mentre non è mai pronunciato il nome del fantomatico fratello, il messia che tutti aspettano torni dal suo lungo viaggio e che, invece, ha maturato, nel suo percorso lontano da quell’angusta cittadina, un profondo senso critico che lo rende un corpo estraneo, in bilico tra il genio e la pazzia. Ma qual è, allora, il senso del suo ritorno? Deve riprendersi il suo regno, come predetto dalle scritte sui muri: “the motorcycle boy reigns”? Deve portare la “luce” all’uomo della caverna?
Il poliziotto che lo detesta e lo vorrebbe di nuovo lontano, mette in guardia Rusty James dicendo: «Voi lo credete qualcosa che lui non è: non è un eroe!». O forse sì, ma non secondo gli stereotipi: forse è l’outsider che ha allargato i suoi orizzonti e che si sente in dovere di liberare il fratello minore dalla prigionia di un codice comportamentale che si è autoimposto per compiacerlo ed imitarlo, per scrollargli di dosso quel destino che, tragico, sembra aspettarlo dietro ogni angolo di strada, per innalzarlo finalmente ad un livello pari o superiore al suo, dando l’esempio giusto che nessuno gli ha dato.
Il gesto di liberare gli animali dalle gabbie e soprattutto i pesci combattenti dall’acquario assume un significato allegorico che stimola ulteriori riflessioni anche dal punto di vista tecnico.
Le inquadrature, per tutto il film, rimarcano la limitatezza umana: i personaggi sono spesso inquadrati dall’alto a comunicare un continuo senso di inferiorità e in Rusty questo si traduce nella continua sconfitta di fronte a “Quello con la moto” [“Motorcycle Boy”, nella versione originale], come tutti in città chiamano il fratello, nonostante da tempo abbia fatto perdere le sue tracce, in sella alla sua moto. Il tempo e l’assenza hanno alimentato le leggende intorno al personaggio: «Una specie di re in esilio. Accidenti! Gli riesce tutto!», nonostante la sua riluttanza – «Sono un po’ stufo di fare il Robin Hood o il pifferaio magico. Preferisco restare un’attrazione locale, se sei d’accordo…»
I personaggi sono ignari di essere fuori dal contesto e l’unico che se ne accorge, “quello della moto” passa per matto, ma ha il compito ultimo di mettere in guardia Rusty James circa il suo destino: «Ehi, su con la vita! Le bande torneranno. Basterà che sparisca la roba. Sai, La gente ricomincerà a socializzare. Le vedrai ritornare le bande… Se vivrai abbastanza!». Quello che si evince dai discorsi filosofici del carismatico fratello maggiore è che si vinca o si perda, in quella gabbia in cui vivono, il sapore che si sente tra i denti, mescolato al sangue e al sudore, è quello amaro della “vittoria di Pirro”, imprigionati come sono in un’impasse simile a quello dei pesci combattenti, oggetti d’intrattenimento senza alcuna libertà d’azione, ingranaggi di un orologio che segna solo il tempo che passa.
«Appartengono al fiume. Non combatterebbero se fossero nel fiume. Se avessero spazio»
Le inquadrature dal basso, utilizzate per attribuire importanza al soggetto, sono pochissime e sono compatibili, infatti, proprio con i tentativi di fare qualcosa per uscire dallo status quo. Anche gli elementi espressionisti decontestualizzati, ma non certo fuori posto, contribuiscono a comunicare evasione: l’angoscioso pensiero, il delirio della febbre, il viaggio astrale sono occasioni per utilizzare distorsioni sonore e visive, contrasti più forti, architetture e ombre incombenti, nebbie inverosimili, inquadrature fuori bolla, time lapse, sovrimpressioni e dissolvenze incrociate multiple, sono tutti elementi che spesso sconfinano anche nella realtà filmica, che assume, quindi, i connotati di una pseudo-realtà che si rivela costruita fin da subito su di un castello di carte, su illusioni inconcludenti che hanno il cluster più evidente nella prigionia autoinflitta di Rusty James.
L’unica svolta possibile è uscire prepotentemente dalla gabbia, liberarsi delle zavorre che non permettono di spiccare il volo, compiere un viaggio che possa aprire gli orizzonti, un viaggio in moto, in solitaria, come lo ha fatto “quello della moto”.
L’esortazione «Voglio che tu segua il fiume fino all’oceano» segna la svolta nella vita dei due protagonisti e l’emancipazione definitiva del piccolo pesce da combattimento che prende finalmente il posto del fratello in sella alla moto e parte verso un nuovo destino, stavolta reale e di prospettiva, frutto del crepuscolo del mito, dalla morte di ogni leggenda.
Nell’ultima inquadratura, i gabbiani volano liberi intorno a Rusty James, che osserva l’oceano, sconfinato come il cielo, mentre tutta sembra comunicare libertà.
IL DVD
REGIA: Francis Ford Coppola INTERPRETI: Matt Dillon, Mickey Rourke, Vincent Spano, Diane Lane, Diana Scarwid, Nicolas Cage, Dennis Hopper, Tom Waits, Lawrence “Larry” Fishbourne, Chris “Christopher” Penn TITOLO ORIGINALE: Rumble fish GENERE: drammatico DURATA: 90′ ORIGINE: USA, 1983 LINGUE: Italiano 5.1, Italiano 2.0, Inglese 5.1 SOTTOTITOLI: Italiano EXTRA: Making of – Clip musicale “Don’t box me in” – “The percussion bassed score” – Scene tagliate DISTRIBUZIONE: CG Entertainment
Pubblicato da CG Entertainment, Rusty il selvaggio è disponibile in dvd e blu ray, corredato da una nutrita sezione extra composta dalla sequenza di scene tagliate, dall’interessante Making of corredato di storyboard, in cui spicca il dietro le quinte del viaggio astrale di Rusty James mentre è esanime dopo una rissa, e da un ancora più suggestivo The percussion bassed score, che approfondisce la realizzazione della colonna sonora a cura di Stewart Copeland [Wall Street, Talk Radio], ex-batterista dei Police, scioltisi proprio l’anno precedente al film.
Molto istruttivo ascoltare come, in tempi lontanissimi dalle odierne tecniche digitali, si dovevano creare artigianalmente i temi musicali che, per questo film surreale, basato sul circolo vizioso e sulle prigioni mentali, non potevano che essere replicati in un loop.