Matthew McConaughey

Sing, di Garth Jennings

L’ansia dell’attesa, il mormorio del pubblico, l’adrenalina che sale. Poi improvvisamente senti gridare il tuo nome. Arrivi sul palcoscenico e il sipario si apre. Luci e sguardi sono su di te. Un respiro profondo per prepararsi a liberare la propria voce, cantare e trasmettere a tutti la propria passione, emozionando.

Sono queste le sensazioni che vorrebbero sempre provare i protagonisti di Sing, il nuovo film prodotto da Illumination Entertainment (Cattivissimo me, Minions, Pets), scritto e diretto da Garth Jennings, che uscirà nelle sale italiane il 4 gennaio 2017.

Academy Award® winner MATTHEW MCCONAUGHEY stars as dapper koala Buster Moon and writer/director GARTH JENNINGS voices elderly lizard Miss Crawly in the event film "Sing," from Illumination Entertainment and Universal Pictures.
Protagonista è l’ottimista koala Buster Moon, proprietario di un teatro sull’orlo del fallimento. Spinto dalla sua enorme passione per lo spettacolo e in ricordo dei sacrifici del padre, Buster ha un’ultima idea per salvare il suo lavoro, ossia realizzare la più grande competizione canora dell’anno. Tra i numerosi talenti a spiccare saranno coloro per cui il canto è l’ancora di salvezza da una vita monotona e poco avvincente. Rosita, una maialina casalinga dedita completamente alla famiglia ma poco apprezzata; Mike, un presuntuoso topo musicista di strada con un’attitudine a cacciarsi nei guai; Johnny, un gorilla adolescente in conflitto con il desiderio del padre di volerlo nella sua banda criminale; Ash, una porcospina punk-rock alla ricerca della propria indipendenza e identità. Infine c’è Meena, una timida elefantessa dalla gran voce ma terrorizzata dal palco. Tutti insieme proveranno a realizzare uno spettacolo canoro di successo ma dovranno affrontare non poche difficoltà.

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Il canto, o meglio l’amore che si prova per quest’arte, è il protagonista indiscusso di questo film. Sing si pone come un ponte tra un film d’animazione e un musical, in cui si susseguono più di ottantacinque canzoni famose di vari artisti. La passione per la musica è il mezzo con cui i protagonisti riescono ad affrontare e superare le difficoltà quotidiane. Problemi economici, insicurezze, insoddisfazioni in amore, poca autostima, diventano un lontano ricordo nel momento stesso in cui si sale su un palco e s’inizia a cantare. L’intento è sì emozionare il pubblico con la propria esibizione, ma la musica è contemporaneamente qualcosa di terapeutico per se stessi.

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Sing viaggia su due binari. Su un treno troviamo i sogni, quelli che vorremmo esaudire ma che a volte mettiamo nel cassetto e lì li dimentichiamo. Sul binario parallelo viaggia però la paura, quell’emozione che non permette di esprimere veramente se stessi e costringe a vivere nell’invisibilità. Tutti i protagonisti del film si muovono come semplici comparse sul palco della vita, non riuscendo a farsi ascoltare dalla propria famiglia, fidanzati o da se stessi. Diventare un famoso cantante rimarrà solo un sogno se prima non lacerano quel velo d’invisibilità che li separa dal mondo reale. Se inizialmente questi aspiranti cantanti viaggiano su entrambi i treni, saranno le avventure affrontate ad aiutarli a far fermare definitivamente quello della paura.

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Sing è un ottimo ibrido tra due generi cinematografici, come confermato dalle due candidature ai Premi Golden Globe nelle categorie Miglior film d’animazione e Miglior canzone originale con “Faith”, cantata da Stevie Wonder e Ariana Grande. Sing è uno spettacolo ben riuscito in cui è ricordato che tutti possono essere una star se si segue la propria passione.

Kubo e la spada magica, di Travis Knight

Quarto lungometraggio per Laika Entertainment, con i suoi oltre 145.000 fotogrammi, Kubo e la spada magica è un capolavoro di animazione in stop-motion che insidia il primato di Alla ricerca di Dory nella classifica del miglior film di animazione dell’anno e non solo, potrebbe addirittura competere con le migliori pellicole dell’anno.

Perfetta la sceneggiatura di Marc Haimes [Collateral, Transformers] e Chris Butler [ParaNorman, La sposa cadavere, Coraline e la porta magica], basata sul formidabile soggetto di Shannon Tindle [Coraline e la porta magica, I Croods] e Marc Haimes: nucleo narrativo da romanzo di formazione, struttura che richiama il viaggio dell’eroe, innestando elementi desunti dalla cultura nipponica, come origami, bunraku, samurai, cerimonie antichissime al fascino della lanterna magica, l’origine del cinematografo.

«Non battere ciglio… da ora! Presta attenzione a tutto ciò che stai per vedere e ascoltare, per quanto strano possa sembrarvi. E vi avverto: se distoglierete lo sguardo, se vi distrarrete o se dimenticherete anche una sola parte della storia, il nostro eroe di sicuro perirà!».

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Nell’antico Giappone un ragazzo senza un occhio di nome Kubo si prende cura di sua madre in una grotta su una scogliera isolata e si guadagna da vivere raccontando storie agli abitanti del vicino villaggio costiero sfruttando il potere magico di famiglia che permette di animare gli origami come in uno spettacolo bunraku, accompagnato dal suono del suo fedele shamisen, uno strumento a tre corde. Protagonista delle sue storie è il leggendario guerriero Hanzo, suo padre, che morì per difendere lui e sua madre dall’ira del nonno Raiden. Da allora madre e figlio vivono celati dalla luce della luna per non essere trovati, ma una notte, nel tentativo di comunicare con lo spirito del padre durante l’obon, la tradizionale cerimonia delle lanterne, Kubo rimane fuori dal rifugio dopo il tramonto e le malvagie zie lo trovano e faranno di tutto per strappargli l’altro occhio. Intraprendere un viaggio alla ricerca dei tre pezzi dell’armatura del padre è l’unica soluzione per salvare se stesso e la propria famiglia. Fortunatamente con lui ci sono Scimmia e Scarabeo, due insoliti aiutanti per una “quest” che va ben oltre gli oggetti in sé: la spada indistruttibile, la corazza impenetrabile e l’elmo invulnerabile sono solo una piccola parte dei segreti che Kubo dovrà scoprire.

«Sicuro non sia la spada “introvabile”?».

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Gli elementi dell’epopea avventura e della leggenda popolare si mescolano ai sentimenti che sono l’energia vitale della trama, della storia che in questo film è, a maggior ragione, l’equivalente stesso della vita. Scheletri giganti, occhi scrutanti, malvagi mascherati dovranno vedersela con la loro nemesi per antonomasia: l’amore indistruttibile, impenetrabile, invulnerabile.

«I ricordi hanno un grande potere».

La voce di Kubo, nella versione originale [Kubo and the two strings], è di Art Parkinson, che ha interpretato Ingeras, l’amato figlio di Dracula Untold, mentre a doppiare gli altri personaggi sono le star Matthew McConaughey, alla sua prima volta, Charlize Theron, Rooney Mara [Carol, Prometheus] e Ralph Fiennes [Spectre, A bigger splash]. A cotante stelle corrispondono fortunatamente grandi nomi italiani, molto esperti nel doppiaggio di film di animazione, Neri Marcorè, Domitilla D’Amico, Chiara Colizzi, Stefano Benassi, a sostegno della voce italiana di Kubo, Giulio Bartolomei.

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Kubo e la spada magica segna il debutto alla regia per Travis Knight, che non è il fratello di Michael Knight, il pilota della Supercar K.I.T.T., anche se la macchina meravigliosa che ha tirato su è altrettanto super e in quanto a fama non scherza neanche lui: ex rapper, con lo pseudonimo Chilly Tee, è da qualche anno il presidente e CEO della Laika Entertainment, nata dalle ceneri dei Will Vinton Studios, realizzatori di animazioni in claymation che hanno fatto la storia degli anni ‘80 e ’90: i cortometraggi The Creation e The Great Cognito, nominate agli Oscar rispettivamente nel 1981 e nel 1982; le animazioni di Nel fantastico mondo di Oz, sfortunato seguito de Il mago di OzSpeed demon, una delle sequenze animate di Moonwalker, e alcune trovate pubblicitarie tanto seguite da raggiungere una seppur minima serializzazione televisiva, come The California Raisin Show, da noi erroneamente intitolato Le prugne della California, ma i più famosi al momento sono i testimonial animati della MM’s, attualmente in uso.

Travis, muove i suoi primi “passo uno” come animatore proprio presso i Vinton Studios e, quando la società inizia ad aver bisogno di fondi esterni, Phil Knight, padre di Travis, nonché presidente e cofondatore della Nike, s’inserisce come azionista di maggioranza nel 2002 e in pochi anni, nel  2005, viene fondata la Laika con un supervisore d’eccezione, Henry Selick (The nightmare before Christmas, Coraline e la porta magica).

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Da allora la casa di produzione di Portland, patria di un’altra gemma come I Simpson, ha inanellato una serie di successi che, per chi conosce il lavoro maniacale che c’è dietro questo genere di animazione, sono vere e proprie opere d’arte: da La sposa cadavere a Kubo, passando per BoxTrolls, ParaNorman e il citatissimo Coraline, quest’ultimo battuto di un minuto nel primato di stop-motion movie più lungo al mondo.

«Tutte le storie hanno una fine».

Ad impreziosire un prodotto già di per sé fantastico, è stupendo poter evidenziare, per stima prima che per campanilismo, le musiche originali, studiate nel dettaglio, del pisano Dario Marianelli, premio Oscar® 2008 per Espiazione e compositore anche di BoxTrolls, Il solista, Everest, V per vendetta, Anna Karenina, Il pescatore di sogni, Agora, Jane Eyre, Orgoglio e pregiudizio, Quartet, Stanno tutti bene, Mangia prega ama, solo per citare le colonne sonore di maggior successo.

End credits da applausi con una While my guitar gently weeps di George Harrison, in una nuova versione cantata da Regina Spektor, e qualche chicca imperdibile, perciò non alzatevi immediatamente dalle poltrone, le vostre quest quotidiane possono attendere qualche altro minuto per godere fino alla fine di questo prezioso gioiello d’animazione che è Kubo e la spada magica.

«You are my quest».

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Everybody wants some di Richard Linklater: Poster e Trailer

Strana operazione quella di Richard Linklater, dove “strana” stavolta non è traducibile con il classico “weird”, uno dei suoi marchi di fabbrica. Stavolta è più qualcosa di indecifrabile. Anche per le poche informazioni che sono trapelate. Everybody wants some, in uscita ad aprile, è presentato come il sequel ideale del suo Dazed and confused (1993), in Italia passato con il titolo un po’ fuorviante La vita è un sogno. Non sarà attualizzato, come ci ha abituato la moda cinematografica degli ultimi anni, ma ambientato nel 1980. A rimarcare la vicina parentela con il film, il titolo provvisorio era That’s what I’m talking about, una linea di dialogo estratta proprio da una scena di Dazed and confused. Secondo il regista, Everybody wants some rappresenta, anche, il seguito di Boyhood (2014) perché quest’ultimo finiva proprio dove il nuovo lavoro di Linklater comincia: un ragazzo inizia la sua nuova esperienza al college ed incontra quelli che saranno i suoi compagni di stanza e una ragazza.

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Anche se i fan speravano in un ritorno di Matthew McConaughey come David “alright, alright, alright” Wooderson, il suo primo ruolo di un certo spessore, in pratica il debutto dopo la comparsata in Fantasma per amore. E invece Linklater ha preferito dei relativi sconosciuti come Zoey Dutch, Tyler Hoechlin, e Ryan Guzman che gli permettono di rivisitare l’atmosfera giovanile originale che ha portato tanta fortuna a star allora alle prime armi: oltre al già citato Matthew McConaughey, facevano parte del cast di Dazed and confused Jason London, Ben Affleck, Milla Jovovich, Cole Hauser, Renée Zellweger, Parker Posey, Adam Goldberg, Joey Lauren, Adams, Nicky Katt, e Rory Cochrane. Solo Glen Powell è stato già diretto da Linklater in Fast Food Nation (2006).

Nei primi anni ’90 Dazed and confused, insieme con il precedente Slacker, fu considerato un manifesto della Generazione X, perché i personaggi, quasi tutti ventenni, sono molto interessati a riflessioni e considerazioni intellettuali o pseudo-intellettuali piuttosto che a costruirsi una vita, una carriera e una famiglia.

Mentre Dazed and confused racconta di alcuni ragazzi che progettano la loro estate dopo l’ultimo giorno di scuola, i protagonisti di Everybody wants some sono una marmaglia malassortita di studenti inseriti anche nella squadra di baseball del loro college. Insieme sperimenteranno i loro primi travolgenti assaggi di maturità in assenza della supervisione degli adulti. Non possiamo sapere se ci saranno i classici sesso e droga ma… la musica che ha fatto la storia degli anni ’80 ci sarà, non può essere altrimenti dato il titolo che fa risuonare in testa il famosissimo brano di Van Halen!

Girato alla Texas State University di San Marcos, il film di Linklater si preannuncia permeato di una coinvolgente filosofia alla “It’s all right… take it easy!“, quello che ci vuole per i primi assaggi di estate!

In Italia esce il 16 giugno. Non perdetelo!

Interstellar, di Christopher Nolan

Lasciare qualcosa indietro per poter andare avanti: il progetto Lazzarus messo in piedi dalla NASA in fin dei conti è questo. Morire per poter risorgere.

Una piaga apocalittica inarrestabile devasta i raccolti e genera tempeste di sabbia che mirano a cancellare l’intera superficie terrestre. Il pianeta terra non è più il posto accogliente dove il genere umano ha prosperato sino ad i giorni nostri e l’umanità deve fare tutto ciò che è in suo potere per salvarsi dall’estinzione. È tempo di smettere di essere guardiani e tornare ad essere esploratori. È il momento di abbandonare il nido, ma per andare dove? La speranza ha la forma di un warmhole apparso vicino saturno, un passaggio verso una nuova galassia del tutto ignota. L’unica possibilità è superare la frontiera, ma il tempo è tiranno… e relativo!

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Interstellar è un viaggio verso l’ignoto, narrato da Christopher Nolan con il suo inconfondibile tocco di realismo, talmente potente da lasciare a bocca aperta. Aiutato per l’occasione, non solo dal fratello Jonathan, ma anche dal fisico Kip Stephen Thorne, per garantire sia visivamente che concettualmente il massimo rigore scientifico, il regista mette in scena un universo cupo dove il vuoto fa davvero paura. Nel suo essere non visionario, Nolan spaventa. E anche nei movimenti di macchina la rigidità regna sovrana. L’opposto della spazialità e fluidità del recente Gravity di Cuarón, ma altrettanto efficace nella resa finale. Difficile comunque aspettarsi altro da un autore capace, ad esempio, di concepire il piano dell’inconscio nel suo Inception come una serie di scatole cinese di realtà uguali alla nostra, tralasciando quasi ogni trasgressione verso il fantastico. Di conseguenza non stupisce affatto che la tecnologia rappresentata non sia realmente futuristica, ma addirittura precedente alla nostra modernità, così priva di novità avvenieristiche al punto da non concedere spazio neanche alla presenza di un touch screen. Forse un ammiccamento all’epoca d’oro dei romanzi di sci-fi o forse una voluta critica alla direzione che sta prendendo oggi la tecnologia.  Unico strappo alla regola è la presenza di droni militari dalle forme rigorosamente nere e poligonali. Una sorta di Hal 9000 dall’aspetto monolitco, chiaro riferimento all’ Odissea di Kubrick, con cui gli autori si sono dovuti inevitabilmente misurare.

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A contrapporsi all’aspetto più prettamente fantascientifico c’è però il movente umano che guida la vicenda. Il protagonista Cooper, interpretato da un ottimo Matthew McConaughey, prima di essere astronauta è un padre di famiglia. L’amore che nutre verso i suoi figli è forte a tal punto da divenire una quarta dimensione. Unica cosa capace di trascende tempo e spazio, forza intangibile che azzera le distanze, è il cuore pulsante di un film mangniloquente ed epico che però vive del suo lato umano più di ogni altra cosa.

Qua si vede tutta la mano e l’abilità del Nolan sceneggiatore che, oltre ad imbastire ottime caratterizzazioni supportate da un cast impeccabile, costruisce anche un intreccio fitto di tematiche e livelli di lettura. Pur nella lentezza del film, la scrittura riesce a non risultare mai pedante o noiosa, chiudendo poi tutti i discorsi aperti con un ottimistico messaggio di speranza nei confronti dell’umanità.

Marco Nicoli

Mud, di Jeff Nichols

I fondali fangosi del Mississipi, coperti da rottami, nascondono sorprese inaspettate per chi ha il coraggio di scavare a fondo, di sporcarsi le mani nei nugoli di serpenti limacciosi che ne sono a guardia. Sotto la superficie dell’acqua torbida, qualche volta, si possono fare incontri rari e preziosi come le perle di fiume, visibili solo all’occhio saggio che sa distinguerle dagli scarti senza valore.

Mud è un figlio del fiume, proprio come Ellis, è nato su quelle rive ed è fatto della sua stessa materia, tanto che già dal primo incontro si riconoscono l’uno nell’altro. Mud è un fuggitivo, braccato dai cacciatori di taglie per aver ucciso un uomo, ed Ellis cerca una via di fuga da una famiglia senza amore che si sta disgregando sotto i suoi occhi e che vuole trascinarlo nella fredda città, lontano dal fiume. L’oggetto del desiderio di entrambi è una vecchia barca arroccata su un albero, un rifugio sicuro dal quale proteggersi dal mondo per Ellis, e una via di fuga verso una vita serena con Juniper, l’amore della sua vita, per Mud. Il miraggio di un amore autentico, che supera il tempo e le avversità, spingono il quindicenne Ellis e il suo amico Neckbone ad aiutare il fuggiasco a ricostruire la barca e ad architettare la fuga con la bella Juniper, ma scavando a fondo nella complessità dei sentimenti umani non troverà ciò che si aspetta.

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Il personaggio di Mud, incarnato da Matthew McConaughey, è una cosa sola con il paesaggio che lo circonda, odora di cibo in scatola e di legno imputridito, e porta sul corpo i segni della spiritualità del sud, dai serpenti tatuati agli stivali decorati con croci di chiodi per tenere lontano gli spiriti cattivi. I due ragazzi sono ipnotizzati dalla sua misteriosa sicurezza e dalla sua storia d’amore. Sanno bene che non è innocente e che nasconde un segreto ingombrante, ma come  i protagonisti di Huckleberry Finn sono estremamente attratti dalla sua personalità e sono disposti ad improvvisarsi ladri e bugiardi pur di aiutarlo a fuggire.

Juniper (Reese Witherspoon) dal canto suo è consapevole del fascino magnetico che esercita sugli uomini, è una donna molto attraente ma non abbastanza coraggiosa da seguire Mud nella sua impresa folle, e non fa altro che remare contro i sentimenti che prova lui fuggendo tra le braccia del primo malcapitato. Come tutti gli altri, anche Juniper è un personaggio controverso, al limite tra il bene e il male, sospesa tra il desiderio di libertà e quello di una sicurezza materiale e mentale che non arriverà mai.

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Nel mondo creato da Jeff Nichols nell’entroterra dell’Arkansas non esistono nè buoni nè cattivi, e come nei romanzi di Raymond Carver e Cormac McCarty i personaggi non sono altro che il frutto del territorio nel quale sono nati, e di una lotta quotidiana per la sopravvivenza in cui la violenza è all’ordine del giorno. L’isolamento e la disperazione induriscono i lineamenti e portano gli uomini a compiere azioni che non avrebbero mai immaginato, a rubare, a tradire e a uccidere se necessario. Ma in questo universo cupo e melmoso come il fiume che lo attraversa, l’unica speranza è rappresentata da un sentimento ancora più puro dell’amore stesso: l’amicizia, l’unico baluardo di complicità in un gruppo di vite disgregate, che si trascinano alla deriva di un territorio silenzioso e bucolico che sta scomparendo, inghiottito dalla città assordante.

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Breaking Bad sbanca gli Emmy Awards 2014

Valanga di premi per Breaking Bad nella 66′ edizione degli Emmy Awards, in cui si è aggiudicata il premio come miglior serie drama, miglior attore protagonista e miglior sceneggiatura. Delusione per True Detective che porta a casa solo miglior regia e miglior casting per una serie drama.

Si è conclusa ieri la 66′ edizione degli Emmy Awards 2014, presentata dall’attore e sceneggiatore del Saturday Night Live, Seth Meyers, sullo sfondo del Nokia Theater di Los Angeles. Protagonista indiscussa della serata è stata Breaking Bad, la serie tv della AMC ideata da Vince Gilligan, che si è aggiudicata il premio come miglior serie drama e miglior sceneggiatura. Bryan Cranston ha portato a casa il premio per il miglior attore protagonista della serie per il ruolo Walter White, mentre Aaron Paul per il ruolo di Jesse Pinkman e Anna Gunn per il ruolo di Skyler White si sono aggiudicati il premio come miglior attore e attrice non protagonista.

Modern Family è stata giudicata la miglior comedy e si è distinta anche per la miglior regia per una serie comedy e per il miglior attore non protagonista. Il re e la regina della commedia sono stati Jim Parsons per il ruolo di Sheldon Cooper in The Big Bang TheoryJulia Louis-Dreyfus per il ruolo di Selina Meyer in Veep, che hanno vinto il premio come miglior attore e attrice protagonista.

Disilluse le attese per True Detective, la serie tv dell’anno creata da Nic Pizzolatto per la HBO e interpretata da Matthew McConaughey e Woody Harrelson, che ha portato a casa solo il premio per la miglior regia per una serie drama,conferito a Cary Joji Fukunaga per l’episodio Who Goes There, e il premio per il miglior casting.

Tutti i vincitori degli Emmy Awards 2014:

Miglior drama
Breaking Bad (Amc)

Miglior comedy
Modern Family (Abc)

Miglior miniserie
Fargo (Fx)

Miglior film-tv
The Normal Heart (Hbo)

Miglior attore protagonista di una serie drama
Bryan Cranston per il ruolo di Walter White in Breaking Bad (Amc)

Miglior attrice protagonista di una serie drama
Julianna Margulies per il ruolo di Alicia Florrick in The Good Wife (Cbs)

Miglior attore protagonista di una serie comedy
Jim Parsons per il ruolo di Sheldon Cooper in The Big Bang Theory (Cbs)

Miglior attrice protagonista di una serie comedy
Julia Louis-Dreyfus per il ruolo di Selina Meyer in Veep (Hbo)

Miglior attore non protagonista di una serie drama
Aaron Paul per il ruolo di Jesse Pinkman in Breaking Bad (Amc)

Miglior attrice non protagonista di una serie drama
Anna Gunn per il ruolo di Skyler White in Breaking Bad (Amc)

Migliore attore non protagonista di una serie comedy
Ty Burrell per il ruolo di Phil Dunphy in Modern Family (Abc)

Miglior attrice non protagonista di una serie comedy
Allison Janney per il ruolo di Bonnie Plunkett in Mom (Cbs)

Miglior guest star femminile di una serie drama
Allison Janney per il ruolo di Margaret Scully in Masters of Sex (Showtime)

Miglior guest star maschile di una serie drama
Joe Morton per il ruolo di Rowan in Scandal (Abc)

Miglior guest star femminile di una serie comedy
Uzo Aduba per il ruolo di Suzanne ‘Crazy Eyes’ Warren in Orange Is the New Black (Netflix)

Miglior guest star maschile di una serie comedy
Jimmy Fallon come conduttore del Saturday Night Live

Miglior attore protagonista in una miniserie o film-tv
Benedict Cumberbatch per il ruolo di Sherlock Holmes in Sherlock: His Last Vow (Bbc)

Miglior attrice protagonista in una miniserie o film-tv
Jessica Lange per il ruolo di Fiona Goode in American Horror Story: Coven (Fx)

Miglior attore non protagonista in una miniserie o film-tv
Martin Freeman per il ruolo di John Watson in Sherlock: His Last Vow (Bbc)

Miglior attrice non protagonista in una miniserie o film-tv
Kathy Bates per il ruolo di Delphine LaLaurie in American Horror Story: Coven (Fx)

Miglior sceneggiatura per una serie drama
Ozymandias (Breaking Bad, Amc), scritto da Moira Walley-Beckett

Miglior regia per una serie drama
Who Goes There (True Detective, Hbo), diretto da Cary Joji Fukunaga

Miglior sceneggiatura per una serie comedy
So Did The Fat Lady (Louie, Fx), scritto da Louis C.K.

Miglior regia per una serie comedy
Vegas (Modern Family, Abc), diretto da Gail Mancuso

Miglior sceneggiatura per una miniserie o film-tv
Sherlock: His Last Vow (Bbc 1), scritto da Steven Moffat

Miglior regia per una miniserie o film-tv
Buridan’s Ass (Fargo, Fx), diretto da Colin Bucksey

Miglior casting per una serie drama
True Detective (Hbo)

Miglior casting per una serie comedy
Orange Is The New Black (Netflix)

Miglior casting per una miniserie o film-tv
Fargo (Fx)