Michiel Huisman

2:22, di Paul Currie

Cos’è la vita se non un’intricata rete di coincidenze, di incontri incastrati nel tempo, determinati dal caso o forse da un calcolo matematico di ore, minuti e secondi? In fondo basta un lieve sfasamento della linea temporale, un appuntamento mancato o un incontro non avvenuto per cambiare il corso di un’intera esistenza. E lo sa bene Dylan Boyd (Michiel Huisman), che per lavoro tiene il tempo in equilibrio, controllando gli aerei che atterranno e che prendono in volo in modo tale da farli sfiorare ma mai toccare. Migliaia di vite sono nelle sue mani ogni giorno, e tutto si gioca sul filo del rasoio, quindi basta un attimo di distrazione per creare una catastrofe. Dylan è sempre stato un maniaco del controllo, impeccabile sulla vita e nel lavoro, ma un giorno il tempo che aveva sempre tenuto in pugno gli si rivolge contro.

Una catena di eventi casuali, che si ripetono identici ogni giorno alla stessa ora, e terminano alle 2:22 in punto alla stazione ferroviaria di New York, attira la sua attenzione. Ogni giorno alla stessa ora capitano le stesse cose, ovunque lui si trovi, come uno scherma che ripercorre gli stessi eventi in diverse forme per terminare nello stesso punto, dove si consuma la tragedia. Una teoria folle, a cui nessuno a parte lui riesce a credere, neanche la bellissima Sarah (Teresa Palmer), che entrata nella sua vita nel momento esatto in cui gli eventi hanno iniziato a ripetersi. Un’attrazione magnetica li ha immediatamente spinti l’uno tra le braccia dell’altro, ma proprio le coincidenze che li hanno fatti incontrare rischiano di dividerli per sempre se Dylan non riesce a comprendere il messaggio che il tempo vuole rivelargli.


Una premessa affascinante per un film che si presenta come un complesso thriller psicologico, ma che si dipana candidamente come un dramma sentimentale in cui i due protagonisti sono magicamente uniti da un’invisibile schema temporale, o dal destino che dir si voglia. Dopo tutto l’attore Michiel Huisman non è nuovo a storie come queste, visto che solo due anni fa ha interpretato Adaline – L’eterna giovinezza, in cui ancora una volta si trovava a fare i conti con la circolarità del tempo. 2:22 di sicuro non ha lo stesso tocco glamour di Adaline, nè lo stesso carisma, tuttavia si sforza di portare la storia d’amore su un livello alternativo, quasi magico, riuscendo solo in parte a centrare l’obiettivo. La concatenazione schematica degli eventi rimane infatti sullo sfondo, e l’attenzione si focalizza solo sui due protagonisti, che si rincorrono affannosamente per New York mentre una minaccia più grande di quanto possano mai immaginare incombe sulle loro vite. Tuttavia il dramma sentimentale è raccontato con grande delicatezza e regala sequenze di grande intensità, vero fiore all’occhiello di questo film.

The invitation, di Karyn Kusama in DVD

Essere invitati ad una cena a casa della ex moglie e del suo nuovo compagno, in presenza di vecchi amici, che non vedi da almeno due anni, non è mai il massimo, anzi, spesso può diventare qualcosa di disturbante. Karyn Kusama parte proprio da questo presupposto nella sua nuova opera, The invitation, che ha trionfato al Sitges e ad altri prestigiosi festival di genere. Il film si concentra sulla profonda caratterizzazione dei personaggi, che riescono a catturare magneticamente l’attenzione dello spettatore a tal punto che, immerso in un’atmosfera ambigua e perturbante, vive con il protagonista un climax di tensione quasi tangibile.

«Benvenuti a questa specie di “riunione” o di festa. Voi siete tutti molto speciali per Eden, il che vuol dire che lo siete anche per me. Ci siete mancati tanto e vi vogliamo bene. La vita è per tutti una sorta di viaggio ed è importante fare questo viaggio con le persone che si amano. Per questo siamo veramente contenti di avervi qui. Sappiate che ho riaperto questa casa per dare a noi un nuovo inizio. Quindi, alziamo questi bicchieri di vino assurdamente costoso per un NUOVO INIZIO!».

Will [Logan Marshall-Green] accetta l’invito a cena della sua ex moglie, Eden [Tammy Blanchard], e del suo attuale compagno David [Michiel Huisman]. Dovrebbe essere una serata normale, nonostante sia stata la perdita del loro unico figlio a fargli inesorabilmente lasciare. Potrebbe essere un’ottima occasione per rivedere pure alcuni amici e far conoscere loro la sua attuale fidanzata, Kira [Emayatzy Corinealdi]. Ma col passare del tempo, tutta la curiosità dei commensali si concentra sull’adesione dei padroni di casa ad una setta misteriosa che ha sede in Messico e Will diventa paranoico, un corpo estraneo che ostacola chi vuole mandare avanti la festa fino alla fine. Il fatto è che non riesce a togliersi dalla testa che i padroni di casa si comportino in maniera strana ed inizia ad avere dei sospetti che c’entrino qualcosa i precetti della setta e i due adepti [Lindsay Burdge e John Carroll Lynch] che si uniscono alla “festa”.

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Mentre lo spazio si comprime, la sensazione che qualcosa si nasconda dietro i sorrisi e i gesti gentili, nelle azioni apparentemente normali di chiudere a chiave la porta di casa o piazzare una lanterna rossa in giardino e nei precetti della setta di cui i due ospitanti fanno parte insieme ai due “intrusi” fra i commensali. Will ha un sesto senso, magari dono del coyote trattato con pietà? O la sua è una paranoia causata dal mancato superamento del lutto? Come la morte inaspettata del figlio ha spinto Eden verso quella strana congregazione che mescola stoicismo ed epicureismo verso la catarsi dal dolore attraverso un’eutanasia dei sentimenti forti, forse anche lui ne ha subito le conseguenze e la sua percezione della realtà ne risulta alterata? Ma se avesse ragione il paranoico Will, tutti gli invitati sarebbero in pericolo…

Attraverso gli occhi di Will, lo spettatore, complice anche la musica minimalista di Theodore Shapiro [Lo stagista inaspettato, Zoolander 2, Ghostbusters], viene portato passo dopo passo all’interno di una spirale di ansia, suspense, sospetti, ossessioni e rivelazioni che non lo prepareranno mai al twist finale: quello che è stato portato avanti come il lento ticchettìo di una bomba ad orologeria deflagra improvvisamente in una violenta carneficina, che dirotta il film dal thriller psicologico al bloody horror.

«Rammentate il premio».

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Interessante ai fini della comprensione del film e foriero di importanti riflessioni a posteriori è l’incipit: l’atto di pietà di Will nei confronti di un coyote agonizzante da lui stesso investito accidentalmente mentre la coppia era in viaggio in direzione della festa. L’importanza della sequenza risiede nel fatto che si tratta dell’unica scena ambientata in location esterna, completamente diversa anche dal giardino circostante la villa lussuosa di Hollywood Hills dove si svolge la festa e che garantisce un’abbondante varietà di fondali per l’impianto scenico di Karyn Kusama, che si fa via via sempre più claustrofobico.

Il gesto di violenza attraverso il quale Will toglie ore di sofferenza al povero animale ha il suo parallelo nel video che Eden e David mostrano orgogliosi agli ospiti: un guru predica la liberazione dal dolore, dalle sofferenze, dai sensi di colpa e assiste una donna sul letto di morte che sembra aver deciso per sé una eutanasia che diventa esempio di catarsi estrema per ogni adepto presente in loco e dall’altra parte dello schermo. È forse questo il fine ultimo della cena tra amici? O semplicemente un liberarsi da ogni peso che danneggia l’anima senza arrivare a gesti tanto estremi?

L’interazione degli attori e i dialoghi sono una forza centrifuga che disorienta lo spettatore, mentre l’atteggiamento indagatorio e sospettoso di Will lo incuriosisce, contrastando la forza dominante con una forza centripeta sotterranea che opera dietro la superficie che può essere di apparenza e inganno. Tutti i nodi verranno al pettine nel finale tragico e nell’epilogo dai risvolti apocalittici. Una delle scene finali è un ulteriore parallelo con il video dell’eutanasia e l’uccisione del coyote nell’incipit e chiuderebbe il film dandogli una struttura perfettamente ad anello se non fosse per il risultato finale e per le scelte dei protagonisti che, probabilmente hanno imparato delle lezioni “vitali”.

«Stasera è la notte in cui la nostra fede si concretizza».

 

IL DVD

REGIA: Karyn Kusama INTERPRETI: Logan Marshall-Green, Tammy Blanchard, Michiel Huisman, Emayatzy Corinealdi, Lindsay Burdge, Mike Doyle, Jay Larson, John Carroll Lynch, Michelle Krusiec, Jordi Vilasuso, Marieh Delfino TITOLO ORIGINALE: The invitation  GENERE: horror DURATA: 96′ ORIGINE: USA, 2015 LINGUE: Italiano 5.1 Dolby digital, Italiano 5.1 DTS, Inglese 5.1 Dolby digital SOTTOTITOLI: Italiano EXTRA: Speciale “Dietro le quinte” (9’30”) – Trailer  italiano – Credits DISTRIBUZIONE: Koch Media COLLANA: Midnight Factory

“Midnight Factory è una nuova collana di classici contemporanei di cinema horror, thriller e fantasy mondiale. La serie si propone di portare in Italia il meglio della produzione internazionale del genere: film inediti, indipendenti, dei grandi maestri, delle giovani promesse, classici del passato, pellicole bizzarre ed estreme, piccole chicche e sequel di successi conclamati che si mescoleranno insieme secondo il comune denominatore della qualità” [cfr. booklet interno].

Nel caso di The invitation, è chiaro che ci troviamo di fronte ad un film che ha in sé un nucleo concettuale che richiama quella filosofia estrema che è alla base della saga di The Purge – La notte del giudizio e che è stata sfruttata a piene mani anche dalla serie tv The Following, con sette che forniscono risposte a domande irrisolte di individui alienati e spersonalizzati, che diventano una spada di Damocle che grava sul destino di chi non è del loro stesso credo. Un credo che si scontra con quella che è invece la riflessione più recente dell’uomo postmoderno che abbraccia e non rifugge la tristezza, in quanto sentimento fondamentale per la crescita di una personalità adulta ben formata e autonoma, come ben teorizza il capolavoro d’animazione della Pixar Inside out.

Quella scelta per The Invitation é un’edizione DVD di prestigio con packaging versione slip case, ovvero una classica custodia amaray all’interno di un involucro di cartone con apertura laterale. Disco unico, audio multicanale, sia in DTS sia in Dolby Digital, in italiano e inglese e formato video di dimensioni cinematografiche (2.35:1) nonostante sia stato distribuito direttamente per il mercato homevideo. Contenuti extra poco nutriti ma ben studiati in modo da concentrare l’attenzione tutta sulla tensione narrativa.

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Karyn Kusama, regista del poco convincente blockbuster Jennifer’s body, ma anche di un’interessante pellicola autoriale come Girlfight e della surreale trasposizione cinematografica dell’universo distopico di Aeon flux, premiati dai festival e apprezzati dal pubblico. Dopo aver, però, privilegiato personaggi femminili, e aver diretto anche alcuni episodi di The L World, torna alla ribalta con un protagonista maschile che dirige con estrema efficacia, nonostante, di base, non si tratti di un attore che infiamma le platee [Prometheus, Devil, Brooklyn’s finest]. Potrebbe trattarsi di una circostanza isolata, comunque, e non di un cambio di percorso stilistico, dato che prossimamente avremo modo di gustare il suo personale contributo alla rediviva moda dell’antologia horror che, dopo successi come Trick’r’treat, Holidays e Tales of Halloween, ne ha in serbo una tutta al femminile intitolata XX (data di uscita prevista per il 17 febbraio 2017).

Adaline – L’eterna giovinezza, di Lee Toland Krieger

Chi non ha mai desiderato vivere per sempre per aprirsi ad una conoscenza del mondo infinita attraverso l’arte, la lettura, i viaggi, e soddisfare la propria sete di sapere senza il vincolo di un tempo limitato sulla terra? Maghi e scienziati si sono affannati per secoli alla ricerca di una formula magica che congeli il tempo nell’età migliore, prolungando la giovinezza all’infinito, ma chi si è mai interrogato sull’impatto che questa incredibile conquista avrebbe su coloro che non possono compiere il ciclo della vita insieme agli altri?

Adaline è colei a cui non è concesso di invecchiare. Imprigionata in un corpo eternamente giovane a causa di un incidente o di una straordinaria coincidenza astrale, si trova ad attraversare guerre e rivoluzioni culturali con un volto sempre giovane e sulle spalle decenni di ricordi. Il suo corpo è rimasto intatto così come era negli anni Venti, nonostante il mondo continuasse a cambiare attorno a lei e i suoi cari ad invecchiare, compresa sua figlia che ormai è quasi centenaria. Sebbene il tempo illimitato conceda ad Adaline la possibilità di conoscere la storia, le lingue e qualunque cosa desideri, l’eterna giovinezza rivela ben presto il suo lato oscuro e si rivela una condanna, quando la ragazza comprende che per non destare sospetti su chi la circonda è costretta a cambiare ripetutamente città, e a ricostruire ogni volta la sua identità lasciandosi tutto alle spalle, compreso l’amore. All’improvviso però il loop doloroso in cui è intrappolata da decenni si inceppa, e l’incontro con l’affascinante filantropo Ellis accende in lei il desiderio di invecchiare accanto a qualcuno e di svelare al mondo la sua identità, noncurante delle conseguenze che potrebbero distruggerla.

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Lee Toland Krieger dipinge il suo racconto nei toni caldi delle fotografie d’epoca, prestando attenzione pesino ai più piccoli dettagli che caratterizzano i costumi dei personaggi attraverso i momenti storici che rappresentano, lasciando intatta l’eleganza di Adaline, che fonde su se stessa gli stili degli anni che ha vissuto in uno squisito connubio tra antico e moderno. La bellezza eterea della protagonista si incarna alla perfezione nelle fattezze di Blake Lively, che attira magneticamente l’attenzione su Adaline, una donna straordinaria che, proprio come una cometa, attraversa il mondo una volta ogni cento anni, e si concede solo alla vista dei pochi fortunati che si perdono a rimirare il cielo. E in questa costruzione estetica perfetta di un’epoca indefinita, in cui il passato incontra costantemente il presente, Krieger spinge ad abbandonarsi alla fantasia, dimenticando per un istante la verità della scienza e il cinismo del realismo, per  credere all’eternità dell’amore e al suo straordinario potere di cambiare il destino degli uomini.