Mostra Internazionale di Arte Cinematografica di Venezia

La profezia dell’armadillo, di Emanuele Scaringi

Zero (Simone Liberati), indigeno di Rebibbia, ha ventisette anni e sbarca il lunario come può. Dà ripetizioni a uno studente delle medie straniero (in quanto abitante di Roma Nord), lavora per Aeroporti di Roma controllando il lavoro degli operatori (pensando ingenuamente che i suoi numeri servano a migliorare la qualità dei servizi offerti), ma soprattutto disegna. Disegna poster per cantanti punk, manifesti per i centri sociali e fanzine dal contenuto impegnato. Nella sua vita sempre uguale, un pendolo oscillante tra i plum cake e il delirio dei mezzi pubblici, solo due cose lo tengono legato alla realtà: la madre (Laura Morante) che non riesce a nascondere le sue ansie per un figlio adulto che non ha concluso nulla e l’armadillo (Valerio Aprea), sua onnipresente coscienza che lo accompagna ogni giorno con massime e profezie sul modo di comportarsi. Una mail del padre di Camille, una cara amica dell’adolescenza e suo amore mai dichiarato, in cui gliene comunica la morte, lo costringe a fare i conti con la vita e con il significato della parola maturità.

La profezia dell’armadillo rappresenta l’esordio al lungometraggio per Emanuele Scaringi e la sua scelta non poteva essere più azzardata e rischiosa. Il graphic novel di Michele Rech (aka Zerocalcare, che ha collaborato alla sceneggiatura – e solo a quella come dice qui – insieme a Valerio Mastandrea, Oscar Glioti e Johnny Palomba) non è un fumetto mainstream come quelli dei supereroi che da decenni si prestano a trasposizioni cinematografiche. Non è nemmeno un romanzo con una storia ben definita, trasponibile in un continuum filmico come Persepolis. La profezia dell’armadillo è uno stato d’animo disegnato e immaginare come un sentimento e una condizione del cuore e della mente possano essere trasferiti sul grande schermo, fa venire in mente solo due parole: tradimento e delusione.

Profezia Armadillo

E questo urleranno tutti gli spettatori che si recano al cinema da fan sfegatati delle opere di Zerocalcare, pensando di ritrovarlo in carne e ossa in un film che possa essere letto pedissequamente seguendo le pagine del fumetto, così come si farebbe con un libretto all’Opera. Ma La profezia dell’armadillo di Emanuele Scaringi è una produzione artistica altra rispetto a un graphic novel che, in questo caso, per sua endemica essenza è intrasferibile su qualunque altro mezzo che non sia il fumetto stesso. E se ci si reca al cinema ricordando i sentimenti provati durante la lettura del romanzo, il disagio sulla propria vita osservato con gli occhi di un disegnatore e il dolore per la perdita di qualcuno (che in questo caso è un’amica d’infanzia strappata alla vita da un dolore profondissimo), cercando in ogni scena quello lo spleen Baudelairiano che anima ogni pagina di Zero, ecco, solo in questi casi, si rimarrà soddisfatti.

La profezia dell’armadillo è un film riuscito. Di fronte ad alcuni demeriti, come un ritmo a volte troppo lento e affaticato, e a molti meriti dell’opera, tra i quali l’interpretazione magistrale di Valerio Aprea nei panni, sì, di un armadillo, o l’ambientazione fedelissima nella Roma di Zerocalcare, non si può far altro che uscire dalla sala soddisfatti e con una voglia sfrenata di riprendere in mano il fumetto per ritrovare lo stesso sentimento appena provato in sala. Un progetto che ha affascinato molti dei noti attori del panorama cinematografico italiano (tra cui Kasia Smutniak, che in una breve intervista a fine proiezione ha dichiarato che si sarebbe accontentata di fare la comparsa della vecchina per strada pur di lavorare anche un solo giorno con Emanuele Scaringi) e che dato la possibilità a Simone Liberati e a Pietro Castellitto (nei panni dell’amico Secco) di misurarsi con un’interpretazione difficile, ma convincente.

 

Si chiama profezia dell’armadillo qualsiasi previsione ottimistica fondata su elementi soggettivi e irrazionali spacciati per logici e oggettivi, destinata ad alimentare delusione, frustrazione e rimpianti, nei secoli dei secoli. Amen.

 

 

 

 

Equals, di Drake Doremus in DVD

Equals è un futuristico Romeo & Giulietta o un Pleasantville di ambientazione fantascientifica? Un ibrido non troppo coraggioso, vediamo insieme perché.

Reduce dai successi di Like Crazy (2011, Gran premio della giuria alla 27a edizione del Sundance Film Festival), interpretato da Anton Yelchin, Jennifer Lawrence e Felicity Jones (vincitrice del premio speciale della giuria per la sua interpretazione) e di Breathe In (2013), interpretato da Guy Pearce, Felicity Jones, di nuovo, e Amy Ryan, il regista Drake Doremus stavolta ambienta il suo genere-cardine, ovvero il dramma sentimentale, in una società che sembra aver realizzato alcune utopie dello stoicismo e dell’epicureismo azzerando ogni emozione.

«Immagina un mondo dove i sentimenti sono fuorilegge». [tagline]

Su Atmos, in una società chiamata Collettivo, vivono gli Equals, esseri umani incapaci di provare sentimenti, una caratteristica volutamente ottenuta attraverso esperimenti genetici. Il fine è quello di realizzare una società stabile e non violenta, creare un equilibrio di convivenza perfetto che permetta di concentrarsi sulle esplorazioni spaziali. Ma la natura trova sempre una strada e l’amore, in ogni sua forma, è la cosa più naturale che ci sia, il nemico per eccellenza di questo mondo apatico dove domina il bianco e il grigio asettico. Il seme della rivoluzione emotiva sboccerà solo nel cuore di pochi eletti o sarà soffocato dalla repressione dell’omologazione sociale?

«L’amore è strano: è come un tornado…».

«In un futuro distopico privo di avidità, povertà, violenza e sentimenti, una nuova malattia risveglia emozioni dimenticate, infondendo l’amore, la depressione, la sensibilità e la paura. Chi contrae questa malattia viene allontanato dalla società e mai più rivisto. Nia [Kristen Stewart; Personal shopper, Billy Lynn: Un giorno da eroe] e Silas [Nicholas Hoult; Mad Max: Fury Road e Bestia in X-Men Apocalypse] vivranno sulla loro pelle il dramma generato da un rapporto proibito». [sinossi dal retro di copertina]

In una società di questo tipo il normale stato di salute è essere totalmente privo di sentimenti. Chi non è omologato non fa parte del Collettivo, è considerato un Imperfetto e se, nonostante gli inibitori che gli vengono somministrati, prova qualcosa “fuori dagli schemi” è malato, ha una «malattia debilitante», la Sindrome Da Eccitazione, ed è allontanato per evitare il “contagio” e condannato a morte.

«Abbiamo curato il cancro e il raffreddore…».

«Dobbiamo resistere fino a quando non trovano una cura».

Interessante la ricerca di un’estetica cromatica che sappia trascendere la bidimensionalità dello schermo e fornire una multisensorialità che renda tridimensionali e suggestivi i sentimenti e la filosofia da bignami che Equals ha da offrire: il bianco è il colore dominante, accompagnato, dicevamo, da un grigio freddo, metallico, ma quando gradualmente le mani si sfiorano furtive, i colori si scaldano, la musica elettronica viene sostituita da un commento musicale in un timido crescendo emotivo, quando i baci sono immersi nella paura, l’oscurità in cui si celano i protagonisti si tinge di blu e verde. Nel frattempo la mdp, pur privilegiando i dettagli, maggiormente suggestivi, in quanto più vicini all’azione, azzarda qualche inquadratura più audace, la macchina a mano, una dialettica dello spazio vuoto alle spalle del soggetto, che comunica la solitudine e la fragilità del “diverso”. Le ombre, infine, disegnano dei sottotesti, raccontano in maniera implicita quello che ai personaggi non è permesso spiegare. Sono le ombre sulle pareti traslucide a palesare agli spettatori il primo amplesso e di nuovo sono le ombre, nella scena della mensa, a disporsi in modo da rendere un concetto di prigionia, di privazione della libertà.

«Perché mi guardi in quel modo?».
«Non posso farci niente».

IL DVD

 

REGIA: Drake Doremus INTERPRETI: Kristen Stewart, Nicholas Hoult, Guy Pearce, Jacki Weaver TITOLO ORIGINALE: Equals GENERE: sci-fi, drammatico, sentimentale DURATA: 98′ ORIGINE: USA, 2016 LINGUE: Italiano 5.1 DTS, Italiano 5.1 Dolby Digital, Inglese 5.1 Dolby Digital SOTTOTITOLI: Italiano EXTRA: Trailer DISTRIBUZIONE: Koch Media

Equals ha avuto la sua anteprima mondiale nella 72ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia (2015), dove ha gareggiato per il Leone d’oro al miglior film. Presentato con successo anche al Toronto International Film Festival 2015, Equals è stato accolto con “freddezza” il 4 agosto 2016 nelle sale italiane. La versione home video è in disco unico, audio multicanale, sia in DTS sia in Dolby Digital, in italiano e inglese, mentre per l’aspect ratio si è scelto un widescreen non troppo spettacolare (1.85:1). Tra gli extra il solo trailer, a conferma del fatto che la produzione ha puntato tutto sull’impatto emozionale della sceneggiatura di Nathan Parker (Moon, Blitz) e l’interpretazione degli attori. Peraltro, la recitazione dei caratteristi e dei personaggi minori tradisce l’impossibilità di rendere verosimile, sul piano recitativo, l’impassibilità che la trama richiede quale presupposto fondamentale.

«Non posso starti lontano. Non posso starti vicino».

Il film NON è vietato ai minori. Questo invece, tradisce una mancanza di coraggio. Se i protagonisti scoprono la bellezza dell’amore e del fare l’amore, forse sarebbe stato il caso di spingerli verso altri tipi di esplorazioni spaziali rispetto a quelli che la società ha loro destinato: uno spazio che si conosce in sé ma che si riscopre nell’interiorità dell’altro e che genera o apre un ulteriore spazio che è all’interno di noi, che può riempirsi di sentimenti potenzialmente infiniti, non a caso il motore di ogni storia, da quando esiste la comunicazione, ossia da sempre.

«L’amore è dare e prendere tutto».

Un prodotto che risulta abbastanza interessante, soprattutto dai punti di vista filosofico e scenografico, ma che non riesce a fare quel passo necessario che la renda un’opera esteticamente adeguata al pathos e alle riflessioni generate dalla trama. Equals è girato senza i giusti “sentimenti” di evoluzione, sperimentazione, ribellione che sono alla base di prodotti simili ma di ben altro successo, primo fra tutti il già citato Pleasantville.

Curioso come nel film si crei un parallelo tra l’impossibilità di amarsi dei protagonisti e l’impossibilità di volare del bombo. Una vecchia leggenda metropolitana, infatti, affermava che secondo le leggi dell’aerodinamica il bombo non dovrebbe essere in grado di volare per un’apertura alare ed una frequenza di battito d’ali non adatte a sostenere il proprio peso. In realtà, nel corso di esperimenti di aerodinamica con altri insetti si è scoperto che la viscosità dell’aria, sperimentata dal punto di vista degli insetti, che sono di piccole dimensioni, permetteva persino alle loro piccole ali di muovere un elevato volume di aria, riducendo la quantità di energia necessaria a mantenersi il volo. Tanta fatica a trattenere gli istinti naturali, tanti sacrifici per poi tornare indietro di millenni ad interrogarsi su cose strarisapute?

«Secondo le leggi della fisica non potrebbero volare ma loro non lo sanno, così volano comunque».

Ethan Hawke: Cymbeline dopo Hamlet 2000

Dopo Hamlet 2000, Ethan Hawke torna a vestire i panni di un personaggio shakespeariano inserito in un contesto metropolitano contemporaneo con Cymbeline, l’ultima opera del regista Michael Almereyda, presentata in anteprima mondiale durante la 71′ edizione della Mostra Internazionale di Arte Cinematografica di Venezia.

In questa versione di Cymbeline, una delle opere meno conosciute di Shakespeare e mai adattata per il grande schermo, si consuma l’amore impossibile tra Imogen, la figlia di Cymbeline, il leader di una gang di motociclisti, e lo squattrinato Posthumus, l’uomo che decide di sposare contro la volontà del padre. Costretta a divorziare e con il giovane marito mandato in esilio, Imogen rimane reclusa nelle sue stanze finché non si decide a sposare il partito prescelto del padre, Cloten. La sua ribellione è il vero motore di una storia a tinte cupe, che si dipana tra intrighi e scontri sanguinosi, mostrando il lato ambiguo di ogni personaggio, primi tra tutti Iachimo, interpretato da Ethan Hawke, che mette alla prova l’onestà di Imogen per conto del malfidato Posthumus, e la perfida manipolatrice Queen, la moglie del boss con le fattezze di Milla Jovovich, che cerca di persuadere Cymbeline a combinare le nozze della figlia con il facoltoso Cloten.

Lo sfondo contemporaneo degli scontri sanguinosi tra una gang di motociclisti e la polizia corrotta si pone in netto contrasto con il testo originale shakespeariano, e l’esperimento di Almereyda non può non riportare alla mente Hamlet 2000, messo in scena più dieci anni fa dallo stesso regista con Ethan Hawke nei panni del protagonista, che declamava i versi di Shakespeare in una modernissima New York dominata dalla tecnologia.

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“Una straordinaria avventura shakespeariana e un testo straordinario. Ethan Hawke è stato il primo ad aderire al progetto, elettrizzato e affascinato da questa sfida” – ha dichiarato il regista Michael Almereyda – “‘Cymbeline è selvaggio, un testo pieno di energia ed emozioni – ed è questo che ha motivato sia me che gli attori. Si sente l’eco dei più grandi drammi shakespeariani, e anche se ufficialmente è classificata come una tragedia, contiene sprazzi di commedia.”

 “Il film si concentra sulla storia d’amore” – ha aggiunto Almereyda – “un dramma emotivo in cui l’amore non corrisposto si confonde con il tradimento. Abbiamo fatto del nostro meglio per mantenere intatta l’intimità della storia ma l’abbiamo ambientata in una scena inaspettata, quotidiana e spettacolare allo stesso tempo”.

 

IL TRAILER: