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Star Wars: L’ascesa di Skywalker, di J. J. Abrams

“Tanto tempo fa in una galassia lontana, lontana…”,

eppure non molto distante nel tempo né tantomeno nello spazio, è l’incipit leggendario di una delle saghe più belle e più seguite di tutta la cinematografia mondiale: Star Wars (o come i nostalgici ancora la chiamano Guerre Stellari).

E così dal 18 dicembre 2019 in tutti i cinema uscirà l’ultimo capitolo di Star Wars (l’episodio IX: l’ascesa di Skywalker) che vedrà contrapposta la Resistenza con una nuova ma antica minaccia rinominata “l’Ordine Finale”, con a capo uno storico personaggio della saga… ma non voglio svelare di più, che l’allerta spoiler è sempre dietro l’angolo.

Rispetto ai precidenti due capitoli della nuova trilogia firmata Disney (episodio VII: Star wars e il risveglio della forza ed episodio VIII Star Wars e gli ultimi jedi), il terzo capitolo vede attenuarsi sensibilmente gli intrighi e gli inganni di “buoni” e “cattivi”, prediligendo le scene di azione, di combattimento e le ricerche in una galassia tanto immensa quanto piccola.

Una narrazione travolgente con repentini cambi di scena e una buona dose di suspence (finalmente si conosce la vera storia di Rey e della sua “discendenza”), immerge lo spettatore, fra nuovi eroi e vecchie glorie del passato, in una dimensione tanto vicina alla nostra realtà da dimenticare di trovarsi in un futuro-passato non troppo distante né nello spazio né nel tempo dal nostro mondo.

Sì, perché in Star Wars: l’ascesa di Skywalker c’è tanto cuore e anima (forse troppo, ma d’altronde è ormai pur sempre un film Disney), in cui si affrontano tematiche attuali (guerre, giochi di potere, stragi), ma, soprattutto, si evidenziano i valori e i principi di ogni essere umano e la sua natura.

Una natura complessa e complicata. Infatti, perno centrale del film è l’animo umano, il suo essere, il lato oscuro e luminoso che alberga in ognuno di noi. Il “bene” ed il “male” smettono di essere facce della stessa medaglia e diventano un’unica faccia nella quale entrambe si avviluppano e intrecciano fra loro, generando confusione ed incertezze. La luce accecante che proietta le sue ombre è ottenebrata da un’oscurità non del tutto cupa, nella quale risiede, anche se nel profondo, un barlume di speranza… un labirinto in cui a volte ci si perde, altre si ritrova la strada per poi riperdersi e nuovamente ritrovarsi in un cerchio infinito; dove né la forza né il lato oscuro sono preponderanti poiché tutto dipende dalle scelte di ognuno di noi. Ma, soprattutto, non importa chi siamo, da dove veniamo, la nostra discendenza, perché ciò che davvero conta è ciò che facciamo, come agiamo e… le colpe dei padri non possono e non devono ricadere sui figli. Perché Star Wars: L’ascesa di Skywalker questo insegna: non siamo ciò che siamo, ma siamo ciò che scegliamo di essere. Perché la vita di ognuno di noi è composta da luci ed ombre, da un lato chiaro e uno scuro, dal “bene” e dal “male”, ma sta a noi optare per l’uno o l’altra strada con fermezza e determinazione, speranza e volontà.

In conclusione, quindi, molti fan delle passate trilogie (soprattutto le prime in cui il fascino di Dart Fener rimane e rimarrà incontrastato per l’eternità) storceranno un po’ il naso (soprattutto per qualche errore di troppo e qualche caduta un po’ di stile), ma rispetto ai precedenti episodi della nuova trilogia, Star Wars: l’ascesa di Skywalker è nettamente superiore sotto tutti i punti di vista.

Un universo che ha fatto sognare e crescere generazioni, che ha formato uomini e donne si conclude con l’ultima lezione di vita, forse la più importante: che siamo noi gli artefici del nostro destino e che nonostante tutto c’è sempre speranza per ognuno di noi.

Ma noi tutti non dimenticheremo mai Star Wars, Guerre stellari perché quella storia vivrà sempre in noi e nei nostri cuori e non si concluderà mai perché vivrà nei nostri ricordi:

“Tanto tempo fa in una galassia lontana, lontana….”

Dickens: L’uomo che inventò il Natale, di Bharat Nalluri

Riuscite a immaginare Charles Dickens, lo scrittore più famoso della Londra vittoriana, lo Shakespeare dei sobborghi industriali, oppresso dai debiti e in piena crisi creativa? Bharat Nalluri lo coglie proprio nella fase più controversa della sua vita quando, pur avendo alle spalle una serie di successi sfolgoranti come Oliver Twist, Il circolo Pickwick e Nicholas Nickleby, non riesce a superare la delusione per i recenti flop editoriali, e il terrore del foglio bianco lo domina completamente. Ma come spesso accade è proprio dalla crisi più profonda che nascono le idee migliori, dagli incubi notturni i personaggi più intriganti. Ed è proprio in questo spazio tra veglia e sonno che nasce Ebenezer Scrooge, il cupo protagonista di Canto di Natale, che si impossessa letteralmente della mente di Dickens insieme agli altri personaggi dell’opera, fino ad interagire con lui come presenze in carne ed ossa, ossessivamente presenti nella sua vita.

A quanto pare Dickens parlava davvero con i suoi personaggi durante la stesura dei suoi romanzi e, a partire da questo curioso aneddoto, Bharat Nalluri e prima di lui lo scrittore Les Standford, che ha fornito l’ispirazione per Dickens: L’uomo che inventò il Natale, ha inserito nel film i personaggi di Canto di Natale, facendoli muovere, parlare e scrivere da soli il romanzo della loro vita. E da questa curiosa commistione, al limite della schizofrenia, tra personaggi di finzione e realmente esistiti prende forma uno dei libri più famosi di tutti i tempi a tema natalizio, molto più vicino all’autore di quanto si possa pensare.

Ebenezer Scrooge e Charles Dickens sono uno la nemesi dell’altro, l’uno il fantasma dell’altro, ed è proprio in questa trovata che Dickens: L’uomo che inventò il Natale trova la sua chiave narrativa ideale per portare  sul grande schermo questo frammento della vita di Charles Dickens, compresso nelle tre settimane che hanno preceduto la pubblicazione di Canto di Natale. Bharat Nalluri dipinge la vita dello scrittore con grande accuratezza, svelando tanti piccoli dettagli sul suo passato ignoti ai più, che però si rivelano dei tasselli fondamentali per comprendere la genesi delle sue opere, che traggono costantemente ispirazione dalla vita reale oltre che dalla fantasia. Da questo magico intreccio tra realtà e immaginazione nasce Dickens: L’uomo che inventò il Natale, una delle opere più illuminanti sulla vita dell’autore che, senza aggiungersi alla già cinematografia ispirata ai suoi romanzi, riesce a raccontare qualcosa di nuovo in modo inaspettatamente originale.

Liberty Meadows, di Frank Cho

Liberty Meadows è il regalo da intenditori del Natale 2016!

La serie che ha consacrato il talento dello statunitense Frank Cho è ora finalmente in Italia anche in una raccolta delle strisce domenicali. Oltre 130 strisce inedite, completamente rimasterizzate in digitale, ricolorate e annotate con le nuove avventure degli abitanti della clinica-rifugio «per animali che hanno perso il loro habitat naturale a causa dell’uomo», chiamata, appunto, Liberty Meadows.

I membri dello staff, per chi non li conoscesse, sono:

  • il timido veterinario Frank Mellish, che ha ereditato dal suo autore gli occhiali spessi e la bassa statura. Segretamente innamorato della psicologa Brandy non ha il coraggio di dichiararsi. Ed i suoi atteggiamenti da nerd (fan di Xena, di Star Trek e di Guerre stellari di cui colleziona action figure) ed è la vittima preferita degli scherzi, talvolta anche crudeli, di Ralph, Leslie e Dean;
  • la psicologa per animali Brandy Carter: nel lavoro è professionale ed energica e sa come affrontare con coraggio e audacia i momenti di crisi; è alta, atletica e attraente, ma piuttosto sfortunata nelle relazioni, con un ex-fidanzato che detesta, Roger, un energumeno pieno di sé, ma che continua a farsi vivo, e una madre oppressiva che tenta in continuazione di combinarle appuntamenti. Anche se qualche volta un barlume di interesse si accende per Frank, l’incapacità cronica di quest’ultimo nel relazionarsi con lei rende praticamente impossibile l’instaurarsi anche solo di un normale dialogo.

Ad accompagnare questo setting da commedia sentimentale ci sono, poi, le strampalate vicende degli esilaranti “funny animals”, ovviamente antropomorfi e loquaci, che popolano il rifugio per animali più pazzo del mondo:

  • Dean, un maiale ex mascotte universitaria, con problemi di alcolismo e profondamente dipendente dal tabacco;
  • Leslie, la rana-toro ipocondriaca, rifugiatasi a Liberty Meadows dopo il prosciugamento dello stagno in cui viveva;
  • il simpatico anatroccolo Truman, scampato al peggior disastro petrolifero della storia;
  • Ralph, l’orso nano da circo, strappato dalle mani di un domatore abusivo e ora affetto da manie di esibizionismo e ossessionato dalla costruzione di oggetti di dubbia utilità che sanno rendersi notevolmente pericolosi;
  • Oscar, l’unico fra gli animali protagonisti a non parlare, è un cane bassotto, affidato al centro dai suoi padroni e compagno di giochi di Truman.

Tra i tanti animali presenti nelle strisce troviamo anche lo stesso autore, Frank Cho, che ama ritrarsi nei panni di una scimpanzé – sebbene sia ufficialmente soprannominato “macaco” – nell’atto di rivolgersi direttamente ai lettori, rompendo la cosiddetta “quarta parete”.

La striscia, dichiaratamente comica, è disegnata con uno stile sempre molto elaborato; lo stesso Cho in un’intervista si è detto fiero del livello dei suoi disegni, ben diverso da quello usuale nelle strisce quotidiane che, a suo dire, sono spesso «disegnate da fare schifo». Le trovate comiche del fumetto, contraddistinte da un ritmo molto serrato, spaziano dai classici del genere (esplosioni, scazzottate, amori sfortunati) a situazioni paradossali come improbabili portali dimensionali o incursioni al di là della quarta parete. Nei suoi fumetti, inoltre, Cho include spesso riferimenti alla cultura popolare americana, nonché vere e proprie parodie di altre strisce e fumetti: fra i più richiamati possono essere citati Calvin e Hobbes, Cathy, Lil Abner, Dilbert e molti altri.

Insomma, un connubio postmoderno di disegno anatomico classico, per quanto riguarda i personaggi umani, con una cura quasi “maniacale” nel ritrarre il corpo femminile, e comic deformed, per quanto invece riguarda i simpatici animaletti protagonisti.

Per chi non si volesse fermare al cartonato Liberty Meadows – Sundays vol.1 potrebbe aggiungere al regalo Le strisce di Liberty Meadows raccolte sempre dalla casa editrice Saldapress in quattro volumi, editi a partire dal 2003, ma che sono stati ristampati con lo stesso formato di Sundays, un cartonato 27 x 24,5 di 160 pagine.

Un bellissimo regalo di Natale anche a prenderli singolarmente:

Liberty Meadows – Sundays vol.1

Liberty Meadows vol.1 – Eden

Liberty Meadows vol.2 – Tana dolce Tana

Liberty Meadows vol.3 – L’estate dell’amore

Liberty Meadows vol.4 – Cuore di ghiaccio

 

E per i veri fan di Frank Cho e delle sue bellissime donne, è disponibile ancora Women, un cartonato di 112 pagine che Saldapress presenta così:

Frank Cho è uno dei grandi maestri del fumetto contemporaneo. La sua arte trova compimento nel disegno del corpo femminile. Ne celebra di continuo la bellezza, con una passione che somiglia molto a un innamoramento incontenibile. La sua predilezione è talmente evidente che Frank Cho ha deciso di dedicare loro un intero volume, che lascia come sempre sbalorditi per lo straordinario talento con cui tratteggia figure, espressioni e corpi. Corpi che prendono vita.

La festa prima delle feste, di Will Speck e Josh Gordon

La festa prima delle feste viene organizzata proprio quando il morale è sotto i tacchi alla Zenotek di Chicago, dopo che la risoluta amministratrice delegata e CEO dell’intera azienda e di tutte le sedi negli Stati Uniti, Carol Vanstone (Jennifer Aniston), ha annunciato un piano di chiusura della loro divisione pochi giorni prima di Natale. Consapevole che l’arrivo delle feste non aiuterà a risollevare lo spirito dei suoi dipendenti, l’eccentrico presidente dell’azienda e fratello minore di Carol, Clay Vanstone (T.J. Miller), arruola il Responsabile Tecnico Josh (Jason Bateman) e l’Ingegnere di Sistema Tracey (Olivia Munn) per trasformare la festa di Natale in una miracolosa, epica e indimenticabile festa che possa convincere un cliente di primo livello (Courtney B. Vance) a firmare una nuova commessa e così salvare il lavoro di tutti.

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L’italiano del titolo La festa prima della feste rende meno immediato l’inqadramento del film all’interno di un preciso filone cinematografico rispetto all’originale inglese, Office Christmas Party, cioè “la festa di Natale in ufficio”. I registi Josh Gordon e Will Speck con la sceneggiatura di Jon Lucas, Justin Malen, Scott Moore e Laura Solon, imboccano la strada che parte dai “party movie” più famosi, primo tra tutti la trilogia di Una notte da leoni. Mantenere il meccanismo cambiando solo il “quando” e spostandolo a Natale era un’operazione che prima o poi sarebbe arrivata. L’idea si rivela buona, il film prende una direzione nota, quello della sballo della festa distruttiva, sin da subito, seminando poco prima i conflitti famigliari e lavorativi. Sono opposizioni molto semplici ma efficaci, la scrittura dei personaggi, anche dei comprimari, come l’ingegnere nerd, funzionano sebbene risultino già visti e rivisti e limitino la risata a un primo momento, più stanco alla fine della pellicola. Un ingrediente peculiare di questo genere molto preciso sono le diavolerie messe in campo per la festa, e le gag tipiche di quando si perde il senno dopo la sbronza che, in questo film, passano dalla distruzione totale del luogo di lavoro fino a rocamboleschi inseguimenti destinati alla catastrofe.

Alla fine La festa prima della feste in questa selva di ironiche volgarità, irriverenze e ubriacamenti fa sbocciare pure il suo lato più umano. Questa Notte da Leoni a Chicago diventa anche una simpatica riflessione sulla paura e sulla necessità di osare quando la vita mette alle strette. Un film ben equilibrato che tuttavia non innova ma è una buona, anzi ottima, alternativa ai classici cinepanettoni italiani prodotti in serie.

Asterix e il regno degli dei in DVD

Avete dimenticato di prendere qualcosa per i figli del vicino? Pensate sia tardi per correre ai ripari? Non è vero.

Basta correre a prendere Asterix e il regno degli dei, la nuovissima avventura dei personaggi creati da Uderzo e Goscinny. La prima interamente realizzata in computer grafica. Un film che terrà incollati allo schermo anche i bambini cresciutelli più o meno nascosti dentro ognuno di noi. Si tratta della trasposizione animata del 17° albo della serie e racconta di un nuovo pericolo che incombe sui Galli più famosi al mondo.

Stavolta Cesare, con l’obiettivo di indebolirli e “civilizzarli”, decide di costruire proprio fuori dal villaggio dei Galli una zona residenziale per nobili romani chiamata “il regno degli Dei”, privando i nostri amici della loro principale risorsa, il bosco. Tra tutti solo Panoramix, Asterix ed Obelix si accorgono del pericolo e come sempre toccherà ai nostri eroi salvare la situazione.

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La sceneggiatura rispetta la storia scritta da Goscinny, amplificandola in maniera egregia per il lungometraggio e non tralasciando situazioni e temi allegorici e anche sociopolitici. Così tra rivendicazioni sindacali dei legionari, schiavi che si rifiutano di diventare liberi perché l’indipendenza non conviene, consumismo, devastazioni ambientali, manipolazione dell’uomo medio e della coscienza collettiva si ride dei nostri tempi a distanza di millenni, e anche parecchio, con una regia eccezionalmente attenta alla suspense oltre che alla risata per ul film d’animazione al passo coi tempi. Ovviamente non mancano le geniali ed esilaranti gag che contraddistinguono da sempre questa fortunata serie. Insomma, divertimento assicurato per tutta la famiglia!

I contenuti extra del DVD sono tutto per tutti i gusti: le interviste a Louis Clichy, uno dei due registi, e Albert Uderzo, che non ha certo bisogno di presentazioni; l’immancabile making of del film; i segreti dell’animazione 3D; lo storyboard, sempre molto interessante; e i divertenti trailer. I Ricchi&Poveri nella colonna sonora, poi, sono una chicca di Goscinny, in quanto amante delle citazioni crossmediali, specialmente quelle riguardanti la cultura pop!

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Quest’anno non dovrete tirare a sorte il dvd nel reparto film d’animazione del centro commerciale più vicino. Con i nostri consigli non è mai troppo tardi! Ma adesso correte o dovrete giocarvi alla morra l’ultima copia rimasta sullo scaffale! BUON NATALE e… continuate a seguirci!
SPQRSono Pazzi Questi Regali!

Il racconto dei racconti in DVD

Per gli amanti del fantasy e della fiaba e per chi ha apprezzato l’encomiabile film di Matteo Garrone, il regalo dell’anno è Il racconto dei racconti, motivo di vanto per ogni italiano, con l’accortezza di ricordarsi che non si tratta di un film per famiglie, per bambini, forse più dall’adolescente in su! Per non trovarsi in imbarazzo, consiglio a chi non l’ha visto di vederlo prima di regalarlo, anche perché è un gran bel film e non si può sentire che non l’abbiate ancora visto!

Le suggestive storie de Lo cunto de li cunti di Basile finalmente incontrano il cinema, il grande cinema di Garrone che ha deciso, a buona ragione, di confrontarsi con il fantastico mondo delle fiabe. Un mondo gotico e onirico, con delle punte di horror, come sarebbe sempre naturale che sia, data l’origine stessa della letteratura fiabesca e la sua funzione esorcizzante delle paure.

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La scelta del regista ricade su tre fiabe che la casa editrice Donzelli ha pensato di raccogliere in un piccolo volume rivolto ai lettori di ogni età separatamente dal corpus delle cinquanta storie originarie. Tre storie che parlano di sentimenti, dall’amore all’amicizia, dall’invidia alla seduzione, in un’atmosfera grottesca, divertente, condita da magie, inganni, incantesimi, fate, orchi, torri da espugnare, insidie da snidare, sollazzi e gozzoviglia, alla corte dei re e all’ombra di castelli e boschi minacciosi o ridenti. Elementi che il regista ha saputo trattare con genialità, adattando e modificando il testo secondo necessità e fornendogli una nuova vita sul grande schermo e in home video.

Gli extra del DVD sono interessanti e visivamente molto belli, girati senza prenderci la mano, senza farne un film dentro al film. Momenti emozionanti della lavorazione, scene di trucco e di effetti speciali nel making of sono spettacolari, delicatamente commentati dalla musica ma con un testo ridotto all’essenziale per non togliere importanza alle immagini. Chiudono gli extra 6 interviste ai protagonisti. Da buon estimatore della sfera tecnica, sento la mancanza di un’intervista se non al regista almeno al supervisore degli effetti, ma è un piccolo neo in fondo.

L’edizione Blu-ray ha una bellissima sovracoperta in cartoncino.
Confezionate film e libro insieme se volete creare il regalo perfetto.

 

Natale in casa Cupiello, di Antonio Latella

Il presepe classico di Eduardo De Filippo prende vita tra le mani di Antonio Latella, e la natura morta impastata nella creta delle statuine e nella colla calda che le lega indissolubilmente l’una all’altra si trasforma in carne pulsante sulla scena. Lo spettacolo sarà in scena al Teatro Argentina di Roma dal 3 dicembre al 1 gennaio.

Ancora una volta è Natale, il giorno più atteso dal traballante Lucariello per riunire attorno a sé la famiglia e disporla ad arte, come ogni anno, attorno al suo meraviglioso presepe. Ingessati come le sue amate statuine, figli e parenti sono ancora addormentati sotto una gigantesca stella cometa e disposti l’uno accanto all’altro in un ordine geometrico, quasi maniacale, che li condanna al sonno fino a che Lucariello, con pazienza non li scarta uno ad uno per assegnargli il loro posto sulla scena del pranzo natalizio. Il presepe, con le sue forme perfette e il suo paesaggio irrealistico in cui l’acqua “vera” delle cascate sgorga tra le montagne innevate, rispecchia la famiglia e la società ideale che Lucariello vorrebbe costruire attorno a sé, in cui ognuno occupa il posto che gli è stato assegnato senza avere il coraggio sgretolare l’ordine precostituito e segue la strada a cui è stato destinato in silenzio, sotto la guida dell’immensa stella cometa che incombe sulla sua testa. Ma la “sacra famiglia” fatica a prendere forma in una realtà in cui la famiglia reale cade a pezzi, con il fratello Nicola che occupa abusivamente la casa, il figlio scapestrato Tommasino che ruba ripetutamente nelle tasche dei suoi familiari, Ninuccia che sta per lasciare il marito per correre dietro alle lusinghe di un giovane spasimante, e la povera moglie Concetta che trascina faticosamente il peso di tutte le anime in decomposizione che vagano per la sua misera casa.

Nulla è al suo posto, nulla ha il sapore che dovrebbe avere nella fantasia di Lucariello, neanche il caffè, che sa di scarafaggio e ristagna come l’acqua del suo presepe, specchio di una tradizione annacquata che sa di vecchio e che non trova spazio nel presente. Le nuove generazioni di Casa Cupiello non riconoscono il valore simbolico del suo presepe, ne ignorano la sacralità e lo distruggono senza rimorsi come un relitto di un’epoca passata, stantio come il caffè che gli viene somministrato ogni giorno e che trangugiano come una medicina, senza provare il benché minimo piacere.

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La famiglia tradizionale è morta e nel Natale in casa Cupiello di Antonio Latella la natività coincide con una via crucis in tre atti, in cui si celebra la lenta agonia del presepe, che nasce dal nulla sotto una gigantesca stella cometa dalle mani volenterose di Lucariello, che come un caparbio burattinaio scarta una ad una le sue statuine umane e le dispone sulla scena rispettando alla lettera le istruzioni del testo teatrale che lo governa. Ma la carne e il sangue di cui sono fatte vibra sotto lo strato apparente di carta pesta e quella natura morta, rimasta intatta per decenni a casa Cupiello, si sgretola tra le mani del suo creatore. Lucariello, imperterrito, tenta di ricostruire il suo amato presepe, ma i personaggi hanno vita propria e si scontrano sull’arena del pranzo di Natale come bestie selvatiche. Qui nuova generazione, rappresentata dai figli rivoluzionari Tommasino e Ninuccia, azzanna a morte la vecchia e si libera per sempre dal mondo incartapecorito in cui e nata per ricostruire sulle sue ceneri un mondo nuovo pulsante di vita.

La natività si trasforma tra le mani di Latella in una severa deposizione dalla croce, in un rito funebre che raccoglie attorno alla mangiatoia-sepolcro l’intera famiglia, ricostruendo il disegno della capanna con i colori cupi di un affresco caravaggesco, illuminato dalla luce di un testo brillante solo per pochi istanti. Lucariello si è arreso al mondo contemporaneo, scomposto e dinamico, e si è abbandonato tra le braccia di Concetta, stanca anch’essa di portare sulle sue deboli spalle il peso di una famiglia sofferente e di soffocare nell’abbondanza del cibo i rancori sopiti. Latella si assume il rischio di reinterpretare lo spirito di Eduardo con i suoi toni più dissacranti, mettendo in scena la morte e la rinascita del presepe e del suo creatore, con l’unico obiettivo di fare a pezzi l’ipocrisia di un mondo arcaico, soffocato da uno strato pesante di pelle avvizzita, per farlo risvegliare in una nuova era con indosso i panni della modernità.