orso d'oro

Berlinale 65 – Body, di Malgorzata Szumowska

Il corpo umano, fragile contenitore di un’anima eterna, racconta la sua storia senza parlare, limitandosi a mostrare senza vergogna la violenza che l’uomo esercita su di lui ogni giorno, in tutte le forme possibili. Il corpo fracassato, prosciugato e negato all’occorrenza, è l’oggetto inerme di tutte le frustrazioni umane, la vittima innocente di una sofferenza che viene da dentro e che non ha la forza di manifestarsi, se non attraverso il suo involucro silenzioso. La protagonista ha un corpo ossuto, corroso dalla bulimia, mentre quello di suo padre Janusz, informe, trabocca di grasso. Dopo la morte violenta della madre, i due si sono allontanati fino a raggiungere i due poli opposti: la fuga dal cibo l’una e le abbuffate consolatorie l’altro. Non si parlano mai, ad eccezione dell’unico momento della giornata in cui sono costretti ad incontrarsi, quello dei pasti, in cui il grasso traboccante dalle cosce di pollo trangugiate dal padre si scaglia violentemente contro la manciata di germogli di soia che riempie il piatto della figlia. La dimensione corporea è in lotta continua con quella spirituale dei personaggi, e questo vale in particolar modo per Janusz, che ogni giorno è costretto per lavoro a supervisionare i corpi martoriati, ritrovati dalla polizia e ad analizzarli con il distacco che la scienza richiede. Quando all’improvviso il suo mondo estremamente pragmatico si scontra con quello delle ombre e una presenza incorporea manifesta il desiderio di comunicare con lui per aiutarlo a riavvicinarsi a sua figlia, il loro equilibrio malsano si incrina e attraverso la psicologa-sensitiva Anna riescono a trovare una nuova strada da percorrere.

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La regista polacca Malgorzata Szumowska seziona i suoi corpi con freddezza, indugiando sui dettagli più macabri con un occhio quasi scientifico che scava a fondo nel dolore inespresso dell’essere umano, ma allo stesso tempo apre lo sguardo verso il soprannaturale, e propone come alternativa al materialismo la spiritualità, il dialogo con le ombre come cura per la malattia dell’anima. Ma se nel forte contrasto tra materiale e immateriale risiede il potenziale del film, l’incontro con il mondo dell’aldilà, se pur mostrato solo con fugaci apparizioni ultraterrene, rischia di indebolire la drammaticità della realtà e allontana l’attenzione dal problema della percezione distorta del corpo, portando la soluzione su un piano altro, che trascende la terapia psicologica per superare il dolore terreno e cerca tutte le risposte in una dimensione ultraterrena intangibile che si apre a ragionevoli dubbi.

Berlinale 2015: Orso d’oro alla carriera a Wim Wenders

La 65′ edizione del Berlin International Film Festival renderà omaggio a Wim Wenders con una serie di proiezioni in suo onore, tra cui Il cielo sopra Berlino, che sarà proiettato il 12 febbraio al Berlinale Palast, e fregerà il regista tedesco dell’Orso d’oro alla carriera. La manifestazione si svolgerà dal 5 al 15 febbraio 2015.

“Omaggiando Wim Wenders, onoriamo uno dei più famosi autori contemporanei. I suoi lavori come regista, fotografo e autore, sfaccettati ed eterogenei, hanno plasmato la nostra memoria cinematografica e continuano ancora oggi ad ispirare gli altri registi”, ha dichiarato Dieter Kosslick, il direttore della Berlinale, che per questa edizione ha previsto una retrospettiva completa dei film e dei documentari di Wenders.

Negli anni Settanta Wim Wenders ha fatto parte di quella generazione di registi che hanno influenzato enormemente il “Nuovo Cinema Tedesco”.  Fronteggiando la crisi artistica ed economica del cinema dell’epoca, hanno sviluppato nuove forme estetiche e si sono messi in gioco in una serie di produzioni e distribuzioni indipendenti. Dal suo film d’esordio Summer in the City del 1970, Wenders ha realizzato più di 50 film, aggiudicandosi la Palma d’oro a Cannes per Paris, Texas del 1984 e il premio come miglior regista sempre a Cannes nel 1987 per Il cielo sopra Berlino. A Venezia ha ricevuto il Leone d’oro per Lo stato delle cose nel 1982 e  l’Orso d’argento a Berlino per The Million Dollar Hotel  nel 2000. Durante la Berlinale del 2011, Wenders ha presentato il suo straordinario progetto in 3D Pina, ottenendo un grande successo di critica e di pubblico, e ancora oggi Wim Wenders può esere considerato uno dei più grandi innovatori nel panorama cinematografico contemporaneo.