passo uno

Kubo e la spada magica, di Travis Knight

Quarto lungometraggio per Laika Entertainment, con i suoi oltre 145.000 fotogrammi, Kubo e la spada magica è un capolavoro di animazione in stop-motion che insidia il primato di Alla ricerca di Dory nella classifica del miglior film di animazione dell’anno e non solo, potrebbe addirittura competere con le migliori pellicole dell’anno.

Perfetta la sceneggiatura di Marc Haimes [Collateral, Transformers] e Chris Butler [ParaNorman, La sposa cadavere, Coraline e la porta magica], basata sul formidabile soggetto di Shannon Tindle [Coraline e la porta magica, I Croods] e Marc Haimes: nucleo narrativo da romanzo di formazione, struttura che richiama il viaggio dell’eroe, innestando elementi desunti dalla cultura nipponica, come origami, bunraku, samurai, cerimonie antichissime al fascino della lanterna magica, l’origine del cinematografo.

«Non battere ciglio… da ora! Presta attenzione a tutto ciò che stai per vedere e ascoltare, per quanto strano possa sembrarvi. E vi avverto: se distoglierete lo sguardo, se vi distrarrete o se dimenticherete anche una sola parte della storia, il nostro eroe di sicuro perirà!».

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Nell’antico Giappone un ragazzo senza un occhio di nome Kubo si prende cura di sua madre in una grotta su una scogliera isolata e si guadagna da vivere raccontando storie agli abitanti del vicino villaggio costiero sfruttando il potere magico di famiglia che permette di animare gli origami come in uno spettacolo bunraku, accompagnato dal suono del suo fedele shamisen, uno strumento a tre corde. Protagonista delle sue storie è il leggendario guerriero Hanzo, suo padre, che morì per difendere lui e sua madre dall’ira del nonno Raiden. Da allora madre e figlio vivono celati dalla luce della luna per non essere trovati, ma una notte, nel tentativo di comunicare con lo spirito del padre durante l’obon, la tradizionale cerimonia delle lanterne, Kubo rimane fuori dal rifugio dopo il tramonto e le malvagie zie lo trovano e faranno di tutto per strappargli l’altro occhio. Intraprendere un viaggio alla ricerca dei tre pezzi dell’armatura del padre è l’unica soluzione per salvare se stesso e la propria famiglia. Fortunatamente con lui ci sono Scimmia e Scarabeo, due insoliti aiutanti per una “quest” che va ben oltre gli oggetti in sé: la spada indistruttibile, la corazza impenetrabile e l’elmo invulnerabile sono solo una piccola parte dei segreti che Kubo dovrà scoprire.

«Sicuro non sia la spada “introvabile”?».

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Gli elementi dell’epopea avventura e della leggenda popolare si mescolano ai sentimenti che sono l’energia vitale della trama, della storia che in questo film è, a maggior ragione, l’equivalente stesso della vita. Scheletri giganti, occhi scrutanti, malvagi mascherati dovranno vedersela con la loro nemesi per antonomasia: l’amore indistruttibile, impenetrabile, invulnerabile.

«I ricordi hanno un grande potere».

La voce di Kubo, nella versione originale [Kubo and the two strings], è di Art Parkinson, che ha interpretato Ingeras, l’amato figlio di Dracula Untold, mentre a doppiare gli altri personaggi sono le star Matthew McConaughey, alla sua prima volta, Charlize Theron, Rooney Mara [Carol, Prometheus] e Ralph Fiennes [Spectre, A bigger splash]. A cotante stelle corrispondono fortunatamente grandi nomi italiani, molto esperti nel doppiaggio di film di animazione, Neri Marcorè, Domitilla D’Amico, Chiara Colizzi, Stefano Benassi, a sostegno della voce italiana di Kubo, Giulio Bartolomei.

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Kubo e la spada magica segna il debutto alla regia per Travis Knight, che non è il fratello di Michael Knight, il pilota della Supercar K.I.T.T., anche se la macchina meravigliosa che ha tirato su è altrettanto super e in quanto a fama non scherza neanche lui: ex rapper, con lo pseudonimo Chilly Tee, è da qualche anno il presidente e CEO della Laika Entertainment, nata dalle ceneri dei Will Vinton Studios, realizzatori di animazioni in claymation che hanno fatto la storia degli anni ‘80 e ’90: i cortometraggi The Creation e The Great Cognito, nominate agli Oscar rispettivamente nel 1981 e nel 1982; le animazioni di Nel fantastico mondo di Oz, sfortunato seguito de Il mago di OzSpeed demon, una delle sequenze animate di Moonwalker, e alcune trovate pubblicitarie tanto seguite da raggiungere una seppur minima serializzazione televisiva, come The California Raisin Show, da noi erroneamente intitolato Le prugne della California, ma i più famosi al momento sono i testimonial animati della MM’s, attualmente in uso.

Travis, muove i suoi primi “passo uno” come animatore proprio presso i Vinton Studios e, quando la società inizia ad aver bisogno di fondi esterni, Phil Knight, padre di Travis, nonché presidente e cofondatore della Nike, s’inserisce come azionista di maggioranza nel 2002 e in pochi anni, nel  2005, viene fondata la Laika con un supervisore d’eccezione, Henry Selick (The nightmare before Christmas, Coraline e la porta magica).

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Da allora la casa di produzione di Portland, patria di un’altra gemma come I Simpson, ha inanellato una serie di successi che, per chi conosce il lavoro maniacale che c’è dietro questo genere di animazione, sono vere e proprie opere d’arte: da La sposa cadavere a Kubo, passando per BoxTrolls, ParaNorman e il citatissimo Coraline, quest’ultimo battuto di un minuto nel primato di stop-motion movie più lungo al mondo.

«Tutte le storie hanno una fine».

Ad impreziosire un prodotto già di per sé fantastico, è stupendo poter evidenziare, per stima prima che per campanilismo, le musiche originali, studiate nel dettaglio, del pisano Dario Marianelli, premio Oscar® 2008 per Espiazione e compositore anche di BoxTrolls, Il solista, Everest, V per vendetta, Anna Karenina, Il pescatore di sogni, Agora, Jane Eyre, Orgoglio e pregiudizio, Quartet, Stanno tutti bene, Mangia prega ama, solo per citare le colonne sonore di maggior successo.

End credits da applausi con una While my guitar gently weeps di George Harrison, in una nuova versione cantata da Regina Spektor, e qualche chicca imperdibile, perciò non alzatevi immediatamente dalle poltrone, le vostre quest quotidiane possono attendere qualche altro minuto per godere fino alla fine di questo prezioso gioiello d’animazione che è Kubo e la spada magica.

«You are my quest».

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Fantasticherie di un passeggiatore solitario di Paolo Gaudio

«È stato un viaggio stupendo finché è durato…»

Realizzato in tecnica mista Fantasticherie di un passeggiatore solitario rappresenta l’esordio nel lungometraggio del filmmaker Paolo Gaudio che, da anni, è impegnato nella sperimentazione di ogni tecnica d’animazione a passo uno: stop motion, puppet animation, pixelation, claymation, cutout animation, computer grafica.

Jean Jacques Renou [Luca Lionello] è uno scrittore che vive nel 1876, in uno squallido e angusto seminterrato, ossessionato dal desiderio di portare a termine la scrittura di Fantasticherie di un passeggiatore solitario, un romanzo di formazione sottoforma di ricettario fantastico che, per il suo autore, ha uno scopo ben preciso. Theo [Lorenzo Monaco] è un giovane laureando in filosofia dei nostri tempi, insicuro e intrappolato tra vicende familiari opprimenti e una bizzarra passione per i libri incompiuti, tra i quali proprio quello di Renou. Totalmente rapito dal romanzo, Theo si impone l’obiettivo di realizzare la “Fantasticheria n° 23”: una delle ricette, l’ultima scritta dal poeta, che conduce in un luogo straordinario chiamato Vacuitas. La lettura di Theo e la scrittura di Renou portano, intanto, in scena la storia di un bambino smarrito in un bosco senza tempo.
Tra gli altri interpreti: Fabrizio Ferracane, Angelique Cavallari, Fabiano Lioi, Nicoletta Cefaly, Domiziano Cristopharo.

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Una fiaba sul senso di colpa e sul fallimento, sull’incompletezza e sul desiderio di controllo.
Una scrittura cinematografica che utilizza i libri incompiuti come allegoria della condizione umana.
Una sceneggiatura in cui gli eventi, per quanto fantastici, assurdi, improbabili, raccontano di uno, nessuno e centomila personaggi che generano altrettante potenziali avventure che la “compiutezza” del film necessariamente tarpa.
I tre livelli spaziotemporali della narrazione portano ad un intreccio di significazioni, di allegorie, di riflessioni filosofiche ed esistenziali che sono simili a quelle di The Fountain, un capolavoro di Darren Aronofsky poco apprezzato dal grande pubblico e che forse è stato un po’ preso sottogamba dalla critica nel 2006. Oltre alle citazioni e ai rimandi dichiarati dall’autore nei confronti del cinema fantastico e di genere e di molti maestri degli effetti speciali, in Fantasticherie di un passeggiatore solitario si nota quantomeno l’influenza della rappresentazione “concreta” dell’immaginario tipica di Michel Gondry, soprattutto nella sequenza in cui Theo vola libero sulla città.
L’universalità dei contenuti trattati porta a riflettere sui rimorsi e i rimpianti del passato che, troppo spesso, condizionano il presente, non permettendo al futuro di muoversi libero, senza catene. Il bambino della realtà animata che è costretto a portare sulle spalle l’anziano esanime è un emblema proprio del conflitto generazionale e del peso che le scelte del passato hanno sulle generazioni successive.

Fare cinema di genere in Italia già è complicato, poi, se si va a considerare il settore dell’animazione di questo tipo, ci si rende conto di quanto coraggioso sia stato Gaudio e di quanto sia stato fondamentale l’apporto del Leonardo Cruciano Workshop, il laboratorio di effetti speciali che lo ha assistito nella realizzazione del film e con il quale Smart Brands ha dato vita al nuovo centro creativo e produttivo Makinarium, già noto al pubblico per aver reso possibili e di successo le creature de Il racconto dei racconti di Matteo Garrone.

In questo caso è notevole la volontà del regista di ridurre al minimo gli interventi di computer grafica per rendere il territorio dell’immaginazione e della fantasia un possibile elemento “concreto” della quotidianità, preferendo tecniche con animatori dal vivo, rimossi digitalmente in fase di post-produzione.

La parte live action, bisogna essere sinceri, lascia un po’ a desiderare per credibilità e spessore narrativo, forse perché gli attori italiani sono poco avvezzi a recitare simulando l’interazione con personaggi virtuali, non essendo una skill particolarmente richiesta dal nostro cinema. Nonostante questo, i riconoscimenti che il film sta ottenendo nei festival internazionali testimoniano che si può competere con il resto del mondo e siamo certi che continuerà a farlo, che affronterà con successo ogni ostacolo, innalzerà i suoi limiti e passerà oltre la sua incompiutezza per compiere grandi imprese. Non è solo un augurio, questo, ma un’estrapolazione dati alla mano: mentre aspettiamo il prossimo lavoro ispirato dalla fervida immaginazione di Lovecraft, il primo tentativo coraggioso di Paolo Gaudio conquista il Grand Prix du Festival de La Samain du Cinéma Fantastique di Nizza, il Best World Film del Boston Science Fiction Film Festival, l’Audience Award del Fantastic Cinema di Little Rock, il Premio Mario Bava per la migliore opera prima al Fantafestival di Roma, i premi per Miglior Film e Premio Speciale Antonio Margheriti al TOHorror Film Fest di Torino.

Dopo aver girato numerosi corti, Gaudio firma un’opera prima di genere fantastico carica di visioni surreali, che trascina il pubblico in un’avventura a più livelli che è anche un viaggio all’interno di noi stessi, eroi intrappolati in un mondo difficile che obbliga a riflettere, perché ogni scelta ha una conseguenza che può cambiare il nostro futuro.

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Se i personaggi del film, colpiti chi più chi meno da circostanze dolorose e traumatiche, sono ossessionati dalla vacuitas, nell’accezione di spazio vuoto, che può essere anche privazione e assenza, il film spinge, invece, verso il significato meno conosciuto della parola latina che rimanda ad un senso di libertà che nasce dalla mancanza di tutti quei pesi, quelle paure, che non permettono di volare.

«È questa la libertà! Essere liberi significa non credere alla paura dei grandi»