Pilou Asbæk

Lucy, di Luc Besson

Se è vero che gli esseri umani hanno accesso solo a una minima parte della capacità cerebrali, cosa accadrebbe se prendessero il controllo totale del loro cervello? La conoscenza parziale delle cose del mondo si estenderebbe all’universale e il potere sul corpo umano, sulla tecnologia e sulla natura intera sarebbe assoluto. Il primo passo sarebbe una percezione accentuata di ogni componente del proprio corpo, fino allo scorrere del sangue sotto la pelle e allo scricchiolio delle ossa poi, lentamente, si estenderebbe spazio che lo circonda, all’aria, ai corpi delle altre persone, e alla ragnatela invisibile di vibrazioni e onde elettromagnetiche che intrappolano gli esseri umani in una rete globale. Il cervello potrebbe smembrare le cellule per rimetterle insieme a suo piacimento, fare a pezzi i corpi, giocare con la materia e trasformarla in una sostanza immateriale che si scompone e si ricompone all’occorrenza per attraversare il tempo e le ere geologiche, per poi ritornare inevitabilmente all’origine del mondo, dove tutto ha avuto inizio.

Lucy è la prescelta, la depositaria involontaria di questo potere sconfinato. Il suo corpo è il prezioso involucro di una sostanza chimica al limite del fantascientifico, in grado di potenziare le capacità fisiche e psichiche a un solo assaggio, e che dissolta nel sangue e irradiata nell’organismo trasforma gli uomini in dei. Il suo corpo è una mappa di percezioni amplificate, una fitta rete di  impulsi elettromagnetici, che leggono le persone, le attraversano e le manipolano, così come fanno con il tempo, che si arrotola e si srotola ad un battere di ciglia. Ma ora che Lucy possiede la conoscenza assoluta del mondo e il potere divino, quale può essere il passo successivo se non la perdita inesorabile dell’umanità, del dolore e della fallibilità che accomuna le creature terrene?

 

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Lucy si costruisce sulle immagini più che sul’azione, in una rete visiva ipnotica in cui gli eventi si rincorrono alla stessa velocità della trasformazione di Lucy da donna in dea. Luc Besson infatti lascia in secondo piano i poteri supereroistici e la sete di giustizia di Lucy, per riflettere sull’essere umano intrinsecamente onnipotente, creato a immagine di Dio, che tiene gelosamente nascoste le sue capacità in un’area della mente che non ha il coraggio di esplorare. Besson sfonda questa porta segreta per scatenare un potere sconosciuto, e mette le sorti del mondo nelle mani di una ragazza inconsapevole, spaventata più che grata delle sue nuove capacità, che non aspira ad altro che tornare alla sua umanità problematica e imperfetta.

L’onnipotenza è una condanna o, almeno per adesso, un fardello troppo ingombrante per l’uomo, e Lucy, che porta il nome della prima donna comparsa sulla terra,  si pone come spartiacque tra il passato e un futuro visionario, in cui anche la morte diventa inconsistente, e tutto si trasforma in una materia intangibile che trascende, si trasforma in energia e penetra il tutto raggiungendo, se pure in una forma diversa, l’immortalità a cui ha sempre aspirato.