Re Lear

Re Lear, di Stefano Sabelli

Dal nulla verrà nulla. Questa è la maledizione che il vecchio Re Lear lancia a Cordelia, la figlia che ama di più ma che non è capace di pesare il suo amore con l’adulazione nel momento in cui lui chiede alle sue figlie di dimostrare a parole il loro amore in cambio di un pezzo del suo regno. Così inizia la tragedia portata in scena da Stefano Sabelli al Teatro dell’Orologio, che immerge il dramma shakespeariano in un’atmosfera balcanica colorata e costantemente sopra le righe, in cui un ruolo fondamentale giocano gli scatenati musicisti della Riserva MOAC & Bukurosh Balkan Orchestra. Se Lear è un Re zingaro, le sue figlie Goneril e Regan diventano le lascive concorrenti di un concorso di bellezza, che non esitano a mettere in gioco tutta la loro fisicità, oltre che l’adulazione più sfrenata per essere incoronate Miss delle nuove Regioni di Bretagna.

Completamente diverso è l’atteggiamento di Cornelia che, serrata nei suoi abiti rigorosi, non lascia intravedere neanche un briciolo dell’affetto debordante che ostentano le sue sorelle e, salda sulle sue posizioni, preferisce l’onestà all’ipocrisia a costo di perdere ogni cosa. Lear divide il suo Regno fra due figlie adulatrici e ripudia Cornelia, ma è proprio questo l’inizio della fine perché questo gesto sconsiderato fa perdere al re zingaro il senno e la rosa dei venti del suo roboante carrozzone, e lo costringe a vagare per il suo regno perduto in cerca d’amore in una tempesta d’odio.

Re-Lear-1

Il Re Lear messo in scena dalla Compagnia del Loto è un’ode alla decomposizione lenta ma inesorabile dell’uomo, che si materializza prima in quella del suo regno, poi della sua famiglia, e infine della sua mente, mentre intorno a questo teatro-mondo esplodono ritmate fanfare Gipsy, ad annunciare il crollo dell’impero dei vecchi per far posto ai giovani, che mettono in campo tutte le armi a loro disposizione per trovare il loro posto nel mondo. Ma se Goneril e Regan si aggirano nel regno come Erinni affamate, pronte a risucchiare la vita di chiunque intralci il loro piano diabolico, Cornelia non usa altro che l’amore e la compassione, cercando l’alleanza di tutti coloro che un tempo erano fedeli al vecchio re. Chi vincerà questa sanguinosa battaglia? Nell’adattamento di Stefano Sabelli così come nel dramma shakespeariano l’unico vincitore di questa tragedia umana è l’odio, che travolge gli uomini come ramoscelli in balia della tempesta, e con il suo alito di morte è in grado di radere al suolo anche i regni più fiorenti e le menti più brillanti.

Re Lear, di Daniele Salvo

“Che potrà dir Cordelia? Tacere, solo, ed amare in silenzio”. Questa è la sorte di chi ha il cuore leggero e non ha bisogno di appesantirlo con vane parole, per aggiungere orpelli alla purezza dei suoi sentimenti. Cordelia, la figlia minore dell’anziano Re Lear, ama suo padre con sincerità, ma il suo sentimento è schiacciato dalle lusinghe di Goneril e Regan, le figlie più furbe, che lo imboniscono per accaparrarsi una fetta più grande del suo regno. Re Lear è anziano, ma non abbastanza saggio per leggere il cuore invece delle parole, e senza esitazione punisce Cordelia per il suo amore silenzioso, la bandisce dal suo regno e lascia le sue sorelle a ballare sui suoi possedimenti.

Il regno è smembrato tra i due cani famelici travestiti da donne, e Lear resta solo con il suo seguito a vagare per la foresta in cerca di un riparo, di qualcuno che lo accolga nella sua dimora, come re e come padre. Ma le sue beneamate figlie non conoscono la pietà, hanno perso l’umanità nell’istante stesso in cui sono diventate regine, e la Britannia non è più la casa accogliente dei suoi ricordi, ma una terra fredda, violenta, in cui la giustizia trionfa sull’ingiustizia e l’adulazione vince i cuori più deboli. Anche allo sprovveduto conte di Gloucester spetta la stessa sorte, annebbiato dai racconti calunniosi del figlio bastardo Edmund alle spalle dell’ignaro Edgar, allontanato dalla corte con l’accusa di tradimento e gettato in pasto alle bestie feroci con l’unica colpa di aver amato troppo suo padre. Edgar vaga nella natura, vestito di stracci e pazzo di solitudine, proprio come Lear ma, quando le loro strade si incontrano, la luce della verità spacca l’oscurità e gli anziani sovrani di Britannia vedono la verità oltre la cecità dei loro occhi stanchi.

RE LEAR ®MarcoBorrelli (12)

I giovani e gli anziani si scontrano su un campo di battaglia universale, schierando la lealtà e la vanagloria a difesa della propria vita, su un palcoscenico vuoto, spogliato da Daniele Salvo di tutti gli elementi decorativi in favore dell’essenzialità e della nitidezza interpretativa, in cui l’uomo si batte contro l’uomo sotto lo sguardo impietoso della natura. La natura infatti è l’unica scenografia possibile per questa triste vicenda umana, in cui i re abbandonano i costumi regali per ritrovarsi nudi al cospetto della verità, così come di una foresta in cui non c’è riparo per le tempeste della vita.

Ma se il vecchio Lear e il giovane Edgar hanno abdicato ai beni materiali, un bene più grande li attende nella natura selvaggia: la follia e con questa il privilegio di toccare l’essenza delle cose, la verità senza l’impalcatura della ragione. E nella sua messa in scena Daniele Salvo punta proprio a svelare la verità dei sentimenti, annullando gli orpelli stilistici che nei secoli hanno appesantito questo testo, per ricondurre la parola al suo potere originario e regalare ai personaggi un’umanità dimenticata, lasciando al corpo e al sangue il privilegio di narrare il dramma di Re Lear.