Sherlock Holmes

Sherlockon 2017: a Roma la Convention Internazionale Italiana su Sherlock Holmes

Si svolge il 27-28-29 gennaio presso il Nuovo Teatro Orione di Roma la prima edizione dello Sherlockon, prima convention italiana interamente dedicata alla figura di Sherlock Holmes. L’evento si pone a metà tra l’accademico e il ludico ed è ovviamente rivolto agli appassionati della figura del Detective creato da Arthur Conan Doyle. Ed è un mondo immenso che lo Sherlockon cerca di rappresentare in molti dei sui aspetti in particolare quello teatrale.

Cuore, infatti, della manifestazione sono i due spettacoli giornalieri, interpretati da diverse compagnie, che portano in scena testi tratti o ispirati al canone dei racconti di Holmes. Le rappresentazioni variano da interpretazioni fedeli al personaggio, a variazioni più comiche e gotiche, fino ad arrivare a gialli teatrali interattivi, in cui è chiesto al pubblico di svelare il delitto.

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Ma se il teatro è sicuramente l’aspetto principale della manifestazione, la figura di Holmes è visionata anche in altre forme. Sono presenti infatti diverse conferenze che affrontano i testi letterari dedicati al personaggio, dalla saggistica alla presentazione dei testi letterari apocrifi che, in Italia, possono perfino vantare una collana Mondadori. Sempre in ambito cartaceo, anche molte conferenze su gli adattamenti a fumetti del personaggio.

Come dicevamo all’inizio, però, oltre ad un lato accademico, esiste anche quello ludico. È possibile infatti, durante la manifestazione partecipare a differenti giochi. Da uno da tavolo, ad uno dal vivo. Ed è in particolare questo ultimo gioco, in cui i partecipanti sono invitati ad aiutare Watson a risolvere un delitto che dà alla manifestazione il suo aspetto più piacevole. Come in una fiera del fumetto piena di Cosplayer, assistiamo qui ad una forte presenza di persone vestite in foggia Vittoriana.

E questo è uno degli aspetti più affascinanti, insieme alle teche disposte all’entrata, contenenti oggetti dedicati al Detective, che vanno dagli scacchi, al kit del buon investigatore. Infine, per rendere la manifestazione ancora più completa, ci sono dei workshop dedicati al Bartitsu, un metodo di autodifesa nato in Inghilterra alla fine del 1800 ed è quella praticata da Holmes, come dichiarato Doyle nei suoi romanzi, per difendersi. Una manifestazione da non perdere quindi, che ha come unica pecca la non presenza dello Sherlock Holmes cinematografico e televisivo, ma che sicuramente saranno presenti nelle prossime edizioni.

Per entrare nel mondo dello Sherlockon 2017 visita il sito:  http://www.sherlockon.com/

 

Berlinale 65 – Mr. Holmes, di Bill Condon

Sherlock Holmes è andato in pensione, ha cambiato casa e anche lavoro. Le sonnolente campagne del Sussex hanno preso il posto dell’appartamento di Baker Street nel cuore di Londra, e la febbricitante attività investigativa al fianco del saggio dottor Watson è un ricordo lontano. Watson è felicemente sposato e ha preso da tempo la sua strada, dopo essere diventato famoso per aver messo su carta le incredibili avventure di Sherlock Holmes, mentre del vero protagonista della storia è rimasto solo un apicoltore solitario che perde ogni giorno un pezzo di memoria. Lo straordinario Sherlock è un vecchio ordinario, scontroso e smemorato, che cerca la cura a tutti i suoi mari in un cucchiaio di miele miracoloso, senza amici e senza amore. Gli unici che fanno parte della sua nuova realtà sono la sua badante e suo figlio Roger, brillante e curioso, e soprattutto grande ammiratore delle imprese del grande Sherlock. Ma fino a che punto la finzione letteraria ha superato realtà? La mente più vivace d’Inghilterra vive davvero in questo corpo decrepito?

Lo Sherlock Holmes che racconta Bill Condon non ha nulla del suo stereotipo letterario, non indossa il cappello e non fuma la pipa, e dichiara candidamente di non essere mai stato il personaggio che Watson ha descritto nei suoi racconti, ma un uomo fallibile e debole, che alla fine della sua vita sta traendo le somme dei suoi insuccessi. L’ultimo caso che ha tentato di risolvere è stato un fallimento totale e da quel momento in poi ha smesso di indagare e si è ritirato in campagna a rimuginare sui suoi errori. Il caso della bella Ann Kelmot, la donna misteriosa di cui tiene una fotografia gelosamente nascosta nella sua scrivania, continua a tormentarlo giorno e notte e ogni piccolo dettaglio che torna a galla nella sua flebile memoria è fondamentale per ricomporre i pezzi e mettere in pace la sua anima.

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La storia di Sherlock Holmes è stata raccontata in un’infinità di media diversi, dalla letteratura al cinema, passando per la serie tv, osando stili ed epoche storiche diverse, ma Sherlock è sempre rimasto intrappolato nel personaggio rocambolesco che Watson o Doyle gli hanno cucito addosso e non ha mai avuto la possibilità di raccontare le sue avventure con la sua voce. Finalmente grazie a Condon è arrivato il momento per Sherlock di gridare al mondo la sua verità e di ricostruire la sua vita esclusivamente attraverso la sua memoria, o ciò che ne rimane. L’eroe si è trasformato in un antieroe in là con gli anni ed è proprio in questa coraggiosa rappresentazione che Condon sperimenta, crea il nuovo. Il personaggio e l’interpretazione caricata di Ian McKellen, sovrastano la scena, che non si discosta dagli histical drama della BBC e non osa in nulla se non nell’immagine di Sherlock Holmes, lasciando spazio a una realtà decadente ma non meno vibrante della fantasia.

The Judge, di David Dobkin

Il ritorno alla provincia ed il rapporto difficoltoso padre-figlio sono temi che innegabilmente piacciono molto al cinema americano. The Judge si inserisce senza nascondersi troppo in entrambi i filoni utilizzando due grandi attori quali Robert Downey Jr e Robert Duvall, per raccontare una storia che, pur non spiccando per originalità, ha come punto di forza, oltre ad i suoi interpreti, una regia da manuale che mischia inquadrature canoniche a qualche piacevole vezzo stilistico, rivelando grande attenzione per i dettagli. Emblematica la carrellata iniziale di oggetti che mette in chiaro col minimo sforzo le caratterizzazioni di tutti i membri della famiglia Palmer: una videocamera, una mazza da baseball, un articolo di giornale polveroso e una pianta di ortensie lilla.

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La sceneggiatura è caratterizzata dal plot legal-drama che vede come protagonista il brillante avvocato metropolitano Herny Palmer, in lite da anni con il padre Joseph, giudice del piccolo paese dell’Indiana in cui è nato. La morte improvvisa della madre lo costringe a tornare nell’entroterra americano e qui il dramma familiare si intreccia con all’accusa di omicidio che ricade sull’anziano padre, apparentemente colpevole di aver investito con l’auto un uomo la notte seguente ai funerali della moglie. La presentazione rimane comunque la parte migliore della pellicola ed è tenuta in piedi dal solito Downey Jr, che con il suo personaggio sopra le righe ricalca più o meno tutte le ultime figure da lui interpretate, da Sherlock Holmes a Tony Stark, conquistando facilmente la simpatia dello spettatore.

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Quando la trama però entra nel vivo cominciano i problemi. La scoperta della malattia terminale che affligge il giudice Palmer e tutto il processo di riavvicinamento tra i protagonisti si muove su binari fin troppo prevedibili e melensi. Duvall ce la metta tutta per commuovere lo spettatore, ma la sua prestazione viene annacquata da una serie di momenti ridondanti, che avrebbero giovato di qualche sforbiciata nelle due ore e mezza di durata. Sintomatica anche la ripetizione della bella “Holocene” di Bon Iver, colonna sonora delle scene più intense utilizzata in più di un occasione.
Oltre alla monotonia, non mancano poi i luoghi comuni tutti fedeli al moderno american style: dalla bandiera che inneggia alla nazione, alle ex fidanzate ancora innamorate, ai fratelli giocatori di baseball, fino alle bambine perfette che non fanno altro che sorridere. Di certo si tratta di un esempio di cinema con poche sbavature nella sua confezione e che mira alle lacrime di un grande pubblico, ma per mancanza di coraggio e di inventiva difficilmente rimarrà impresso nella nostra memoria.

Marco Nicoli