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La notte del giudizio – Election year, di James DeMonaco

In un futuro distopico si ritiene giusto che la cura per la crisi economica e la dilagante delinquenza sia fornire ai cittadini un’occasione annuale di iperviolenza “controllata”, denominata Sfogo [The Purge]: 12 ore di terrore, durante le quali tutte le attività criminali, compreso l’omicidio, diventano legali. Due sole regole: divieto di aggressione ai funzionari governativi di livello 10 e divieto di armi da guerra come granate, bazooka, mine antiuomo e lanciamissili. L’interessante serie di film che fanno capo a La notte del giudizio, di James DeMonaco [Il negoziatore, Assault on Precinct 13], un survival horror che sfrutta la tensione della home invasion per nascondere una forte critica sociale, parte proprio da questi presupposti.

La notte del giudizio – Election year è il terzo capitolo di questa fortunata saga che si fa prepotentemente largo tra i migliori titoli di un genere molto particolare: la fantascienza sociologica, termine che traduce l’originale social science fiction e che, dalla fine degli anni cinquanta, è stato coniato per definire un insieme di romanzi e racconti di fantascienza a sfondo sociale incentrati sulle scienze sociali più che sulla tecnologia. Scrittori come Robert Sheckley, Frederik Pohl, Cyril M. Kornbluth, William Tenn, hanno fatto da pionieri per i più noti Richard Matheson, Mack Reynolds e Philip K. Dick, che hanno ispirato pellicole leggendarie e che continuano ad influenzare le nuove generazioni. Le recenti saghe young adult di successo, come Hunger games, Divergent, La quinta onda o Maze runner, rientrano a pieno titolo nel settore social sci-fi.

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La fantascienza sociologica pone l’accento non tanto su improbabili tecnologie scientifiche o su avventure spaziali oltre i confini conosciuti dell’universo, quanto più su ipotetiche evoluzioni della società umana, che diventano proiezioni future del presente e, quindi, oggetto di satira, ironia e sarcasmo più o meno celati: politica, economia, mass media, pubblicità, industrializzazione, legalità, morale, abitudini, atteggiamenti, persino sentimenti e rapporti interpersonali, come Terry Gilliam ci mostra in The Zero Theorem, finiscono sotto una lente d’ingrandimento che diventa specchio distorto dell’epoca attuale.

Per fare un altro esempio illustre, nel racconto La settima vittima (1954, in piena Guerra Fredda), che ha ispirato La decima vittima di Elio Petri, Contenders – Serie 7 e, con molta probabilità, anche gli Hunger games, Robert Sheckley ipotizzava una società che, per evitare i conflitti bellici, con l’intento catartico di dar “sfogo” all’innato istinto violento dell’uomo, come in La notte del giudizio, paradossalmente istituzionalizzava l’omicidio, attraverso una sorta di gioco mortale con regole da rispettare per i partecipanti e premi ai “cacciatori” più esperti. Anche Ray Bradbury, in Fahrenheit 451 (1953) narra di una società futura antidemocratica in cui i giochi a premi interattivi offuscano la mente delle persone, possedere libri è un crimine e sono i pompieri a provvedere a bruciarli. Anche Fahrenheit 451 ebbe la sua trasposizione cinematografica grazie a François Truffaut nel 1966.

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Così, in questo contesto di satira sociale e fantapolitica quelli che in La notte del giudizio sono i leader chiamati «Nuovi Padri Fondatori degli Stati Uniti d’America, una nazione risorta» sono la proiezioni delle teorie cospirative odierne che vedono nella società segreta dei cosiddetti “Illuminati”, un gruppo oligarchico, che vorrebbe stabilire un “Nuovo Ordine Mondiale”, manipolando subdolamente la popolazione per soppiantare l’attuale status sociale con lo scopo ultimo di ottenere il controllo totale del pianeta.

Non si spinge a tanto la saga scritta e diretta da James DeMonaco e finanziata da due produttori oculati come Jason Blum [Insidious, Paranormal activities, Whiplash] e Michael Bay [Transformers, Ouija, Armageddon]. In La notte del giudizio – Election year, il più fantapolitico dei tre film finora consegnati alle sale da Universal Pictures, l’annuale Sfogo avviene in pieno clima elettorale.
A contrapporsi alla rielezione del leader dei Nuovi Padri Fondatori c’è la senatrice Charlene “Charlie” Roan [Elizabeth Mitchell, star di Lost, Revolution e V], donna dalle «tette piccole, ma dalle palle grosse», decisa ad abolire l’assurda ricorrenza che le è costata la famiglia diciotto anni prima. È pronta a mettere la sua vita in gioco per il bene della popolazione indigente, falcidiata da quella che viene definita, dagli ormai desensibilizzati fanatici, «l’Halloween degli adulti», ma qualcuno ha in serbo per lei un destino diverso da quello che lei auspica.

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«Useremo lo Sfogo di quest’anno per fare le pulizie di primavera».

Dopo il tradimento di una sua guardia del corpo, la senatrice è costretta a scendere per le strade, cercando di sopravvivere in mezzo a pazzi criminali, maniaci delle torture e delle esecuzioni capitali, teppisti emergenti, guerre tra gang rivali, vendicatori improvvisati e invasati “turisti dell’omicidio” provenienti da tutto il mondo. Ad affiancarla e proteggerla rimane solo il suo capo della sicurezza, l’ex sergente Leo Barnes [Frank Grillo], che in AnarchiaLa notte del giudizio era in strada per vendicare la morte del figlio.

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Torna, quindi, il personaggio interpretato da Frank Grillo [Captain America: Civil war, The grey], a svolgere un po’ il ruolo di filo conduttore della narrazione, ma solo per quanto riguarda i due capitoli più recenti, dato che non era presente nel primo capitolo. Se si è stati particolarmente attenti, infatti, durante la visione dell’intera trilogia, esiste un unico collegamento tra i tre film, a parte il meccanismo dello Sfogo: si tratta di Dwayne “Dante” Bishop [Red dawn, Die hard – Duri a morire], che in La notte del giudizio interpretava lo sconosciuto, braccato da una banda di aguzzini altolocati, che bussa alla porta della famiglia protagonista per chiedere aiuto. È lui a rappresentare la resistenza a oltranza di una società assoggettata ai voleri di pochi e il punto di vista estremizzato del regista e dello spettatore.

Come ulteriore ammiccamento ad un criptico sottotesto, si può notare che in uno scontro che si svolge in chiesa le due fazioni sono rappresentate da una parte dal Reverendo, addetto alle celebrazioni religiose dello Sfogo (!) e dall’altra proprio da Bishop che in inglese vuol dire “vescovo”.

«Benedetti siano i Nuovi Padri Fondatori che ci permettono di purificare le nostre anime. Benedetta sia l’America, una nazione risorta».

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Nel cast si può evidenziare la presenza di Mykelti Williamson, il Bubba di Forrest Gump e l’esordio col botto di Brittany Mirabile, che interpreta un villain che si stampa talmente bene nella memoria dello spettatore da meritarne l’incitamento a sopravvivere.

«I want my candy bar!».

Da segnalare, inoltre, la coinvolgente colonna sonora, impreziosita da una straniante 20th century boy dei T-Rex e una significativa I’m afraid of Americans di David Bowie, come ciliegina sulla torta, a commento dei titoli di coda.

«Ricorda tutto il bene che porta lo Sfogo».

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The green inferno, di Eli Roth in DVD

Il regista di Cabin fever e Hostel, sei anni dopo aver girato Hostel: Part II, lascia momentaneamente da parte gli ambiziosi progetti dell’amico Quentin Tarantino per tornare dietro la macchina da presa. Come farà successivamente con Knock Knock, Eli Roth, in The green inferno, sceglie di omaggiare i suoi modelli di riferimento, per poi distaccarsene, sviluppando un film particolarmente originale, attinente alla sua ironica filosofia di vita e alla riflessione ricorrente sull’isolamento e sull’incomunicabilità, senza, ovviamente, tralasciare l’efferatezza delle uccisioni, la suspense del survival movie, il cinismo delle torture e il sangue leitmotiv stavolta più che mai, dato che è indossato come un normale vestito da tutti i giorni.

«Avete mai sognato di proteggere una tribù in via d’estinzione? Di proteggerla dall’arrivo della civilizzazione? Beh, si presenta l’occasione di trasformare questa fantasia in realtà».

L’incipit del film è emblematico del “niente è come sembra”: due inespressivi indigeni tinti di rosso, presumibilmente nonno e nipote, a piedi nudi, silenziosi e misurati nei gesti, camminano per la foresta nel profondo rispetto per la natura circostante, fino all’irrompere prepotente dei bulldozer nell’inquadratura.

Cosa è giusto fare se la presunta civiltà contemporanea minaccia di calpestarne una antichissima, deturpando un territorio incontaminato – non è il caso di usare il termine “vergine”, in questo caso troppo coerente – per arricchire le solite multinazionali? Combattere il sistema al fianco di attivisti con proteste come lo sciopero della fame, può sembrare una buona idea, ma…

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Lorenza Izzo [Knock Knock, Aftershock], ora moglie del regista, interpreta Justine, studentessa alla Columbia University e figlia di un avvocato delle Nazioni Unite, si unisce ad un gruppo di studenti ambientalisti per raggiungere l’Amazzonia peruviana. Le loro ridicole paure da newyorkesi figli di papà, dovranno presto fare i conti con la durissima realtà, farcita di menzogne, di non-detti e sotterfugi.

La compagna di stanza di Justine, KC, interpretata dalla cantante-attrice Sky Ferreira [The trust, Elvis & Nixon], si fa portavoce degli inevitabili pensieri di “simpatia” che lo spettatore gradualmente nutre nei confronti del gruppo di future vittime sacrificali: «Meriterebbero i lacrimogeni per averci svegliato così presto di domenica», «Spero che muoiano di fame». Non mancano, poi, battute a sfondo politico, che rivelano un sottotesto da non sottovalutare per i parallelismi con l’attualità, giocati sui forti contrasti vittime-carnefici e bugie-verità e sul meccanismo ignoranza-disinformazione-controllo: «Fosse così semplice! Ci sono delle procedure. Non possiamo andare and invadere un Paese perché fa qualcosa che pensiamo sia illegale o immorale. Non più…».

Scritto, prodotto e diretto da Eli Roth, The green inferno, ha lo stesso titolo del sequel di Cannibal Holocaust, il cannibal movie più conosciuto. Per questo suo omaggio a Ruggero Deodato, a cui è dedicato il film, e al filone cannibal, che ha goduto del suo massimo successo tra il 1972, anno de Il paese del sesso selvaggio, e il 1985, come gli end credits di The green inferno ricordano, Eli Roth ha voluto nel cast attori fidati come Aaron Burns [Knock Knock, Aftershock], al quale è riservata la prima e più sanguinaria delle uccisioni, “tagliata” nella versione censurata. Gli altri interpreti, tutti ben calati nella parte, sono, poi, ben consapevoli di quello a cui vanno incontro, a giudicare dalla loro filmografia: Ariel Levy [Aftershock, Promedio rojo], Kirby Bliss Blanton [Project X, Suicide note], Daryl Sabara [Spy Kids saga, Il miglior padre del mondo], Magda Apanowicz [Slither, The butterfly effect], Ignacia Allamand [Knock Knock, Aftershock], Richard Burgi [Hostel: Part II, No letting go], Nicolás Martínez [Aftershock].

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L’epilogo, ironico e non scontato, e preannuncia un seguito, Beyond the Green Inferno, programmato per il 2018. Inutile dire che il regista è già al lavoro per nuovi truculenti banchetti, preparati da espertissime anziane che canticchiano allegramente mentre insegnano alle nuove generazioni i “1001 modi per cucinare gli invasori”! Proprio una popolazione “indifesa” e “in via d’estinzione”. Se non è ironia questa!

Non mancano nemmeno le citazioni cinematografiche, vere chicche per cinefili competenti, come quella che fa riferimento a The Mission, di Roland Joffé, o la criptica presenza nella camera di Justine del poster del film Betty Blue, che ha il duplice scopo di caratterizzare meglio il personaggio, tramite il parallelismo tra le protagoniste, entrambe idealiste e sognatrici fino alla fine, e di ammiccare ai fan che ricordano che la Betty in questione, Béatrice Dalle, è stata l’antropofaga di Cannibal love – Mangiata viva. Stratificare le informazioni nel film è un’arte che in pochi sanno fare così bene.

In Italia è stato vietato ai minori di 18 anni per l’eccessiva crudeltà di alcune immagini e presenza di contenuti esplicitamente violenti. Per questo motivo Koch Media propone anche le edizioni DVD e BluRay censurate di ben 7 minuti, senza smembramenti e macabri banchetti a base di frattaglie umane. La domanda è: riuscirete a fare a meno dell’orrendo spettacolo per cui avete pagato? Se siete davvero un fan degli horror, la domanda è chiaramente retorica!

IL DVD

 

REGIA: Eli Roth INTERPRETI: Lorenza Izzo, Ignacia Allamand, Daryl Sabara, Ariel Levy, Sky Ferreira, Aaron Burns, Kirby Bliss Blanton, Magda Apanowicz, Nicolás Martínez TITOLO ORIGINALE: The green inferno GENERE: horror DURATA: 93’ (rated) e 101’ (uncut)  ORIGINE: USA, 2014 LINGUE: Italiano 5.1 DTS, Italiano 5.1 Dolby Digital, Inglese 5.1 Dolby Digital SOTTOTITOLI: Italiano EXTRA: Eli Roth & DJ Ashba presentano: “Escape from The Green Inferno” [videoclip] – Speciali: Location – Gli abitanti del villaggio – Justine – Amazzonia – Trailer – Credits DISTRIBUZIONE: Koch Media COLLANA: Midnight Factory

“Midnight Factory è una nuova collana di classici contemporanei di cinema horror, thriller e fantasy mondiale. La serie si propone di portare in Italia il meglio della produzione internazionale del genere: film inediti, indipendenti, dei grandi maestri, delle giovani promesse, classici del passato, pellicole bizzarre ed estreme, piccole chicche e sequel di successi conclamati che si mescoleranno insieme secondo il comune denominatore della qualità” [cfr. booklet interno].

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Nel caso di The green inferno, il film è stato selezionato da Midnight Factory, in quanto opera di un maestro di nuova generazione, per avere un’edizione UNCUT limitata di prestigio con packaging versione slip case, ovvero una classica custodia amaray all’interno di un involucro di cartone con apertura laterale. Disco unico, audio multicanale, sia in DTS sia in Dolby Digital, in italiano e inglese, mentre il formato video è uno spettacolare anamorphic widescreen (2.35:1). DJ Ashba, come si evince esplorando gli extra , compone per l’occasione una musica coinvolgente che mescola chitarra elettrica, ritmi tribali ed elettronica. Tra gli extra si dimostrano, inoltre, particolarmente interessanti, seppur fugaci nella loro breve durata, gli speciali che approfondiscono le riprese: Eli Roth realizza il suo reboot del filone cannibal in un vero villaggio dell’Amazzonia con autentici nativi che si sono dimostrati particolarmente collaborativi e solidali, nonché calati nei personaggi, ironico o inquietante? Come insegna il film, fare una scelta sbagliata potrebbe esservi fatale!