Terra

Aliens 30° Anniversario, di Mark Verheiden e Mark A. Nelson

SaldaPress cavalca il rinnovato interesse del pubblico per la saga di Alien e degli xenomorfi con un ampio ventaglio di fumetti abbastanza liberamente ispirati alle vicende narrate per immagini in movimento da Ridley Scott & company:

Aliens : la serie regina in cui vari disegnatori si alternano per schizzare di terrore visionario le storie sempre scritte da Brian Wood;

Fire & Stone : in contemporanea con l’arrivo nei cinema del film Alien: Covenant, una serie-evento in 5 volumi, che coinvolge in un’unica emozionante storia tutte le properties legate all’Alien Universe: Xenomorfi, Ingegneri, Predators:

  1. Prometheus Fire & Stone,
  2. Aliens Fire & Stone
  3. Predator Fire & Stone,
  4. Alien vs. Predator Fire & Stone,
  5. Prometheus: Omega Fire & Stone

Ma è su un prodotto celebrativo che vogliamo porre maggiore attenzione in questa occasione:

 

ALIENS

30° anniversario

 

Si tratta di un volume celebrativo, unico non solo perché presenta una storia autoconclusiva, la raccolta completa della prima miniserie Aliens, ma anche per alcune peculiarità editoriali che lo rendono apprezzabile al 100% solo nella sua forma cartacea: un’accattivante copertina nera lucida su cui campeggia ovviamente il vero protagonista, lo xenomorfo, apprezzabile anche a livello tattile grazie ad una texture in rilievo dello xenomorfo sul granitico cartonato nero, e a perfezionare il tutto il bordo esterno delle pagine rigorosamente nero, una finezza per veri intenditori, in conformità con l’edizione originale americana.

Il disegno di Aliens 30° anniversario è ovviamente un po’ retro, e non poteva essere altrimenti vista la data della prima pubblicazione Dark Horse che risale al 1988, in occasione della realizzazione del terzo film.

«Verso la fine del 1987, ero al telefono con Mike e, a un certo punto, lui sganciò la bomba che la Dark Horse avrebbe realizzato i fumetti di Aliens. Non si trattava di un adattamento del film, ma di nuove storie derivate dal secondo film. E serviva uno sceneggiatore». Chi pronuncia queste parole è proprio Mark Verheiden lo sceneggiatore-produttore che ha dato vita ai mondi di The Mask, Timecop, Battlestar Galactica, Falling Skies e Daredevil, ora alle prese con la serie tv che dovrebbe risarcire il pubblico dalla deludente trasposizione cinematografica de La Torre Nera.

«Adoravo Aliens! – prosegue Verheiden – Il primo Alien era stato superbo, un film horror dalla vena stupendamente dark. L’Aliens di James Cameron, però, aveva l’azione, l’horror e la passione messi tutti insieme all’interno di un prodotto spettacolare. Poter lavorare con un universo tanto mitico senza le limitazioni dettate dal budget era la realizzazione di un sogno. E, quando Mark Nelson fu scelto per disegnare il progetto, ogni pezzo del puzzle andò al suo posto. Mark realizzava i disegni in bianco e nero utilizzando l’ormai introvabile carta a reazione chimica Duoshade: l’abilità stava nel far emergere dal cartoncino i retini incorporati, stendendo con il pennello un apposito reagente.

I disegni di Mark erano straordinari, incredibilmente dettagliati e carichi di atmosfera. Perciò, quando decisi di evidenziare l’aspetto horror del mondo di Alien, sapevo che lui era la persona giusta e che non avrebbe tradito le mie aspettative. E già che è il momento dei complimenti, tanto di cappello a Willie Schubert, letterista infaticabile; Willie ha fatto un lavoro superlativo con tutte le narrazioni in prima persona che si incrociano nella storia
».

Un bianco e nero fortemente contrastato e una cura massima del dettagli nei momenti cruciali di contatto fra umani e xenomorfi sono i punti forti del fumetto. I testi, molto ben curati, senza mai scadere nel banale, suscitano emozioni che vengono costantemente dinamizzate da un montaggio eccentrico delle vignette.

Una nutrita appendice grafica di eccezionale pregio presenta tavole a tutta pagina che svolgono la funzione di visual credits: tutti i realizzatori dell’opera sono disegnati nei panni di vittime nella catena alimentare degli xenomorfi.

La storia, sebbene oggi possa apparire un po’ inflazionata, è in linea con gli standard dell’epoca: un buon numero di scene di terrore puro, innestate in un mood di estremo delirio, sospeso fra incubi e realtà e tipico di personalità dissociate per via delle conseguenze di un’aggressione mostruosamente aliena: se il mostro non ti divora dall’esterno, sarà la paura di rincontrarlo a divorarti dall’interno!

Per quanto riguarda i personaggi, invece, gli autori hanno dovuto combattere con assenze pesanti e limitazioni che hanno reso il loro lavoro non solo più arduo ma anche frustrante perché questo volume unico risulterà sempre slegato dalla linea narrativa che la saga cinematografica ha intrapreso successivamente. Nella prefazione Verheiden lo spiega chiaramente:

«Quando venne il momento di definire la trama, ricordo di aver ricevuto ben poche direttive. Una era “vogliamo vedere le creature aliene sulla Terra.” Due: nel fumetto devono essere presenti i personaggi di Newt e Hicks”. La terza fu l’unica dettata da motivazioni legate all’aspetto commerciale: non potevamo usare il personaggio di Ripley (divieto che fu revocato in occasione della terza serie Aliens: Earth War).

Era il momento di creare la storia. Volevo esplorare un futuro high-tech e distopico insieme, dove religione, affari e tecnologia entravano in conflitto con le creature aliene, con i nostri disgraziati personaggi che ci finivano in mezzo. Non ci voleva molto a immaginare che le esperienze di Newt con gli xenomorfi su LV-426 avessero lasciato segni profondi nella sua mente o che Hicks, con metà faccia bruciata dall’acido, fosse evitato dai suoi commilitoni come un paria. Un’altra cosa che mi intrigava dei due film erano gli androidi, Ash e Bishop. Sentivo che c’era molto da scavare nell’esistenza di una vita artificiale senziente.

A parte questo, dovevo muovermi con grande attenzione nel fare ipotesi su alcuni aspetti su cui poggia la mitologia del film Aliens. Per esempio sulla vera identità dello “space jockey”. Ho analizzato sia il film che gli scatti del set, ma non avrei mai immaginato che la “faccia” elefantiaca della creatura fosse, come si vede nel film Prometheus del 2012, una maschera d’ossigeno per un pilota umanoide. L’unica analogia tra i miei “space jockey” alieni e gli Ingegneri umanoidi di Prometheus è che entrambi ce l’hanno a morte con gli xenomorfi. Be’, almeno su quello ci siamo trovati.

L’altra ipotesi che facemmo tutti fu che Newt e Hicks fossero sopravvissuti al post-Aliens, ma i titoli di testa di Alien3 mi tolsero rapidamente ogni illusione in proposito. Mi hanno chiesto in molti come mi è sembrato Alien3 e, a essere sinceri, sono combattuto. Perdere Newt e Hicks nella sequenza di apertura del film è stato un vero e proprio schiaffo ai fan che si erano affezionati a quei personaggi. Però, d’altra parte, dopo aver lavorato un po’ nel cinema e nella televisione, mi sento quasi di ammirare l’audacia del film nel provocare “l’attesa dell’inatteso”. Ma, in ogni caso, ammetto che mi ha egoisticamente infastidito che, con Alien3, le mie storie non rientrassero più nel canone ufficiale».

Aliens 30° anniversario è arricchito dai bozzetti, le cover e i frontespizi messi a punto per la prima edizione, da prefazione e postfazione entrambe molto appassionate e dalla storia breve Aliens: Fortunato, tutti elementi succulenti da aggiungere alle già decantate tavole in appendice e texture di copertina, che sono già di per sé lo spettacolo per cui val la pena di pagare il prezzo del “biglietto”. Chi sceglierà una versione digitale sa ora cosa si perde! Al vero fan poco importa se il prodotto non è d’avanguardia. In fondo Alien ci piace così: un’avventura horror sci-fi con quel suo gusto vintage inconfondibile e… rassicurante, mi si passi il termine per esprimere l’abitudine spettatoriale dei più nostalgici, mentre per tutto il resto del pubblico permane l’eco impossibile di quelle affascinanti urla di terrore dissipate nello spazio profondo.

«I personaggi che amate ci sono, lo spirito, il tono e la struttura del mondo anche. Le differenze sono abbastanza sottili da tenervi sulle spine permettendovi di godervi questa corsa sulle montagne russe proprio come la prima volta che avete avuto il coraggio di entrare nel labirinto […] E adesso vi invito a entrate nel nostro parco giochi verso nuove avventure, nuove prospettive, nuove interpretazioni, nuovi sviluppi e svolte impreviste. Familiari ma allo stesso tempo diverse. Venite, e godetevi la corsa».

La quinta onda, di J Blakeson

Chi ha pianto dando l’ultimo saluto a Katniss dopo Hunger Games: Il canto della rivolta – Parte II, gli orfani ormai di vecchia data delle relazioni intrecciate al sovrannaturale della saga di Twilight e chi attende trepidante l’ultimo capitolo di Divergent, Maze Runner e lo spin off di Harry Potter Animali fantastici e dove trovarli sappia che ha una nuova eroina da amare e seguire: la protagonista della nuovissima saga YA fiction è la misteriosa e cazzuta Cassie, diminutivo di Cassiopea Sullivan, un nome che preannuncia qualcosa agli spettatori più scafati, se si aggiunge che deriva dalla costellazione che campeggia nella volta celeste visibile da entrambi gli emisferi. Non aggiungerò altro di materia storico-fantascientifica per non rovinare questa e le successive visioni, nonché la lettura dell’ultimo romanzo della trilogia, ancora inedito. Spero, peraltro, di non aver ragione perché, non avendo il sottoscritto doti di chiaroveggenza, vorrebbe dire che la storia è tremendamente scontata.

Tornando a concentrarci sul presente, La quinta onda è il titolo del primo capitolo della trilogia di Rick Yancey trasposta su grande schermo da J Blakeson (La scomparsa di Alice Creed) per Columbia Pictures. L’incipit del film è in media res, tutto giocato di dettaglio, in modo da proiettare subito il pubblico nel cuore delle vicende e, viceversa, far entrare nel cuore dello spettatore la protagonista sedicenne Cassie, che sta cercando di sopravvivere ad un’invasione aliena che l’ha separata dalla sua famiglia. Dai suoi ricordi, in forma di diario, si apprende che l’attacco è avvenuto in diversi momenti: una prima onda, un black-out totale che ha ottenebrato ogni tecnologia, una seconda, un terremoto che ha devastato la Terra, seguito da un’epidemia di influenza aviaria, la terza onda, che ha decimato la popolazione in modo da creare i presupposti per la quarta, quando, infine, gli alieni, denominati “gli Altri”, si sono mostrati in tutta la loro subdola natura, determinati ad usare ogni mezzo per ottenere una facile colonizzazione del pianeta attraverso la misteriosa quinta onda. È davvero questo il destino dell’Umanità: soccombere annientata da alieni antropomorfi che si mescolano alla popolazione da tempo immemore? Quali altri scioccanti avvenimenti dovrà vivere la sfortunata Cassie? Cosa può fare un’adolescente da sola contro un intero esercito così efficacemente organizzato? Cosa ne sarà della sua umanità dal momento che è costretta a diventare cinica e spietata per sopravvivere in un mondo dove i nemici hanno le sembianze degli amici e in cui «nessun luogo è sicuro, ormai»?

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Cassie è la bellissima e molto espressiva Chloë Grace Moretz, la favorita dei fan del romanzo e, probabilmente per questo, unica attrice esaminata per il ruolo. La sua convincente interpretazione ripaga la fiducia dei produttori e del pubblico, e non ci si poteva aspettare nulla di meno dalla bambina prodigio ammirata negli horror remake Amityville horror, The eye e Blood story e diretta da mostri sacri come Martin Scorsese (Hugo Cabret) e Tim Burton (Dark shadows). La Hit-Girl di Kick-Ass e Kick-Ass 2 stavolta è un’adolescente che deve vivere un’avventura fuori da ogni previsione, convivere con le sue due anime di benevolo essere umano e di guerriera improvvisata, rappresentate visivamente dai suoi due compagni di viaggio, un fucile a ripetizione ed il peluche preferito del fratellino Sam, prigioniero degli Altri,  e sopravvivere ad ogni pericolo che si frappone tra lei e la salvezza di Sam.

I riferimenti a gloriose pellicole ormai divenute cult per ogni esperto cinefilo sono tanti: la scoperta delle astronavi e delle prime anomalie avviene mentre Cassie si trova a scuola, impegnata prima a lezione e poi nell’allenamento di calcio della squadra locale, vicende che ricordano quelle dei protagonisti di Alba rossa e del suo remake Red dawn, dove i Wolverines ricordano gli odierni Panthers con tanto di motti che mettono in risalto “onore” e “integrità”; le astronavi che aleggiano sulle principali città come Independence day, che avrà un seguito previsto per giugno 2016; la banale influenza, che crea un’ecatombe, e l’esigua presenza di immuni, che diventano l’obiettivo della contesa tra forze del Bene e forze del Male ricordano The stand – L’ombra dello scorpione; per concludere con un recente The host o la serie originale de I Visitors che presentano non poche assonanze anche per quanto riguarda la trama, mai però quanto Ultracorpi: l’invasione continua di Abel Ferrara, seguito de L’invasione degli ultracorpi.

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La quinta onda è un ormai classico pastiche postmoderno che mescola ingredienti collaudati, presi da vari generi, con una struttura in linea con gli standard del momento e una fotografia spettacolare garantita dall’utilizzo della ARRI® Alexa e delle lenti anamorfiche Panavision® G-series.

Probabilmente la stragrande maggioranza del pubblico si appassionerà, quasi senza rendersene conto, a personaggi e vicende che fanno parte in qualche modo del patrimonio genetico di chi ama il genere sci-fi ma, contemporaneamente, restarà con il fiato sospeso per intrecci amorosi simili a quelli che hanno fatto la fortuna della saga di Twilight. Un prodotto cinematografico che può mettere d’accordo un po’ tutti, se non si è in vena di scegliere drasticamente un genere.

Non mancano riferimenti verbali e correlazioni tra l’invasione aliena del film e la colonizzazione del Nuovo Continente a scapito dei nativi americani. Segno di un’autocritica ormai sdoganata o di una captatio benevolentiae per il pubblico d’oltreoceano? L’operazione commerciale c’è e si vede ma la speranza è che tra tanto cinismo ci sia ancora spazio per messaggi positivi divulgati attraverso operazioni di marketing e non viceversa. Gli Altri considerano l’amore un inganno e la speranza un’illusione che genera debolezza. Anche il cinema, in fondo, è illusione, inganno. E quello che lo spettatore chiede al cinema, sottoscrivendo il solito patto di sospensione dell’incredulità, è di non essere mai tradito nei sentimenti: Hitchcock giustamente affermava che bisogna riempire sia lo schermo sia i posti in sala, ma non dimenticando che va fatto con originalità e stile, qualità che a questo primo capitolo di saga, purtroppo, mancano. Speriamo che gli attesi sequel Il mare infinito e L’ultima stella riportino terrestri e alieni a percorrere sentieri meno battuti e che l’aver scomodato il mito di Cassiopea funga da volano per delle svolte interessanti e… imprevedibili.

«Che cosa gli serve?»
«Gli serve la Terra, ma non noi!»

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