Tom Hardy

Dunkirk, di Christopher Nolan

Il rigore stilistico di Christopher Nolan si confronta con un genere inedito per la sua filmografia: con Dunkirk il cinema di guerra viene smontato e riassemblato in un thriller magistrale, un prodotto originale che trascende la classificazione stessa di genere, interessando ogni tipologia di spettatore, mantenendo fede, sempre e comunque, ai marchi di fabbrica della famiglia Nolan, alle cifre stilistiche e alla poetica ormai consolidata di un autore che sa strabiliare con qualsiasi progetto.

In Dunkirk ogni storia ha il suo epilogo predestinato come da copione storiografico, ma i sentieri vitali dei suoi personaggi s’intrecciano fino a coinvolgersi, concatenarsi e annodarsi in modo che il destino dell’uno dipenda dalla sorte dell’altro in un crescendo di suspense ritmato dal ticchettìo di un meccanismo ad orologeria, il suono ideale di una sceneggiatura perfetta. Partiamo proprio da quel filo conduttore sonoro, una registrazione dall’orologio sincronizzato dello stesso Nolan, sapientemente mescolato da Hans Zimmer [Interstellar, Il cavaliere oscuro, Inception] con i rumori dei motori delle barche e dei velivoli autentici catturati dal vivo sul set. «L’energia dell’insieme è pazzesca!» esclama il montatore Lee Smith [The Prestige]. La colonna sonora, poi, è arricchita dall’adattamento, elaborato da Zimmer su suggerimento del regista, del tema crescente “Nimrod” di Edward Elgar che, secondo Nolan, è «amato dagli inglesi quanto la storia di Dunkirk stessa».

Ambientato durante la Seconda Guerra Mondiale durante la leggendaria Operazione Dynamo che doveva portare in salvo i 400 mila soldati in ritirata, braccati dai nazisti e bloccati sulle coste francesi a 10km dal confine con il Belgio. Seguendo uno stile ormai ben formato, Nolan propone un montaggio non lineare, o meglio un intreccio che segue più linee narrative, montate in maniera tale da dilatare o accorciare a proprio piacimento i tempi narrativi. Giocare con il tempo è uno dei marchi della sua filmografia, ma stavolta si sfiora la perfezione: i personaggi si muovono su tre scenari diversi legati indissolubilmente all’elemento naturale che rappresenta il loro sfondo – l’aria, dominata dagli Spitfire in lotta contro il tempo per difendere la fuga degli uomini intrappolati sulla spiaggia o sulle navi disponibili a tentare l’impresa impossibile – mentre il fuoco, degli aerei, dei fucili e dei sottomarini, divide e sottolinea i gesti epici.


-Bravi!
-Siamo solo sopravvissuti
-È abbastanza. Ben fatto!

Quando Dunkirk inizia, lo schermo sparisce e hai la netta sensazione di sentirti abbracciare il cuore da emozioni avvolgenti, che però non arrivano dirette, ma prendono strade tortuose e per questo più interessanti da scoprire. Si tratta di un altro espediente, ormai classico, del regista, mai diretto, mai scontato, che spinge lo spettatore a tenere viva l’attenzione sul particolare, in tensione dall’inizio alla fine per svelare l’enigma, per risolvere ogni mistero e vivere un’avventura, come del resto è giusto che sia in una sala cinematografica.

Non manca di certo nemmeno un’immersione profonda nel tema del doppio che, come da filmografia, è basato su una divisione per niente manichea tra il Bene e il Male, come accadeva per i protagonisti di The Prestige, di Insomnia o Inception. Un evidente parallelismo con The Prestige, poi, si può notare nel finale, quando gli elmetti sulla spiaggia di Durkirk, riecheggiano la moltitudine di lampadine, cappelli e vasche del film sui prestigiatori e sul costo umano della loro guerra.

«È stato un momento fondamentale per la Seconda Guerra Mondiale. Se l’evacuazione non fosse andata a buon fine, la Gran Bretagna sarebbe stata costretta ad arrendersi. Il successo permise a Churchill di imporre l’idea di una vittoria morale e di galvanizzare le truppe. Se dal punto di vista militare è stata una disfatta, sul piano umano è stato un successo colossale». Un momento fondamentale della Storia che Nolan racconta quasi esclusivamente per immagini – spettacolari, sotto ogni punto di vista, e senza ricorrere alla CGI, sotto la supervisione di Hoyte Van Hoytema [Interstellar] – lasciando uno spazio esiguo ai dialoghi che risultano ridotti all’osso ma sicuramente intensi, affidati a Kenneth Branagh [Jack Ryan – L’iniziazione, Hamlet, Frankenstein di Mary Shelley], Mark Rylance [Il ponte delle spie], Cillian Murphy [Batman Begins, Inception, Il cavaliere oscuro] e Tom Hardy [Mad Max: Fury Road, Revenant – Redivivo, Locke].

«Ho passato molto tempo a vedere e rivedere molti film muti – ha rivelato il regista – in particolare Rapacità, Intolerance e Aurora, per studiare le scene di massa, il modo in cui si muovono le comparse, come è sfruttato lo spazio, i punti di vista usati». Gran parte dei 400 mila soldati bloccati sulla spiaggia erano dei ragazzi giovanissimi, praticamente dei bambini trascinati a forza in un inferno di fuoco. Per trasmettere al pubblico il loro disorientamento, Nolan ha scritturato «attori giovan e freschi, senza un curriculum particolarmente ampio alle spalle, in modo che gli spettatori potessero immergersi completamente nel film senza riconoscere personaggi famosi». Giovani leve da affiancare ai suddetti “mostri sacri”. Unico strappo alla regola Harry Styles degli One Direction.

Durkirk non è solo un film. È un monumento alla determinazione dell’uomo, quella determinazione dettata dall’istinto di sopravvivenza e dalla voglia di rivalsa, nonchè una bandiera della solidarietà, del coraggio e del senso di unità di un’intera nazione. Spettacolare. Monumentale. Magistrale.

Le strepitose clip di Legend

Il premio Oscar® Brian Helgeland [L.A. Confidential, Mystic River] e Working Title [La teoria del tutto] presentano la vera storia dell’ascesa e della caduta dei più famosi gangster della storia inglese, Reggie e Ronnie Kray, una straordinaria doppia interpretazione dell’attore candidato agli Oscar® 2016, Tom Hardy. LEGEND è un gangster movie che racconta la storia segreta degli anni ’60, con la musica di quegli anni come colonna sonora, mentre i gemelli Kray conquistano la città di Londra. Violente lotte di potere e una donna mineranno il loro idilliaco rapporto di fratellanza, in un crescendo di follia.

Girato quasi totalmente a Londra, il film vanta delle specifiche tecniche di altissimo livello: ARRI Alexa e aspect ratio da 2,35:1 per una fotografia spettacolare. Per tutto il resto è sufficiente Tom Hardy che, sull’onda del successo di critica dei suoi ultimi lavori, Revenant e Mad Max: Fury Road, mostra ai fan dell’ultima ora di che pasta è fatto. Di nuovo al fianco di Emily Browning dopo Sucker punch, l’attore inglese ha permesso al film di Hengeland di diventare il più alto incasso tra i vietati ai minori di 18 anni, sorpassando un mostro sacro come Trainspotting.

Non c’è male, intanto che aspettiamo l’annunciato sequel della serie post-apocalittica di George Miller, intitolato Mad Max: The Wasteland e soprattutto Dunkirk, dove Tom Hardy sarà diretto da un altro inglese d’eccezione, Christopher Nolan.

Siete al riparo? Ecco i trailer e le clip di LEGEND, a raffica!

UNA SPARATORIA È UNA SPARATORIA


TRAILER ITALIANO UFFICIALE

TI PIACE ESSERE UN GANGSTER?

ESMERALDA BAR

FEATURETTE – VITA DA GANGSTER (sottotitoli in italiano)

L’EAST END DI LONDRA NEGLI ANNI ’60 (sottotitoli in italiano)

I GEMELLI KRAY

Revenant – Redivivo, di Alejandro González Iñárritu

Cosa vogliamo ottenere quando andiamo al cinema?

La risposta a questa domanda può essere utile a scrivere di Revenant – Redivivo; immaginando di dividerci in grandi gruppi di cineamatori, vediamo in che modo le nostre papille cinefile verranno appagate dalla visione dell’ultima fatica (mai parola fu più azzeccata) di Alejandro González Iñárritu. Sulla trama poche parole: il cacciatore di pelli Hugh Glass (Leonardo DiCaprio) nel 1823, durante una spedizione commerciale nei territori dove nasce il fiume Missouri, viene abbandonato in fin di vita dai suoi compagni, tra cui John Fitzgerald (Tom Hardy), dopo essere stato attaccato da un orso.

Revenant - Redivivo

Gruppo 1: quelli che al cinema cercano un orgasmo estetico

Sul versante della realizzazione tecnico-estetica, Revenant non merita le 12 statuette per cui è candidato. Ne merita molte di più. Dietro a questo capolavoro, vi è il demone partorito dalle due menti più visionarie del cinema, Alejandro González Iñárritu e Emmanuel Lubezki. La fotografia poetica di momenti (esclusivamente) crepuscolari, trova un contraltare perfettamente speculare nelle scelte di montaggio, con tempi perfetti di raccordo tra le scene e ideali legami di storia grazie a particolari ripetuti. Una regia da capogiro, con piani sequenza che si inseguono uno dietro l’altro (dall’inizio nella scena della battaglia del bosco contro gli Arikara, passando per il famigerato attacco di mamma orsa) spinge ai limiti dell’irrealizzabile il gusto tecnico. Non è possibile che una mdp salga e scenda da un cavallo in corsa o che la zampata di un grizzly ferisca irrimediabilmente il corpo dell’attore! Sei costretto a porti delle domande sul piano filosofico: quale è il valore della finzione, essenza stessa del cinema, se ciò a cui assiste lo spettatore non è la ricostruzione di una realtà lontana ma è la realtà vera e propria, più vicina a un documentario che non a una pellicola. Poco male, l’ambientazione scenografica è impeccabile, così evocativa che anche gli eccessi più evidenti vengono eclissati dall’ampiezza dei luoghi; la natura riesce a subissare l’egocentrismo evidente del regista, che non ha semplicemente orchestrato un film; ha fatto in modo che ogni secondo di Revenant trasudasse Iñárritu e la sua esigenza di raccontare portando ai limiti il medium scelto. Sì, perché anche gli appartenenti al gruppo 2 dovranno fare i conti con l’evidente rottura operata dal regista. Se l’arte è quella padronanza così profonda di una tecnica da essere in grado di stravolgerla e piagarla alle proprie esigenze creative, Revenant è un’opera d’arte. Qualunque manuale di regia insegna che lo sguardo in macchina non è ammissibile. Cosa ti fa Iñárritu? Chiude il film con lo sguardo annientato di Leonardo DiCaprio che trafigge l’interiorità dello spettatore. Geniale, come sempre. In Birdman Iñárritu aveva mostrato che dietro a coloro che interpretano i supereroi ci sono essere umani dotati di insicurezze così come tutti; in Revenant ha fatto un racconto poetico del meta-cinema più estremo.

 

Revenant - Redivivo

 

Gruppo 2: quelli che al cinema cercano una storia

Il cinema affabula, non c’è scampo. Per assistere passivi per 2 h e 40 a fotogrammi che scorrono sullo schermo, è necessaria quella magia grazie alla quale un bambino scivola nel sonno dopo il racconto della fiaba della buona notte. Revanant non possiede questo tocco misterioso. Puoi anche shakerare i più bravi attori,  ma se la storia non ha niente di più di una cronaca giornalistica, il risultato rimarrà deludente. Hugh Glass viene presentato in tutta la sua “convenzionale” lotta per la sopravvivenza alimentata dalla sete di vendetta. Una dinamica vista e rivista, poco originale pur nell’eccezionalità dell’ambientazione. E questo non basta per rendere memorabile una performance. Non perché DiCaprio non abbia ben interpretato il ruolo, ma perché è il ruolo in sé a non avere nulla di quel magico potere affabulatorio di cui sopra. La carenza di battute, pur compensata egregiamente da occhi di ghiaccio espressivi come di meglio non potevano essere, non lascia spazio a fraintendimenti. Revenant non racconta una storia; la sua è un’elegia della bellezza del creato, dove per creato intendiamo anche la comunanza di destini degli uomini, esemplificata con potere drammatico dalla dolcissima scena dei fiocchi di neve catturati con la lingua. L’indignazione dei membri di questo gruppo è frenata da Tom Hardy. Lui sì che “dice” tanto, raccontando la parabola di un individuo che non è cattivo per presa di posizione, ma sceglie l’opportunismo per spirito di sopravvivenza. La sua è tutto tondo una storia che spinge a porsi delle domande sulla presunta ma quanto mai smentita frequentemente socialità dell’essere umano.

EXTRA: Gruppo 3: quelli che MadonnamiaquantoèdimagratoChristianBaleperLuomoSenzaSonno

Revenant ha una distribuzione parallela a quella nelle sale cinematografiche. Parlo dei rumors, delle interviste, delle indiscrezioni e della folle curiosità del back stage che ha alimentato anche i più insaziabili voyeurs. Ancora una volta il rapporto finzione- realtà viene a mancare: si è raccontato così di tanto ciò che ha preceduto il film da non lasciare nulla all’immaginazione e al dubbio (“Davvero si è immerso nel fiume ghiacciato?” Spoiler alert: sì, l’ha fatto) se ciò a cui stiamo assistendo sia una rappresentazione fittizia della realtà o realtà pura. DiCaprio e Hardy meritano un Oscar perché questo training folle li ha sfiancati? Non so dare una risposta. In fondo la categoria non è “miglior preparazione al ruolo” ma “Miglior attore protagonista/non protagonista”.

Ai posteri l’ardua sentenza. A noi contemporanei rimane un film che film non è, cucito e voluto per assecondare un’idea di cinema così estremamente borderline da risultare geniale. Sebbene, in fondo, il vero cinefilo che appartiene contemporaneamente a tutti i gruppi elencati e a molti di più non uscirà dalla sala completamente soddisfatto dalla visione di Revenant.

Suicide Squad – Trailer, poster e molto altro

Suicide Squad è un fumetto pubblicato da DC Comics che vede protagonista un’organizzazione segreta composta da diversi criminali, ai quali il governo chiede di compiere delle missioni estremamente rischiose, in cambio della libertà o della loro stessa vita.

I membri del gruppo di cui finora abbiamo potuto leggere il dossier sono:


Deadshot, alias Floyd Lawton, interpretato da Will Smith: un cecchino ma anche un killer psicopatico.

Joker, il folle nemico di Batman, è interpretato da Jared Leto, che ha descritto il suo ruolo come “un personaggio quasi shakespeariano”. Per prepararsi ha trascorso molto tempo da solo, ad ascoltare musica gospel degli anni venti e a leggere opere sullo sciamanesimo e ha preso ispirazione dai boss della droga messicani e dai lavori di Alejandro Jodorowsky. Will Smith sostiene di non aver mai conosciuto realmente Leto perché l’attore non è mai uscito dal personaggio durante la lavorazione del film.

Harley Quinn, storpiatura del vero nome Harleen Quinzel, è interpretata da Margot Robbie: una folle supercattiva innamorata di Joker.

Rick Flag, interpretato da Joel Kinnaman, è un militare. Tom Hardy ancora non ha digerito di aver dovuto rinunciare a questo ruolo per il prolungamento della lavorazione di Revenant.

Karen Fukuhara interpreta Tatsu Yamashiro detta Katana, un’esperta di arti marziali, abile spadaccina, guardia del corpo di Rick Flag e, proprio per proteggerlo, si offre volontaria. Con la sua spada Soultaker, è capace di intrappolare le anime dei nemici.

Capitan Boomerang, altrimenti noto come George “Digger” Harkness e interpretato da Jai Courtney, è un assassino misogino, maestro nell’uso dei boomerang.

Chato “El Diablo” Santana, interpretato da Jay Hernandez, era membro di una pericolosa gang di Los Angeles ed è capace di controllare il fuoco.

Waylon Jones, soprannominato Killer Croc e interpretato da Adewale Akinnuoye-Agbaje è un supercattivo che soffre di una rara malattia che fa sembrare la sua pelle simile a quella di un coccodrillo.

Slipknot ovvero Christopher Weiss è il ruolo di Adam Beach.

Cara Delevingne interpreta June Moon, l’Incantatrice, un’antico essere malvagio che viene risvegliato dall’esploratrice June Moon dopo un lungo periodo di prigionia. Non fa ufficialmente parte della Suicide Squad, ma attira l’attenzione di Amanda Waller.

Amanda Waller, interpretata da Viola Davis: l’agente governativo che ha creato la Suicide Squad e che ne coordina le missioni. Per prepararsi al ruolo ha letto il libro Confessioni di una sociopatica di M.E. Thomas. L’attrice descrive Amanda Waller come «una potente donna di colore, dura, pronta in ogni momento a prendere un’arma e a sparare a chiunque».

Inoltre sappiamo che Ben Affleck apparirà nei panni di Bruce Wayne/Batman

Scritto e diretto da David Ayer, Suicide Squad è la terza pellicola del DC Extended Universe.

Il primo film a essere distribuito è stato L’uomo d’acciaio (2013), seguito da Batman v Superman: Dawn of Justice (24 marzo 2016), Suicide Squad (18 agosto 2016) e da altri otto film attualmente in diverse fasi di produzione: Wonder Woman e Justice League Part One (2017), The Flash e Aquaman (2018), Shazam e Justice League Part Two (2019), Cyborg e Green Lantern Corps (2020) . La Warner Bros. ha annunciato anche un sequel de L’uomo d’acciaio e almeno un altro film su Batman per il quale è già stato confermato Ben Affleck, sotto contratto per una nuova trilogia. Entrambi i film saranno distribuiti entro il 2020. Distribuiti tutti, ovviamente, dalla Warner Bros. Pictures.

La Squadra Suicida era apparsa per la prima volta nell’undicesimo episodio “Giustizia assoluta” della nona stagione di Smallville, contemporaneamente alla prima apparizione nella serie della Justice Society of America. Successivamente è parte dell’episodio “Squadra Suicida” della seconda stagione di Arrow, dove il team è formato da Ben Turner/Bronze Tiger, Amanda Waller, John Diggle, Mark Scheffer/Shrapnel, Floyd Lawton/Deadshot e Lyla Michaels e poi anche in “Missione suicida” della terza stagione, composto ancora da Diggle, Lawton e Michaels, e l’aggiunta ulteriore di Carrie Cutter/Cupid.

Insomma, una scatola delle meraviglie di cui si è smarrito il fondo: se il pubblico saprà affezionarsi anche a questi cattivi in missione per conto del bene, c’è materiale potenzialmente infinito!