Tonya

Tonya, di Craig Gillespie

Tonya Harding (Margot Robbie) è un’ex campionessa di bassa estrazione sociale a cui l’infanzia è stata di fatto negata e che ha sgomitato in un mondo frequentato da giudici di gara snob che le hanno sempre preferito atlete meno talentuose ma dal sorriso perfetto, appartenenti a famiglie di gran lunga più gradite. Eppure è stata lei la prima statunitense a realizzare un triplo axel in gara, vincendo così le resistenze e l’ostracismo dell’ambiente.

Il primo incontro che facciamo con Tonya è quando all’incirca a 4 anni viene accompagnata dalla madre LaVona (Allison Janney) ad una scuola di pattinaggio. È una bambina bellissima, violentata nella psiche e nel fisico da una madre bieca, cinica e anaffettiva che le usa violenza fisica nessuna pietà. Crescendo Tonya incontrerà giovanissima il suo futuro marito, Jeff (Sebastian Stan): il loro amore durerà un battito di ciglia e lascerà spazio a percosse, ripicche e minacce di morte. Il tutto è ricostruito da brevi stralci di interviste che spesso e volentieri tendono a rinnegare quanto visto nel film, producendo un singolare effetto comico che stempera i toni drammatici delle vicende, che si concluderanno con l’aggressione alla pattinatrice artistica Nancy Kerrigan per cui la Harding – il cui ruolo nell’episodio incriminato non è così chiaro – verrà condannata a 3 anni di libertà vigilata e radiata a vita dalla federazione sportiva di appartenenza.

Girato nello stile del mockumentary, Tonya viene annunciato come un film “basato su interviste totalmente prive di ironia, contraddittorie e vere al 100% fatte a Tonya Harding e Jeff Gillool”. In questo modo il biopic consente ai suoi protagonisti di infrangere la quarta parete tramite l’espediente del camera-look e si avvale di un voice-over che ricorda da vicino l’artificio utilizzato nell’assordante circo di The Wolf of Wall Street. In realtà, per come è realizzato dal regista Craig Gillespie (Fright Night – Il vampiro della porta accanto, Million Dollar Arm, L’ultima tempesta), nel film (scritto da Steven Rogers), gli elementi che più ci impressionano non riguardano la ricostruzione di episodi della vita di Tonya, né la violenza che esplode in un singolo ed eccezionale snodo. La violenza interessante è quella che abita l’intera vita della protagonista: l’elemento per lei più famigliare, letteralmente e simbolicamente. Come indica il titolo originale (I, Tonya), il film intende metterci, finalmente, davanti alla verità di Tonya. Tonya è in protesta perpetua e prende le botte da tutti: non solo dalle rivali con cui, una volta smesso il pattinaggio, combatterà la boxe, ma dalla madre, dal marito, e in un certo senso pure da chi, durante le gare, non ammette di farla vincere perché non corrisponde ai canoni di “bella presenza” o non indossa un costume da cinquemila dollari. Tutto è scorretto nella sua vita, compreso il triplo Axel, un salto “fuori dalla norma” che di solito nemmeno si fa.

Un’altra tensione su cui si gioca il nucleo forte del film è la relazione. Da una parte la madre LaVona, una strepitosa Allison Janney, vincitrice di un meritato Oscar come attrice non protagonista, che cerca riscatto dalla miseria, lavorando disperatamente per cucire un destino di successo addosso alla propria figlia; o il marito Jeff, amato e scelto per evadere da una prigione di abusi e violenze, per poi rivelarsi un ennesimo motivo di frustrazione per Tonya (un Sebastian Stan baffuto è riuscito a trasporre queste caratteristiche in modo davvero essenziale, per un ruolo calzante e forse il suo migliore finora). Dall’altra Tonya, sempre profondamente sola in tutto ciò che la vita le sottopone, mai compresa profondamente nemmeno da se stessa. E se sono molti i punti che rendono Tonya oltre un grande biopic e uno dei migliori film dell’anno, a spiccare su tutto e tutti è una grandiosa Margot Robbie nei panni della protagonista. Nascondendo sotto un trucco importante i suoi perfetti e bellissimi lineamenti, l’attrice è riuscita a calarsi perfettamente in una parte molto complessa, dove a venire fuori doveva essere soprattutto una forte determinazione. La Robbie è così stata capace di indossare i pattini della controversa atleta, sfigurando nell’aspetto ma entusiasmando finalmente nella recitazione, mai così potente e sentita.