Alone in Berlin, il film di Vincent Perez tratto dal romanzo Jeder stirbt für sich allein dello scrittore tedesco Hans Fallada, porta la Germania nazista al Festival di Berlino. “Credo che questo sia un tema ancora attuale, perché la Germania sta ancora combattendo con il senso di colpa per i crimini perpetrati durante la guerra – ha affermato Perez – Io stesso ho ereditato questa sensazione da mia madre, che è tedesca, e più volte ho interrogato lei e mia nonna sulla questione senza avere mai una risposta. Questo film è la risposta alle domande a cui loro non hanno mai risposto”. Ma la vera sfida del film era trasmettere il valore di una ribellione semplice, fatta di parole senza cadere nella trappola dell’artefatto. “La mia intenzione era trovare un compromesso tra estetica e realtà, e per farlo mi sono ispirato al neorealismo italiano e a Una giornata particolare di Ettore Scola”.
Come mette in evidenza Emma Thompson: “Questo film non è la storia della Germania, ma è la storia di un matrimonio, che torna in vita in seguito a un grande dolore e alla complicità in un’azione di protesta che potrebbe costare la vita alla coppia in caso in cui dovesse venire alla luce. Ma come riporta anche il libro che ha ispirato il film, la morte è una certezza, ciò che conta è morire sapendo di aver fatto la cosa giusta. E loro fanno questa scelta”. Non fa eccezione il commissario interpretato da Daniel Brül che, se all’inizio segue scrupolosamente gli ordini della Gestapo, mentre va avanti nella risoluzione del caso cambia atteggiamento. “Il mio personaggio subisce uni sviluppo graduale – dice Brül – e con il passare del tempo si rende conto di non poter sopportare il senso di colpa per le sue azioni e per quelle del regime quindi anche lui decide di fare la cosa giusta”.