The Conjuring – Il caso Enfield, di James Wan

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Dimenticate le gigantesche mansion vittoriane circondate da ettari di giardino, con un fantasma dietro ogni porta e brutali omicidi sepolti in soffitta, perché questa volta il male si è insediato nel sobborgo inglese di Enfield, in una casa come tante, angusta, scricchiolante e si troppo affollata.  È il 1977 e Peggy Hodgson, da poco separata dal marito, vive qui con i suoi quattro figli e, anche se riesce a malapena a mettere il cibo in tavola, con grandi sacrifici cerca di mandare avanti la famiglia e di far fronte a tutti i problemi dei ragazzi, che naturalmente soffrono molto l’assenza del padre. E se è vero che il male mette radici là dove alberga la sofferenza e trae nutrimento dal dolore, non c’è luogo più adatto di Enfield per colpire. Janet e il suo fratellino Pete sono i primi ad avvertire una presenza maligna nella casa, ad essere svegliati nel cuore della notte da forti colpi alla porta, e a vedere i letti che traballano e i giocattoli che si animano all’improvviso, poi tocca agli altri fratelli e infine a Peggy che, terrorizzata, racconta la sua storia in televisione.

Da qui non passa molto prima che Ed e Lorraine Warren, gli indagatori dell’incubo più famosi d’America, siano trascinati dalla Chiesa nella piovosa Inghilterra per aiutare la famiglia Hodgson e raccogliere prove sull’esistenza effettiva di una presenza demoniaca nella casa. I Warren sono diventati famosi per il loro coinvolgimento nel caso della casa infestata di Amityville, e da lì non si sono più fermati nella loro caccia ai fantasmi, fino a che Lorraine non ha avuto un’orrenda visione che prefigurava la morte di Ed e ha deciso di non accettare più casi. Ma gli Hodgson non sono come gli altri, sono coinvolti dei bambini e hanno un disperato bisogno d’aiuto, così i coniugi si lasciano convincere a partire, ignari del fatto che ad attenderli ci sarà il demone più potente che abbiano mai incontrato.

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Come Amityville anche la casa infestata di Enfield è realmente esistita, e così le attività paranormali di poltergeist che hanno minacciato la famiglia Hodgson per quasi un anno, attirando l’attenzione della stampa e naturalmente diverse perplessità riguardo l’autenticità della possessione della piccola Janet e dell’intera casa. Ma che sia tutto vero o meno poco interessa a James Wan che, come ha dimostrato con The Conjuring e i primi due capitoli di Insidious, è sempre in prima linea quando si tratta di raccontare la storia di una casa infestata, di una famiglia in pericolo e di un esorcismo degno del miglior Friedkin. E oltre ad avere la straordinaria capacità di trovare storie spaventose mai raccontate prima, Wan sa anche come raccontarle, trasformando fatti di cronaca in vere e proprie opere d’arte.

Muovendo la cinepresa alla stessa velocità dei suoi occhi il regista osserva le sue vittime dall’esterno del loro piccolo mondo con gru carrelli volanti, poi con lunghi piani sequenza le insegue all’interno delle loro case, e sale lungo le scale e fino nelle loro stanze in attesa che il mostro faccia la sua mossa.  Con la danza macabra della sua macchina da presa Wan traghetta lo spettatore dritto verso il cuore dell’inferno, là dove si nascondono i demoni più oscuri, e per tutto il tempo lo lascia sadicamente con il fiato sospeso, innalzando al massimo la tensione. E anche se, come in questo caso, nei suoi film sembra di cogliere citazioni più o meno celate dei grandi del passato come Poltergeist e L’Esorcista, Wan non rinuncia mai ad inserire nelle sue opere elementi originali e nuovi mostri, come la bambola Annabelle o la suora demoniaca che, non solo ricorrono nei due capitoli di The Conjuring, ma hanno una presenza scenica talmente forte da essersi guadagnati uno spin-off tutto loro. James Wan sta dando nuova linfa a un genere cinematografico che sembrava assopito, ricreando la tradizione dell’horror in un’estetica moderna di grande impatto visivo,  che non smette mai di sorprendere e di generare mostri sempre più spaventosi.

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