La diligenza del Boia spacca la neve del Wyoming, scalpita con la tempesta alle spalle e corre senza sosta verso Red Rock. La nota fuorilegge Daisy Domergue, prigioniera di John Ruth (Kurth Russell), rimbalza nella carrozza con il volto coperto di ematomi, silenziosa nella sua corsa verso la forca. Nessuno al mondo li può fermare, eccetto il maggiore Marquis Warren (Samuel L. Jackson), un ex-soldato nero dell’Unione diventato cacciatore di taglie dopo la fine della Guerra civile, che blocca la strada con la sua montagna di cadaveri congelati e chiede umilmente di essere preso a bordo. La tempesta partorisce ben presto un altro viaggiatore solitario, il rinnegato Chris Mannix (Walton Goggins), che sostiene di essere il nuovo sceriffo di Red Rock e quindi l’unico in grado di pagare per i corpi dei fuorilegge vivi e morti che stanno traghettando verso la città. La sua vita vale migliaia di dollari, e questo basta per fargli avere un passaggio verso l’emporio di Minnie, l’unica stazione di posta prima della città.
Il vento soffia come nel ventre dell’inferno e la neve offusca la vista dei viaggiatori, ma l’emporio è vicino e pronto ad offrirgli un pasto caldo accanto al fuoco. Al loro arrivo al posto di Minnie trovano quattro sconosciuti: Bob (Demian Bichir), che tiene in piedi la baracca in assenza della legittima proprietaria, Oswaldo Mobray (Tim Roth), il boia di Red Rock, il mandriano Joe Gage (Michael Madsen) e il Generale Sanford Smithers (Bruce Dern). Mentre il caffè caldo scoppietta sul fuoco gli otto ospiti dell’emporio si presentano, raccontano chi sono, e affilano i coltelli per sopravvivere nello spazio angusto che saranno costretti a dividere fino a che la tempesta non si placherà.
Otto personaggi estremamente diversi tra loro, ognuno pericoloso e odioso a suo modo, compongono la scena di The Hateful Eight, l’ottavo film di Quentin Tarantino che punta l’obiettivo sull’essere umano, sulla sua capacità di interagire con gli altri in uno spazio ristretto e su come reagisce alle circostanze estreme rivelando la sua natura più profonda, e più oscura. Questi otto piccoli indiani si incontrano e si sfidano su un campo di battaglia delimitato come un palcoscenico da una manciata di assi di legno per il breve tempo che gli è concesso di stare in scena, o meglio in vita, mostrando quanto sia mutevole il concetto di lealtà a seconda delle circostanze.
Questa è una storia di bugie e di bugiardi costretti in uno spazio claustrofobico da una natura impietosa, un western che si combatte a tavolino, come un raffinato gioco di carte, in cui la mente deve essere più veloce della pistola se si vuole salva la vita. Ma è anche un horror brutale, spietato, che affonda i piedi nel sangue e nella neve gelida del Wyoming, in cui Tarantino raggiunge dei picchi di orrore mai toccati prima d’ora, penetrando nelle coscienze marce dei personaggi per sviscerare le loro intenzioni più oscure.
Per affrontare questo inquietante viaggio nel teatro del mondo Tarantino ha scelto di girare nel “glorioso 70mm”, filmando con il bellissimo formato Ultra Panavision 70, usato l’ultima volta negli anni ’60, perfetto per cogliere il paesaggio desolato western con le sue distese di neve infinite, ma anche per conferire più intensità agli interni, più intimità, per vivere la scena fianco a fianco con i personaggi. Ma anche se il film sarà proiettato in 70mm solo pochi cinema italiani, apparentemente questa scelta così insolita sembra l’unica possibile per raccontare questa storia, l’unica in grado di dominare ogni angolo dell’inquadratura, di seguire anche il più sottile movimento dei personaggi, e di catturare ogni sfumatura della sua personalità. I pochi fortunati che avranno il privilegio di godere di quest’opera così come è stata immaginata dal suo creatore potranno sentire sulla pelle il freddo della neve e l’odore acre del sangue che la imbratta mentre le note di Ennio Morricone si mescolano al rumore sordo degli spari.