Il viaggio di Fanny, di Lola Doillon

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Il Viaggio di Fanny, film vincitore del Giffoni Film Festival 2016, è in uscita il 26 e il 27 gennaio 2017, per la Giornata della Memoria.
“- Fanciulla, dimmi ancora una volta:/ cosa può crescere senza pioggia?/ Cosa può bruciare per molti anni?/ Cosa può desiderare e piangere senza lacrime?/ – Giovanotto sprovveduto, perché domandare ancora?/ È la pietra che può crescere senza pioggia,/ è l’amore che può bruciare per molti anni,/ ed è il cuore che può desiderare e piangere senza lacrime”.

Sulle malinconiche note di “Tumbalalaika”, canzone tradizionale russa in yiddish (la lingua giudeo-tedesca parlata dagli Ebrei originari dell’Europa orientale), si chiude un intenso film ispirato alla storia vera di Fanny Bel-Ami e delle sue sorelle, in fuga, insieme ad altri bambini ebrei, dalla persecuzione nazista.
Anno 1943: le truppe tedesche hanno occupato la Francia e si apprestano ad assumere il controllo dei territori italiani. Le deportazioni e le esecuzioni degli ebrei si intensificano. Fanny, di soli tredici anni, e le sue sorelle, sono state lasciate dai genitori in una colonia francese destinata all’accoglienza e alla protezione dei minori, all’interno della quale stringono amicizia con altri bambini. L’istituto tuttavia, allarmato dalla crescente violenza dei rastrellamenti, decide di trasferire i ragazzini in Svizzera: inizia qui il viaggio disperato di Fanny e dei suoi coetanei, coraggiosi e soli di fronte all’abbandono, alla fame, alla paura, al pericolo. Eppure, nonostante le prove da superare, la comitiva non perde la voglia di riscoprire, quando la vita di fuggitivi concede un’occasione, la voglia di giocare, di vivere la propria età per quella che è. Aiutati da donne (Madame Forman, ispirata alle figure realmente esistite di Nicole Weil-Salon e Lotte Schwarz e interpretata da Cècile de France) e uomini (il fattore che ospita i bambini, interpretato da Stéphane de Groodt) disposti a mettere a repentaglio la propria vita pur di salvarli, gli impavidi giovani riusciranno ad attraversare il confine svizzero, ottenendo così la libertà.

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“Volevo raccontare la storia di chi è stato costretto a crescere velocemente”, dichiara la regista Lola Doillon, alle prese con il suo terzo film. Il progetto, destinato non solo agli adulti ma anche, e soprattutto, a bambini e adolescenti di oggi, che poco o nulla sanno del periodo storico raccontato, si propone di adottare il punto di vista dei piccoli eroi, costretti a guadagnarsi faticosamente il diritto alla vita in un momento tragico della storia del secolo scorso, che si innesta ai timori e alle aspettative propri del passaggio dall’infanzia all’età adulta.
La sceneggiatura del film (scritta da Anne Peyrègne) è tratta dal libro della protagonista stessa, Fanny Bel-Ami, la quale ha ceduto i diritti proprio a Lola Doillon, convinta del fatto che “viviamo in un’epoca molto fragile, da ogni parte si levano voci che ricordano moltissimo quelle che si sentivano allora. Questo è molto pericoloso, anche per coloro che non sono ebrei. Perché dopo gli ebrei, andranno in cerca di altri bersagli. Ci riguarda tutti”.
Il viaggio di Fanny è un film toccante, dotato di una colonna sonora (Sylvain Favre – Gisèle Gérard-Tolini) avvincente e delicata al contempo, che sottolinea empaticamente le emozioni, le fughe, le speranze dei piccoli eroi. I giovanissimi attori hanno dato prova di grande abilità, calandosi nei panni di coetanei costretti a uno stile di vita inimmaginabile per i bambini di oggi.

Ci ritroviamo di nuovo alla fine. Mi soffermo su una scena preziosa, dal forte valore simbolico: Fanny sta per attraversare il confine, ma un soldato tedesco le punta l’arma addosso. Spara. Una lettera volteggia in aria, seguendo una traiettoria a zig-zag. È la lettera del suo amico, un ragazzo più grande che, colto dal terrore, decide di darsi alla fuga. Viene però fatto prigioniero, e quando riesce a intercettare casualmente Fanny, le consegna una lettera, facendosi promettere di portarla a destinazione e di aprirla solo dopo l’arrivo. È quella stessa lettera che vola a zig zag a ricordarle l’andatura da tenere per evitare gli spari nemici. Fanny la segue, la segue fino alla casa con la bandiera svizzera. La segue fino alla fine, fedele al giuramento. Fino alla libertà.

“È la pietra che può crescere senza pioggia,/ è l’amore che può bruciare per molti anni,/ ed è il cuore che può desiderare e piangere senza lacrime”.
Un cuore straziato dall’orrore, ma che esige memoria. E se la memoria è racconto, come in questo caso, il cuore può continuare a desiderare un futuro diverso da ciò che è stato, e piangere senza lacrime per una storia che non debba mai più ripetersi.

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