Dammi la mano, di Simona Binni

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Sentirò la tua mancanza Jonathan.
Che dici mai? Sully, vergogna!
Se la nostra amicizia dipendesse da cose come lo spazio e il tempo, allora, una volta superati spazio e tempo, noi avremmo anche distrutto questo nostro sodalizio! Non ti pare? Ma se superi il tempo e lo spazio, non vi sarà nient’altro che l’adesso e il qui, il qui e l’adesso.

L’incipit tratto dal famoso libro di Richard Bach, Il gabbiano Jonathan Livingston lascia intendere che Dammi la mano, il ventideusimo numero della collana Tipitondi di Tunuè, disegnato da Simona Binni e colorato da Marcello Iozzoli, non è indirizzato esclusivamente al target di riferimento dei titoli presenti nella collana. In quarta di copertina troviamo, infatti, la dicitura 8-99 anni: una storia che ha da raccontare e da ispirare lettori di ogni età, facendo leva su diverse emozioni ma rimanendo analogamente colpiti dal racconto.

In Dammi la mano Jonathan e Maya sono due ragazzini che frequentano la stessa classe. Entrambi provengono da contesti familiari difficili e a scuola sono spesso soggetti a richiami disciplinari, tanto che dopo una lite particolarmente accesa vengono convocati in presidenza. Il professor Dante ha in serbo per loro una punizione a dir poco inconsueta: pulire e riverniciare un vecchio aereo donato dal sindaco alla scuola. Ogni giorno, dopo la scuola, dovranno incontrarsi fin quando il lavoro non sarà terminato. I ragazzi, costretti a lavorare insieme, inizieranno a conoscersi meglio. Sebbene all’inizio i due non riescano a trovare alcun punto di incontro e ogni pomeriggio si configuri come un’indicibile tiortura, pian piano capiranno di non essere poi così tanto diversi: la vita a cui il destino li ha costretti risuona della stessa musica dolorosa e insieme riescono a dar voce a una melodia armonica e, per la prima volta, gioiosa.

Attraverso il continuo progredire del rapporto, sempre più intimo, di intesa e amicizia tra la coppia di protagonisti, l’autrice esamina il difficile periodo di transizione preadolescenziale; periodo qui scandito dalle strofe di alcune canzoni di De André, dei Subsonica e degli Oasis. Un passaggio non sempre semplice, irto di difficoltà psicologiche e di evoluzioni fisiche. Un insieme di gioie e paure che Gianluca e Maya superano sostenendosi e incoraggiandosi, dandosi “letteralmente” la mano. L’incontro di queste due solitudini permette alla Binni di mostrare uno spaccato non sempre felice della famiglia italiana, dove il “mestiere” di genitore si scontra con la dura realtà quotidiana fatta di lavoro e crisi personali.

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Dammi la mano conferma la bravura di questa autrice, già uscita per i tipi Tunuè con lo splendido graphic novel “siculo” Amina e il vulcano, che riesce a creare un racconto dalla struttura semplice ma convincente, disegnato con il consueto stile grafico, in cui le teste enormi dei protagonisti fanno da contraltare alla fragilità dei loro corpi. Un racconto dall’inizio dolce e malinconico, che lascia poi il posto a un futuro di speranza e di sogni da provare a realizzare, come mostrato nel commovente finale. Di questa dolcezza tutti abbiamo bisogno: i giovani lettori per guardare al futuro con serenità; i lettori più adulti per ricordare, tra le difficoltà del quotidiano, che la vita ha sempre sorprese inaspettate e felici da riservare.

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